Ana Roš: "Si abusa del termine sostenibilità come una volta lo si faceva per la charity. Chiunque voleva apparire parlava di beneficenza"
introduzione di Francesca Brunzo
La sostenibilità è una caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente. In essa gli ambiti ambientale, economico e sociale sono interconnessi così da stabilire nella sostenibilità il processo di cambiamento nel quale lo sfruttamento delle risorse, il piano degli investimenti, l'orientamento dello sviluppo tecnologico e le modifiche istituzionali sono tutti in sintonia e valorizzano il potenziale attuale e futuro.
Lo scopo? Fare fronte ai bisogni e alle aspirazioni dell'uomo. La sostenibilità può anche essere definita come un processo socio-ecologico definito da una meta, un ideale comune da raggiungere. Per quanto possa essere arduo raggiungere l'obiettivo, perseveranza e dinamismo sono le chiavi affinché il sistema diventi sostenibile.
Nel cerchio della sostenibilità, l'uomo può essere il motore.
Il 2021 sarà l'anno della sostenibilità.
Tant’è vero che la guida gastronomica per eccellenza ha conferito proprio quest’anno un riconoscimento alla sostenibilità, la stella verde.
Mi è venuta quindi l’idea di intervistare gli chef insigniti con questo nuovo riconoscimento e non solo, parlando con loro di sostenibilità, tecniche, e consigli in merito da poter condividere con voi.
Sostenibilità, Ana Ros
(Classe 1972, chef e ristoratrice presso Hisa Franko, Slovenia)
Ana Roš cresce in una famiglia con una forte ambizione sul futuro della figlia che, fin da piccola, viene educata ad avere una forte determinazione. Da ragazza si appassiona allo sci ed entra nella Nazionale Giovanile Jugoslava, questo sarà un momento fondamentale per la cuoca che conosciamo oggi, praticare sport a livello agonistico le fa capire che a piccoli passi e allenandosi ogni giorno si può arrivare ovunque e programmare se stessi. Si laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste, ma non intraprenderà una carriera diplomatica, al quarto anno di Università la madre la porta a pranzo da Hiša Franco ed è lì che scatta l'amore per Valter Kramar, che a quel tempo lavorava come cameriere. Una laurea che non finirà nel cassetto, le skill acquisite e le sue doti caratteriali le serviranno in futuro per tessere rapporti internazionali e diffondere il suo concetto di cucina nel mondo.
Si dedica anima e corpo alla cucina fino a diventare la migliore al mondo per la The World's 50 Best Restaurants, lo scorso anno ha ricevuto per il suo ristorante 2 stelle Michelin alla prima edizione della rossa in Slovenia, oltre al riconoscimento per la sostenibilità e si piazza al 18esimo posto assoluto come miglior cuoco al mondo per The Best Chef. Netflix gli dedica una puntata di Chef's Table, e durante la pandemia Ana racconta in una monografia "Sun and Rain" edita da Phaidon, la sua vita e le sue ricette.
L'abbiamo raggiunta telefonicamente per ascoltare il suo punto di vista riguardo un argomento che, tra storytelling, mistificazione e marketing, rischia di perdere il suo appeal e utilità sociale. Questo è quanto ci siamo detti:
Buongiorno Ana, cosa significa per lei "sostenibilità" ?
La parola sostenibilità oggi è usata troppo e male, come un tempo era la charity, chiunque voleva apparire parlava di beneficenza. La vera sostenibilità per me, è avere un piede nel passato, lavorare nel presente con l'altro piede proiettato nel futuro. Secondo me non è solo non prelevare troppe risorse dal bosco, l'over-fishing, non mangiare più carne, ma è trovare un equilibrio tra passato, presente e futuro, capire come mangiavano le persone un tempo in completa simbiosi con la natura in modo da preparare il futuro per le generazioni che verranno. Questo significa dedicarsi tanto e conoscere la natura, per capire di cosa ha bisogno veramente per poter sopravvivere. I ristoranti di oggi dovrebbero sviluppare un pensiero sostenibile non sono nella sfera ambientale e in quella economica, ma anche in quella sociale, un ambito secondo me che va assolutamente approfondito.
Può raccontarmi un piatto che secondo lei racchiude il concetto di sostenibilità ?
Secondo me ogni piatto che viene servito in un ristorante che rispetta la stagione e rispetta il territorio. Se in un piatto ritrovi le tradizioni e trasmetti futuro, ossia dai la possibilità di far capire agli altri, ai giovani, come poter utilizzare i prodotti di stagione e di territorio ogni giorno, non solo nella vita professionale, ma anche in quella privata, per me quello è un piatto sostenibile. Può esserlo un piatto di tarassaco raccolto e condito con aceto del contadino, con una patata appena raccolta, come può esserlo un piatto di alta cucina purché rispetti dove sei e in che periodo ti trovi.
Spreco alimentare, come adoperarsi per evitarlo e quali tecniche utilizza per preservare il cibo?
Penso che in un ristorante lo spreco alimentare si può evitare, con un team preparato e una strutturazione del lavoro ben organizzata. Con i ritagli del cibo si possono fare dei pasti molto sani, espressi, simpatici. Credo che non serva sprecare cose, perché ad un team che lavora tante ore al giorno bisogna dare molta energia e nutrimento. Ad Hisa Franko per esempio cuciniamo in alta stagione per noi anche 5 pasti al giorno: dalla colazione, al pranzo, alla prima cena, alla seconda cena e anche al mid-night snack. Ci rendiamo conto che è molto importante mantenere l'energia alta. Ad Hisa Franko quando si ordinano i prodotti, ordinando dai contadini, io non posso chiedergli una parte di un agnello, ma devo prendere l'agnello intero. Lo stesso succede con la trota. Una volta pescata ho tutto di quell'animale. Questo mi apre un mondo, un processo creativo infinito. dalla pelle ai fegatini, dalla carcassa al filetto, dalla testa alla pancia. Gli chef più creativi sono quelli consapevoli che lo spreco alimentare va evitato, perché è lì che si da spazio alla fantasia.
Lei è molto attenta non solo alla brigata, ma anche ai produttori, tanto da aver acquistato tutto il latte in eccesso dai produttori locali creando nuovi tipi di gelato da quello con il miele alla camomilla a quello con pepe verde e latte acido. Questo atteggiamento sociale come può essere trasferito nel quotidiano ?
Il primo lockdown ci ha dato il tempo per avviare queste iniziative. Come salvare tutta quella produzione invenduta e come trasmettere agli sloveni che bisogna comprare locale e non globalizzato, seguendo soltanto la logica del prezzo. Abbiamo dato vita ad una partnership con una catena di supermercati che vende solo prodotti locali. Arrivare nelle loro case era una prerogativa. Questo progetto è di tutto il team. I ricavi vanno ridistribuiti in parti uguali per tutti quelli che ci lavorano. Un progetto interessante anche per la sostenibilità economica. Noi pensiamo delle ricette e una volta approvate vengono trasferite all'industria che deve replicarlo senza scorciatoie per tante persone. Un processo molto lungo, che richiede tanta pazienza e dedizione. Al momento abbiamo 30 - 40 prodotti in vendita e in un paese di 2 milioni di abitanti solo nel mese di dicembre abbiamo venduto 120 mila prodotti. Cosa significa? Stiamo svegliando l'industria che deve cambiare il metodo di lavoro. Stiamo portando i contadini nelle case della gente, coinvolgendo i consumatori in questo cambiamento. Gli chef di tutto il mondo, dovrebbero far capire alle persone come si dovrebbe mangiare al giorno d'oggi.
Nel suo libro "Sun and Rain" pubblicato quest'anno, racconta gli alti e i bassi della vita come momenti fondamentali per l'evoluzione. Quali sono stati i suoi "sun" and "rain" in questa pandemia ?
Abbiamo bisogno di andare sotto per capire come uscirne e quindi in questi quasi due anni, le insicurezze sul futuro erano un grande "rain", ma chi è riuscito a intravedere la luce per capire come venirne fuori un grande "sun". A me personalmente mi ha fatto crescere non solo come professionista ma anche nella vita di tutti i giorni.
Il legame con la sua terra è evidentissimo. La Slovenia è cambiata sicuramente anche grazie a lei. Si può immaginare una cucina di Ana Roš al di fuori della Slovenia ?
Hisa Franko è unica. Ma la creatività te la porti dietro. Siamo appena tornati dalle Canarie dove abbiamo cucinato a 4 mani in un ristorante stellato locale. Abbiamo sorpreso tutti trasformando la nostra cucina alpina con ingredienti dell'Oceano Atlantico, ma non solo. Siamo andati a fare il foraging dove traspariva la nostra conoscenza, che ti permette di poterlo praticare ovunque. Uno chef più tecnico, più creativo, si adatta nel mondo. Cambia lo scenario, ma la firma è sempre quella.
La pandemia da un lato ci ha riempiti di insicurezze, dall'altro ci ha dato del tempo utile. Come è stato sfruttato questo tempo e cosa ha prodotto ?
Non abbiamo mai avuto tutto questo tempo per pensare! Abbiamo approfondito metodi e tecnologie di trasformazione e conservazione. Abbiamo trovato i fiori di magnolia selvatici che fermentati diventano tipo zenzero. Abbiamo lavorato sulla fallonia japonica, una pianta infestante e invasiva, realizzando un gelato, nutrizionalmente super, dal sapore che ricorda il kiwi, la mela verde, il rabarbaro. Un gelato che ancora oggi mi emoziona. Con i fiori di acacia e sambuco abbiamo realizzato cider, drink, infusioni. Non ci siamo mai fermati, organizzandoci con delle timetable come se nulla fosse successo. Parte didattica, sulle lievitazioni, sulle fermentazioni, sulla scienza del gusto (argomento super interessante). Ogni gruppo aveva la sua organizzazione, con il pranzo sempre alla stessa ora come se veramente nulla fosse cambiato. Abbiamo realizzato dei workshop su come aiutare la catena alimentare che non viveva un bel momento, con la chiusura di scuole, attività ristorative e cosi via. Tutto questo lavoro nella prima parte di lock down, si è poi materializzato nella seconda fase di chiusura.
In questi mesi abbiamo sentito moltissime persone riguardo l'argomento, ma mai come stavolta ho la sensazione di dialogare con una persona che ha realmente il polso della situazione e sa esattamente cosa fare, per questo volevo ringraziarla. Concludendo, quali consigli sente di dare ai lettori di FoodClub in merito alla sostenibilità ?
Prima di tutto bisogna iniziare a mangiare meno, conoscere tutto di quell'ingrediente che si cucina, evitare i prodotti industriali che non rispettano territorio e stagione. Questa è una strada che può portare un giorno ad evitare una possibile emergenza alimentare e che la catena alimentare globale crolli.
Ana Ros, l'incarnazione della sostenibilità.
L'intervista ad Ana Ros credo sia la più bella che abbia mai fatto.
Ana Ros è futuro.
Non solo perché ci racconta in modo estremamente semplice che cos'è la sostenibilità e come renderlo un concetto applicabile quotidianamente, ma soprattutto per delle sacrosante verità.
Dieci multinazionali del cibo governano l'intero mondo dell'alimentazione e ci dicono cosa mangiare, e di sicuro non lo fanno per il nostro benessere, ma semplicemente per un profitto. La dieta del futuro è fatta di prodotti genuini, locali, sostenibili che poco hanno a che fare con i prodotti industriali. Dipendiamo dal cibo, atteggiandoci da esperti del "settore", senza chiederci tutto quello che c'è dietro. Leggiamo poco le etichette, e paradossalmente di tutta quella roba inutile per il nostro organismo che viene messa nei prodotti della grande distribuzione non ne abbiamo bisogno. Da qui a qualche anno diventeremo 11 miliardi di persone sulla faccia della terra, e ad oggi 1/3 del cibo prodotto nel mondo viene sprecato. Senza tener conto poi che molto spesso, i nostri vantaggi economici che ci consentono di acquistare un prodotto a prezzo competitivo si traduce in una persona -o più persone- che dall'altro capo del mondo è sfruttata e paga la parte restante del prezzo con la propria vita.
Tutto questo va rivisto e Ana traccia la via: c'è chi mangia troppo (ipernutrizione) e chi invece non mangia per niente (malnutrizione). Il cibo non sarà mai solo un'esperienza sensoriale, il cibo è tutto.
Con "Sostenibilità" faremo il giro del globo sentendo i protagonisti che si impegnano quotidianamente a cambiare la propria vita e il ruolo del proprio ristorante nel mondo con piccoli gesti. Articoli Correlati:
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La critica:
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PH CREDITS : Suzan Gabrijan & Benjamin Schmuck