Caro William Drew aka Mr. Worlds 50 Best, non è così moderno usare voti vecchi di due anni per determinare la classifica di materia viva come la ristorazione

Francesca Brunzoven 20 nov 2020

Negli anni siamo stati abituati ad affidarci a guide e riconoscimenti per eleggere l’olimpo della ristorazione e la cosa, anno dopo anno, ha generato miti, leggende, audience ma sapete quale è stato il motivo principale, il maggiore attrattore?

State pensando al giro di ingenti capitali Certo, indubbiamente è una della ragioni principali!

Ma ciò di cui sto parlando sono le attese generate, la curiosità. Che poi è ciò che spinge a muovere soldi.

Mese dopo mese non facciamo altro che attendere le edizioni aggiornate, le classifiche rivoluzionate (o anche no), i giudizi sempre più dettagliati, i consigli sempre meno impliciti, la sorpresa delle novità e la certezze degli immancabili (o viceversa!).

Avere tutte queste informazioni genera ulteriore curiosità, ulteriore attesa: la voglia di mettere alla prova quello che ci viene segnalato, il bisogno di constatare quanto sia stato conquistato da locali e piatti, ristoranti e chef.

E tutto si muove sulla certezza che quanto ci venga consegnato sia nuovo, recente, al passo se non un passo avanti al nostro palato.

Questo è il motivo per cui mi risulta -onestamente- difficile comprendere il perché di certe scelte fatte in questo anno così complicato che sicuramente ci ha precluso esperienze ma di certo non ci ha spento la curiosità.

C’è stato chi ha scelto di esprimersi come The Best Chef in quanto il lavoro di selezione e votazione riguardavano l'annata 2019 e non avrebbe avuto senso non premiare chi aveva fatto un buon lavoro nel preludio di un'annata difficile, poi ci sono la Michelin e il Gambero Rosso che hanno ripartito le ispezioni nei mesi in cui è stato possibile e che hanno inteso le uscite più come supporto che altro, e chi invece ha optato per “saltare” una edizione, come Le Guide de L’Espresso, al fine di poter assicurare la stessa linea di sempre. (LEGGI QUA)

Tra tutte, a catturare la mia attenzione sono state la scelte della World’s 50 Best.

Durante uno dei interventi di Identità Golose on the road, l’ospite d’eccezione di Paolo Marchi è stato William Drew, direttore dei contenuti della World's 50Best direttamente collegato da Londra.

Ovviamente la domanda clou è arrivata proprio da Marchi che era curioso di sapere chi fosse il vincitore per World’s 50 Best Restaurant 2020 che non è mai stato annunciato. L’evento era stato programmato per Marzo ad Anversa: inutile spiegare i motivi per cui è stato annullato. Annullato e rimandato a Giugno 2021 senza però mai annunciare la tanto attesa classifica.

La risposta di William Drew mister 50Best mi ha spiazzata.

“Il motivo per cui non posso rispondere è strettamente legato a quel che faremo il prossimo anno. Ora abbiamo i voti della classifica 2020, che non abbiamo comunicato perché non era certo il momento, né sapevamo come sarebbe evoluta la pandemia. È stata una decisione difficile ma oggi siamo certi sia stata quella giusta. Quel che è sicuro è che i dati 2020 li useremo in qualche modo anche per la classifica 2021. Non sappiamo bene ancora in che misura, perché c’è un’altra variabile importante: non sappiamo se nei prossimi mesi la gente potrà tornare a viaggiare. Quindi, forse, useremo i voti 2020 per la classifica 2021, con qualche aggiornamento che stiamo cercando di definire, tipo i ristoranti che nel frattempo hanno chiuso o quelli che magari hanno cambiato filosofia di cucina. Decideremo nelle prossime settimane e comunicheremo gli esiti all’inizio del 2021.”

William Drew, mister 50 Best

Utilizzare i voti raccolti per la classifica 2020 di ispezioni avvenute nel 2019 per una edizione 2021 in un post pandemia drammatico per la ristorazione!? Non ci vedo nulla di positivo, nulla di emozionante e nessuna coerenza e soprattutto credo sia poco aderente a una realtà in continua evoluzione come lo è la scena gastronomica.

È fuori dubbio che l’anno appena trascorso sia stato “fin troppo sorprendente” e a dir poco “limitante”, ma non trovo assolutamente rispettosa una scelta del genere. Per di più in un modo che ci ha insegnato che anche la singola esperienza può stravolgere intere classifiche.

Il tutto mi suona ancor più contraddittorio se continuo a leggere l’intervista.

Drew prosegue dicendo: “La pandemia è un un’opportunità per lasciarsi il vecchio mondo alle spalle. Tutto il nostro mondo deve per forza fermarsi, riazzerare e ripensare tutto. Perché facciamo quel che facciamo? Dobbiamo chiedercelo tutti. Se guardiamo a noi, penso che il nostro ruolo debba andare molto oltre la creazione di una lista annuale di bei ristoranti. Dobbiamo ripensare a una serie di concetti importanti, tra cui la sostenibilità, intesa non solo in senso ecologico ma soprattutto in termini di diritti e di benessere di chi ci lavora. Lavorare per sradicare ogni discriminazione. E' un cambiamento lento, che non avviene da un mese con l’altro. Ma rispetto a 5 o 10 anni fa tante cose sono cambiate, per fortuna. Dobbiamo continuare in questa direzione.”

Tutto giusto, ci mancherebbe.

Ma come si può pensare di lasciarsi il vecchio mondo alle spalle partendo da una lista che si basa su voti espressi 24 mesi prima?

C’è da dire che nell'atto pratico la World’s 50’Best si è prodigata molto per sostenere l’intero settore. Infatti è stato creato un importante Recovery Program per assistere il comparto in difficoltà, uno sforzo di riconversione dettato dal senso di responsabilità che viene dalla consapevolezza di essere “parte di quest'industria”.

E aggiunge Drew: “Ci siamo chiesti subito: come possiamo far fruttare la nostra voce globale? Come sostenere ristoranti e bar che non hanno entrate o che rischiano addirittura di scomparire? E non abbiamo avuto dubbi nel riconsiderare tutto.”

Così sono stati raccolti 1,25 milioni di dollari grazie ad una serie di iniziative: donazioni importanti dai partner, la cessione all’asta di 160 iniziative (tra cui giornate intere da passare con gli chef più acclamati del mondo, che hanno aderito gratuitamente), la pubblicazione dell’e-book “Home Comforts” -che raccoglie tutte le ricette della quarantena dei cuochi- i cui download (10 dollari, ndr) sono stati migliaia.

I contributi raccolti sono stati ridistribuiti per metà ad organizzazioni non profit in tutto il mondo e per un’altra metà a ristoranti e bar che ne avevano fatto domanda. In totale 238 insegne di 53 paesi del mondo, cercando di dare più attenzione a paesi poveri o nazioni che non hanno avuto appoggio dai rispettivi governi, soprattutto in Sudamerica e Asia. I fondi però sono arrivati anche in Italia, Uk e Stati Uniti. Drew ha specificato: “Non abbiamo sostenuto i migliori ristoranti del mondo, perché sono in una posizione più solida: abbiamo donato ai piccoli ristoranti e alle insegne di cuochi giovani, aperte da poco.”

Dunque, tra pro e contro le scelte sono state queste per World’s 50 Best ed a scanso di imprevisti l’appuntamento è per il giorno 8 Giugno 2021 da Anversa, in Belgio, per scoprire chi strapperà (forse) il titolo al vincitore dell’edizione 2019( tenutasi a Singapore): Mauro Colagreco e il suo Mirazur.

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