2021, Week 12: Top five de L'inclemente!
Top Five! – Cinque notizie imperdibili, lette e commentate per voi
La crisi delle vocazioni, si sa, non è cosa di oggi: eppure, sembrava importarcene ben poco… fino a quando non ha iniziato a toccare la birra trappista. Ve la faccio breve: da tempo, ormai, c’è crisi anche nel mondo della birra trappista. A dirlo, non è l’abate di un misconosciuto monastero belga, bensì l’abate della famosa birra Chimay per bocca del brand ambassador della compagnia. Il che crea un notevole problema economico: chi la fa questa birra trappista, che deve rispettare necessariamente dei requisiti imposti dai monaci stessi ormai un bel po’ di tempo fa? Ripassiamo rapidamente i requisiti, quindi: deve essere prodotta in un’abbazia trappista (collocate per la maggior parte in Belgio), recare l’apposito logo in etichetta e devono essere prodotte per sostentare le attività monastiche. Quindi, è “chi” fa la birra che ne definisce l’etichetta. Ma se non ci sono monaci nell’abbazia (requisito fondamentale) chi la fa la birra? Siamo forse di fronte ad un “cambio di disciplinare” per la prima volta dopo centinaia di anni?
Amazon lancia la propria linea di olio extravergine d’oliva 100% italiano a meno di 6,00 dollari al mezzo litro: Il fatto alimentare non si fa scappare la cosa ed inizia a chiedersi come faccia a venderlo ad un prezzo così basso. A porsi la domanda Alberto Grimelli, direttore di Teatro Naturale: le cose dovrebbero essere andate pressappoco in questo modo. Una grande cooperativa del Centro Italia vende ad Amazon olio purissimo, permettendo alla multinazionale di apporre il proprio marchio. Certamente è qualcosa di altamente svalutante per il comparto dell’olio italiano, ma non isolato: tantissime aziende trovano nella produzione per private label (che sia Amazon, o altre multinazionali) una sussistenza non semplice da trovare.
L’Australia ha una carenza notevole di forza lavoro in campo agricolo: ogni anno, circa 200.000 giovani backpacker si dirigevano verso la terra dei canguri grazie allo speciale pass che permetteva loro di lavorare e viaggiare per l’intero Paese per circa due anni. La causa di tutto ciò, banale dirlo, la pandemia da Covid-19, che ha letteralmente bloccato le frontiere. Questo cosa significa? Merce sprecata, innanzitutto; raccolta in ritardo e quindi disponibile solo per succhi o marmellate non molto pregiate. Non da meno, la merce raccolta in condizioni ottimali rischia costi esorbitanti. Sbagliato pensare che la situazione si fermi nell’emisfero australe: molti Paesi dipendono da frutta d’importazione.
C’è un nuovo programma che riguarda il cibo su Netflix (come se mancassero…) , ma stavolta è rivolto principalmente a bambini: The pure joy of waffels and mochi, prodotta dalla casa di produzione degli Obama ed avente, tra i protagonisti, Michelle. Tra gli altri, non mancherà nemmeno lo chef Massimo Bottura. Non è certo nuovo l’amore gastronomico che unisce una delle famiglie più importanti del mondo ed uno degli chef più insigniti del globo. Bella l’iniziativa di portare in streaming le culture del mondo, le modalità di cottura e la “sana alimentazione”.
Negli Emirati Arabi Uniti sta accadendo un fatto curioso assai. La catena Einstein Café, presente tra le altre città a Dubai, ha iniziato a proporre caffè in biberon anziché nei classici bicchieri alti di carta. Si sono letteralmente ritrovati intasati di richieste da parte di persone di ogni ceto sociale ed età, per consumare la bevanda appositamente in biberon. Al che, i fedeli islamici non hanno tardato a far sentire il loro sdegno, soprattutto tramite Twitter ed Instagram. La fase orale teorizzata da Freud allora davvero non passa così in fretta.
L’assaggio
Ce ne dobbiamo fare una ragione: viaggiare, non si può. Tutto ciò di cui non possiamo andare a caccia, dobbiamo farcelo arrivare a casa, con buona pace di chi odia le operazioni delivery. In particolare, il Wine Delivery ha preso piede come mai prima. Non posso certo definirmi un’esperta di vino, ma trovo molto simpatica la startup Crewine, nata da qualche mese.
Con Crewine è possibile sottoscrivere abbonamenti da singolo mese, trimestrali o annuali, per diverse tipologie di box di vino. Ogni box contiene 3 vini differenti: vini non convenzionali, narrati volta per volta sui canali social. Ci sono due possibilità, inoltre: una, consiste nel ricevere a casa la box al buio, cioè senza conoscere i vini in essa contenuti; l’altra – per chi non si fida – permette di avere “in chiaro” le etichette già prima della consegna. Per un regalo di Pasqua alternativo alle colombe, se ordinate entro il 28 marzo la consegna è garantita prima della festività.
Fonti:
Trappist beer need trappist monks – Wall Street Journal
Without Backpackers to pick them, crops rot by the ton in Australia – The New York Times
The pure joy of waffels and mochi on Netflix – The New Yorker
Cafes serve drinks in a baby bottle in Gulf Arabic States – Chicago Tribune
Seguici su facebook foodclub.it
Entra nel vivo della discussione sul nostro gruppo, un luogo libero dove professionisti della ristorazione, clienti e #foodlovers si confrontano sui temi del giorno: Join the #foodclubbers Be #foodclubber