Celestino Gaspari: "La vita mi ha portato a fare l'enologo"
di Alessia Grola
Oggi vi porto in Valpolicella a conoscere una persona che stimo tanto: Celestino Gaspari. Lui è una di quelle persone che, anni fa, nel raccontarsi mi ha fatto emozionare fino a farmi scendere una lacrima. Lo apprezzo per la sua esperienza, per la sua passione, per la sua coerenza e schiettezza..oltre che per il fatto di esser il proprietario e produttore di Zymè, cantina ad impatto zero dove i concetti di ecosostenibilità e di ricerca sono valori aggiunti al suo meraviglioso prodotto, riconosciuto come un “unicum” in tutto il mondo.
Ciao Celestino, descrivimi un po' il tuo percorso e quello che ti ha portato a diventare un Enologo.
Io inizio le mie scuole con il Liceo Classico: ad un certo punto, durante il Ginnasio, ho capito che quella non era la mia strada, quindi intraprendo la scuola Agraria; questo perché la sentivo una via più “mia” dal momento che ho sempre amato tanto la natura.. La vita mi ha portato poi nel mondo dell’enologia: attraverso Giuseppe Quintarelli (patron della famosa cantina di Negrar), faccio un'esperienza importante. Giuseppe ha sempre bandito le tecnologie e le bio tecnologie, però mi ha dato la possibilità di capire cosa poter fare con la materia prima in vigna. Con lui ho anche maturato l'esperienza in cantina: un lievito selezionato il mio Maestro non l ha mai visto (forse per fare il pane) eppure ha fatto dei grandi vini.. In quel periodo ho fatto tutti i corsi che si potevano fare, come ad esempio seguire l'Accademia Italiana Maestri Somelier, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vini etc.. in tutte quelle associazioni ho potuto imparare gli aggettivi per definire quello che si sente in un bicchiere, come la definizione di chinato, di dolce o di sapido, di fiori e della frutta fresca e delle spezie.. questo perché prima dovevo conoscere per poi avere la libertà di potermi esprimere.
Dopo quel periodo di studio e confronto, ho iniziato a fare il consulente e l'ho fatto per 17 anni! In questo periodo della mia vita professionale ho testato tutte le tecnologie e le bio tecnologie più innovative del momento: potevo, in una vendemmia, testare fino a 10 ceppi di lievito o di enzimi, batteri, tannini .. Oggi, quando assaggio un vino, nella mia mente riesco a scomporlo; ne tiro fuori tutti gli elementi che lo hanno composto e con questa lettura riesco a capire l'importanza della materia prima, che deve restare l’uva. Inoltre, capisco se un vino è stato costruito tecnicamente.
Per molto tempo mi sono dovuto sporcare anche le mani direttamente nella vigna ed è la strada che consiglierei a tutti. Questo mio lungo percorso è stato peraltro riconosciuto dalla camera di commercio e faccio così parte dell'albo dei periti ed esperti, dove ho la certificazione e abilitazione nella perizia della distillazione, nell'olearia , nell'enologia e nella viticoltura . Grazie a questo ho potuto girare il mondo ed andare dalla California all’ Argentina, dalla Francia alla Germania ed al Sud Africa..anche questo peregrinare mi ha arricchito tanto!!
Qual è il tuo pensiero sulla sensorialità?
Secondo me, la sensorialità è il risultato di tutti gli aggettivi che la definiscono e che costruiscono l’ esperienza per avere un proprio e personale database, dove si ha una serie di terminologie, di elementi, di conoscenza e dove una persona può fare riferimento all’ olfatto al gusto, al profumo ed anche al tatto di quel prodotto (come ad esempio il sentore di frutta, di spezie di terra..); questi dati che la persona ha già messo in memoria e catalogato, li potrà ritrovare poi in quello che assaggerà all'interno di un vino o di un cibo. E’ chiaro, però, che bisogna essere delle persone sensibili ed attente a quello che ti circonda per sviluppare tutto questo.
Qual è il tuo senso preferito?
L’intuizione: anche se si azzarda nella vita, lo si deve fare basandosi su parametri di esperienza. Quando mi trovo davanti a dover fare una scelta, la risposta la cerco sempre dentro di me, perché io ho i miei parametri e so già se quella cosa può funzionare oppure no oppure se è giusta o sbagliata . Un altro senso per me importante è la positività. Cerco sempre il messaggio positivo e quello che c'è di buono, anche nella situazione più difficile. Se pensiamo al lavoro in vigna, il prendere una "grandinata"; demolisce il lavoro di 6/8 mesi, ma il lato positivo potrebbe essere la gestione diversa della scorta in cantina.
Nel 2014 ho perso un anno perché la stagione non è stata delle migliori ed ho scelto di non produrre nemmeno una bottiglia, dovendo così immettere sul mercato delle annate precedenti in anticipo, restando fino ad oggi con un anno di imbottigliamento in meno nello storico.. ora che è arrivata la situazione Covid a rallentare il mercato io sono riuscito a recuperare l’annata mancante.
Come esprimi questi concetti tramite i tuoi prodotti?
Io li esprimo con la parola leggibilità. Immagina il bicchiere di vino come una pagina di un libro da leggere: ciascuno leggerà o coglierà aspetti diversi in base alla propria conoscenza. Un vino non è top quando è “grosso”, perché è anche più facile farlo “grosso”: basta buttarci dentro di tutto; alcune aziende hanno imitato i super tuscan degli anni 90, dove l’importanza di un vino erano l’ intensità colorante, il volume ,il muscolo, non sempre rispettando le regole. Anche qua nella Valpolicella avevano tolto l’uva molinara perché non aveva un colore troppo forte, incuranti del fatto che quest’uva è ricca di sapidità e questo aspetto non è da poco. Io sul vino ho un grande rispetto sul processo della trasformazione e cerco di preservare gli elementi ..per farlo serve delicatezza, rispetto del metabolismo della natura dei suoi tempi. A mio avviso, un vino è grande quando bevendolo esprime piacevolezza ed invita a bere il secondo bicchiere ..tutto questo evitando postumi di mal di testa o fastidi.
Come vorresti che fossero esaltati i tuoi vini nella ristorazione?
Io dico sempre non scaraffateli !! Aprite la bottiglia ai commensali e servitelo così com’è. I decanter sono nati perché in passato, il mondo vinicolo-enologico, usava parecchio rame per la protezione della peronospera in vigna (oltre che per la costruzione degli strumenti come imbuti o di alcune parti delle macchine etc); il rame, se usato in quantità minima, è un esaltatore degli aromi ma se in eccesso, chiude e fa prevalere il sentore metallico. Se un vino nasce invece da una viticoltura rispettata e non è stato alchimizzato da altri prodotti, nel momento in cui lo stappi immediatamente si esprime. Chiedo solo rispetto del mio prodotto, non ha bisogno di grandi attenzioni se non di rispettare la temperatura: è un vino pronto!
Tu come alleni la tua sensorialità?
Approfittando di ogni occasione nella quotidianità, un po' come studiare una lingua: la mantieni nel momento in cui la usi.
Secondo la tua esperienza, quali saranno le evoluzioni sensoriali nel vino tra i consumatori nel prossimo futuro?
Fondamentale è ascoltare il consumatore, raccogliere informazioni ed elementi i quali ti mostrano dove va il mercato, capendo quali sono le sue preferenze. Su questa base io devo cercare di prevedere o comunque di avvicinarmi a questo gusto: da una parte si deve ascoltare il mercato, ma dall’altra si deve anche educare ed insegnare e queste due fasi sono indispensabili entrambi. Oggi personalmente prediligo vini più leggeri e facili da bere; ciò non significa che questi siano prodotti meno importanti o banali, anzi per assurdo sono anche i più difficili da fare! Per fare un piccolo inciso sul nostro territorio di quello che qui c’è da comunicare ed insegnare sensorialmente, la doc valpolicella ha la corvina, il corvinone, la molinara e la rondinella e questi sono gli autoctoni storici; questi permettono al prodotto finito di dare struttura (corvinone), di donare il sentore di spezie (la corvina), di garantire la finezza e l’eleganza (la rondinella dà la caratteristica morbidezza di velluto sensoriale), mentre la molinara regala la sapidità. Poi, per il caratteristico colore più intenso, ci sono la croatina l’oseleta e la terodola .
Come descriveresti la sensorialità nella ristorazione, soprattutto ora che stiamo vivendo in questo momento di ripresa dopo la paura Covid19?
Il periodo è stato troppo breve e secondo me la ristorazione non ha capito come strutturarsi. Dipende ancora troppo dai fornitori e dai clienti: non hanno niente in mano in termini di propria identità, dal momento che sono troppo concentrati solo sul commercio e che sono solo una parte della filiera ( in mezzo fra il cliente finale ed il produttore ) ..con queste caratteristiche è più difficile per loro ..specie dopo questo virus.
Sapendo che sei diventato di nuovo papà di un bellissimo bambino, quale esperienza sensoriale vorresti lasciare alle future generazioni?
Io vorrei lasciare un insegnamento a mio figlio (si emoziona parlando del piccolo Giovanni ndr) trasferendogli tutto quello che so e voglio dedicargli il tempo necessario per nutrire la sua sensibilità: voglio insegnargli il valore, la forza e cosa significa vivere davvero .
Esco da Celestino con la mente che ancora elabora, ma con dentro di me la consapevolezza che se ci si impegna “sporcandosi le mani”, se si crede nel proprio sogno senza arrendersi e se si ha la voglia di imparare dai più grandi, si possono raggiungere tutti gli obbiettivi vivendo davvero con ciò che amiamo fare!
Alessia Grola, ceo 5Hats.