Ciò che conta di fronte al mare non è avere una nave, ma un posto dove andare, un porto, un drink, che valga tutta quell’acqua da attraversare. Ad Ischia dai quei bei ragazzi di Porto51.

TheAnimismusven 24 lug 2020

Napoli, Molo Beverello - ore 17 - 30°C
Nelle cuffiette un datato Lenny Kravitz canta "where are we running?" ed io penso che di correre non se ne parla proprio, ché oggi è domenica.
Oggi è la mia fottutissima domenica disimpegnata e ho bisogno di staccare dal lavoro, dallo stress, dalle mie amate e odiate illustrazioni.
Ho bisogno di una pausa, la desidero: me la merito.
Ma si sa, “non c'è riposo per le anime dannate” e quindi anziché aprire quel vecchio Borgogne, standomene stravaccato sul divano di casa, decido di prenotare un airbnb last-minute e partire alla volta dell'isola delle scimmie.
Che avete capito? Non parto per la Thailandia. Dovrei stare via troppo tempo e in questo momento gli impegni non me lo consentono.
Vado a Ischia, ragà! Vado a bere e mangiare una cosa lì e domani mattina sono già di ritorno.

Ischia, Porto - ore 18.30 - 27°C
La sensazione di pace e liberazione appena metti piede su quest'Isola è impagabile, il venticello leggero che tira sulla banchina pure.
Il mio piano per stasera è chiaro, breve e conciso: voglio saperne di più dei ragazzi di Porto 51. Se poi mi resta tempo vado in esplorazione, ma non so. Sono stanco e c'ho 'na certa!
Porto 51 è una di quelle realtà di cui senti parlare se bazzichi certi ambienti, la loro storia è peculiare: quattro fratelli che decidono di ritrovarsi nella loro isola natale per aprire un bistrot di ritorno da esperienze all'estero di una certa importanza.
Me l'aveva raccontato Doriano (dei fratelli, il bartender) durante una guest shift invernale a Salerno, nel mio posto del cuore.
Avevo sviluppato sin da subito una certa empatia per loro, un certo feeling: qualcuno le chiama 'amicizie da bancone'; intanto io avevo segnato l'appunto sul taccuino e mi ero ripromesso di venirci.
Ogni promessa è un debito. Ed io non voglio avere debiti con me stesso: quindi eccomi qua.

Ischia, Porto 51 - ore 22.00 - 24°C
Oggi fa caldo ed io ho moltissima sete.
Porto 51 è davvero un gioiellino. Piccolo ma accogliente come solo degli isolani saprebbero rendere un posto, come solo chi fa del turismo la propria fonte di sostentamento sa fare e sa di dover fare.
Vorrei fare una foto all'ingresso ma il poco spazio che lo separa dal mare non me lo consente, a meno che non voglia correre il rischio di fare un tuffo. Mi correggo: è un gioiellino ''nel mare''.
Sono dentro e l'allegria del posto è contagiosa: i sorrisi di Maira (dei quattro, la “vulcanica” sorella) e l'abbraccio di Doriano sono quanto di meglio potessi aspettarmi.
Non ho fatto aperitivo e la voglia di bere e mangiucchiare qualcosa è altissima, come altissime sono le aspettative sulla mia esperienza.
Doriano mi invita a sedere al banco e io accetto di chiarissimo buon grado. Il banco è il posto che più amo.
Mi serve dell'acqua, un modo per dire benvenuto molto molto semplice ma che apprezzo sempre.
Ricordate: anche le più semplici sono coccole necessarie.
Intanto mi guardo intorno.
Tutto è perfettamente incastonato in pochi metri quadri, la bottigliera in ferro che si sviluppa in altezza suggerisce che c'è cura nella scelta della materia prima.
Una selezione di gin capeggia sul lato sinistro del locale, distribuita su di una parete lavagna che gli consente di volta in volta di scrivere di questa o di quella chicca trovata nelle loro esplorazioni in giro per il Mondo, rimarcando la sensazione che qui le cose non son lasciate al caso.
"Allora, che vuoi bere?" mi chiede Doriano, pronto a prendersi cura di me.
Un po' sovrappensiero stavo sbirciando dietro di lui sulla grande lavagna a muro e un nome assolutamente mai letto prima attira la mia curiosità.
Dorià, ma che c'è scritto?! Shinjuku?!?
Doriano mi legge negli occhi e nel pensiero e prima che io possa aprire bocca è già all'opera. Non mi lascia fiatare.
Imparate: quando un professionista vi dice: "shh, ci penso io!", allora non dovete indugiare. Lasciatelo lavorare.
Mi godo la preparazione di questo punch a base prodotti giapponesi e influenze mediterranee: Nikka from the barrel, saké allo yuzu, zenzero, bitter al té, sherbet di agrumi e lime. Ma non disdegno di tanto in tanto guardarmi alle spalle e vedere che un manipolo di ragazzi e ragazze stanno riempiendo il dehor del locale e che il colpo d'occhio, da lì, è davvero notevole.
Teiera fumante, di uno spesso vapore bianco, e una tazza da tè con un cubo di ghiaccio firmato "51". Resto un attimo spiazzato, mi era sembrato di capire che il drink fosse freddo, non sono pronto per un drink caldo in piena estate. Sono confuso e cerco spiegazioni: "Ma...".
Gli occhi di Doriano sono taglienti: "Biv Alfrè, ti facc arregrià."
Obbedisco. Gulp!
"Oddio ma è buonissimo. Ed è freddo, non è caldo." Scoppiamo entrambi a ridere.
"É ghiaccio secco. Lo utilizziamo per raffreddare il punch e per ricreare il servizio di una teiera colma di tè fumante."
Mi hanno conquistato, al primo sorso del primo drink. Sarà difficile fare di meglio, penso. Intanto Shinjuku è finito in tre sorsi, complice la mia atavica sete e la bontà del drink che è davvero senza eguali.
Intanto Porto 51 è un brulicare di persone, con enorme piacere sento parlare i ragazzi di sala nell'idioma di Sir Winston e capisco che sull'isola, nonostante il periodo di restrizioni arriva qualche turista straniero.
Ne sono sinceramente felice.


Okay, basta. Facciamo conoscenza: è il momento delle presentazioni. Doriano, al banco, tra un drink e l'altro, nel suo caos ordinato, mi presenta in ordine sparso il suo secondo: Jonny Iacono, un giovane di grande talento e passione; Miriano, suo gemello e responsabile di sala e Francesco, altrimenti conosciuto sull'isola come Cioko: il maggiore dei quattro fratelli, colui che ha il compito di tenere su le redini e coordinare il lavoro di tutti gli altri.
Sono belli, cazzo quanto sono belli da vedere!

E' un team perfetto, lo capisco dai loro cenni di intesa continui durante il servizio ed è un piacere vederli all'opera.
Sì, ma io ho fame e i sentimentalismi non riempiono lo stomaco. Ho ordinato la specialità della casa: mi hanno chiesto cosa mi piacesse. Mi piace quello che è buono, ovvio.
Okay, mi dicono di non preoccuparmi ulteriormente.
Eccola che arriva: la zingara, la specialità dell'isola. Due fette di pane cafone ripiene di ogni bontà. Sono in estasi.
Doriano aveva calcolato i tempi della cucina e dieci secondi dopo aver addentato quel succulento "sandwich" di matrice “terrona”, nell'esatto momento in cui avrei voluto proprio ingollare un sorso, mi serve il secondo drink.
E no, ragazzi, così è troppo: tempi per-fet-ti.
Vino e percoche" mi spiega mentre ne bevo un bel sorso. Tradizione più tradizione. "Abbiamo voluto riprodurre una classica mistura casalinga delle nostre zone in un drink studiato e complesso: percoche del nostro orto macerate nel brandy, vodka, riduzione di biancolella e gomma arabica."
E' una bomba e nonostante abbia una boccata dolciastra funziona perfettamente con la mia cena, esaltando le note sapide e creando sulle papille gustative una deliziosa persistenza. Wow, tanta roba!
La serata al banco va avanti che è un piacere, vederli preparare da bere con solerzia è entusiasmante. Tra un drink e l'altro mi parlano dei loro ambiziosi progetti e di come il periodo di lockdown li abbia ispirati a fare di più.
Si erano ingegnati in maniera molto semplice, imbottigliando da loro qualche drink su richiesta degli amici più intimi con consegna a domicilio ad impatto zero: con una bici elettrica.
La notizia aveva fatto presto il giro dell'isola e sempre più persone volevano avere in casa una o due bottiglie firmate Porto 51, quindi hanno cavalcato l'onda e non appena le restrizioni sugli spostamenti sono terminate hanno preso
il primo volo per Torino e sono atterrati direttamente in distilleria Quaglia (la stessa che imbottiglia per Jerry Thomas Project, Roma) hanno creato la loro prima release di cocktail in bottiglia "Cocktelleria del Golfo", in collaborazione con Distillerie Aragonesi.
Un'idea avvincente ma solo l'ultima in linea temporale. Abbiamo parlato di catering, di eventi, di progetti espansione e di esperienze passate che da sole, per un appassionato di storie come me, valgono il prezzo del biglietto.
Adesso però vorrei scegliere il mio drink da accompagnare al dolce, preparato dalla stessa Maira che in sala è un ciclone.
Domingo! Un omaggio alla dolce metà di Doriano: rum dominicano lavato col burro di cocco, menta, cannella, lime e Peychaud's bitter.
Chiariamo un concetto. Io sono un amante del Negroni (e questo penso che l'avete capito ormai no?!), per 10 anni ho bevuto solo quello in ogni posto del Mondo dove sono andato, rifiutando quasi in maniera categorica ogni altra bizzarra creazione mi venisse proposta. Forse in alcuni posti ho fatto decisamente bene, perché rivisitare un classico o creare dal nulla un signature è un esercizio di grande responsabilità, ma sono grato a chi mi ha iniziato a questo nuovo modo di fare da bere.

In fondo, non si può viver di soli Negroni!


Domingo, ragazzi, è una bomba. Ne potrei bere dieci di fila: fresco, intenso, speziato il giusto, senza eccessi ma con grande equilibrio.
C'è una certa maestria in questi ragazzi e si vede.
La cosa che più mi spiazza è che i drink finiscono in tre sorsi e non perché siano risicati nelle porzioni ma perché una volta assaggiati non riesci a resistergli.
La serata è nel suo pieno, tutti sono seduti col proprio drink, al banco c'è un piacevole andirivieni e io sto per congedarmi.
Non so ancora come finirà la mia serata, di solito lo decido quando salto giù dallo sgabello: se le gambe reggono ancora bene allora c'è spazio per un altro paio di drink in giro, diversamente si torna a casa.
Doriano capisce l'antifona, tira fuori un bicchiere dal freezer con un cubo di ghiaccio che sembra vetro per quanto è trasparente, prende una bottiglia e ci versa una generosa porzione di liquido arancione-scuro, un po' torbido.
In 7 secondi netti mi ha preparato un altro drink e mi mette alle corde: "Non puoi andare via senza aver provato il drink più buono di Porto 51".
Jhonny dall'altro lato sorride sornione.
Io non mi faccio di certo pregare, risalgo sullo sgabello e inizio a sorseggiare.
Non ho più moltissime parole. Sanno il fatto loro e quello che fanno è frutto di esperienza. Niente improvvisazione, niente prove a discapito dei clienti.
Li guardo soddisfatti e nonostante il mio apprezzamento per i sapori amari, stasera sono stato particolarmente colpito da quattro drink più tendenti al dolce.
Sto invecchiando oppure è vero che, volente o nolente, le cose dolcine piacciono sempre un po' di più?
"Ma allora cosa sto bevendo?"
"Fig fashioned" - interviene Miriano dalle mie spalle - "è il nostro best seller di sempre. Riduzione di liquore ai fichi, prodotto proprio da Distillerie Aragonesi, aceto balsamico 25 anni e rye whiskey. Un tocco di arancia e direi che può bastare!"
Vorrei fargli un applauso ma non sono una persona così plateale, mi limito a fargli una smorfia col viso che nella nostra cultura vuole suggerire l'apprezzamento massimo.
Tiro giù gli ultimi due sorsi e salto giù dallo sgabello in attesa che le gambe mi dicano se è il caso di tornare a casa oppure di andare in giro per raccontarvi l'ennesima storia da banco.

Al prossimo Venerdì!

TheAnimismus

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