Francesco Salvo: "Dobbiamo evitare il rischio di sommare tutte le scadenze, sarebbe una catastrofe. Ci troveremo con incassi dimezzati e spese raddoppiate. Come andremo avanti?"
Francesco Salvo insieme al fratello Salvatore conduce la pizzeria Francesco&Salvatore Salvo a San Giorgio a Cremano, sede storica di famiglia, e la nuova postazione metropolitana a Napoli. Di loro su Il Mattino ebbi modo di scrivere: «Pizzaioli da tre generazioni. Si mettono a lavorare sodo riuscendo a trasformare una pizzeria di quartiere di provincia in un vero e proprio modello di pizzeria moderna che non ha perduto nulla di popolare e familiare. Grandi numeri, altissima qualità, una vera e propria macchina da guerra gestita tecnologicamente senza perdere mai un colpo». Lui è l’ingegnere di famiglia e segue, in particolare, gli aspetti gestionali dall’azienda. Lo abbiamo intervistato sul Day after coronavirus
Allora, Francesco come va?
Questa pausa ci fa recuperare abitudini familiari che i ritmi talvolta brutali del lavoro ci aveva fatto dimenticare. E non era giusto. Ora sto passando il tempo con i miei figli e mia moglie. Ecco spero che all’uscita da questa emergenza continueremo a tenere nel giusto equilibrio le due cose: lavoro e affetti.
Intanto parlami del mondo pizza dal punto di vista di un’azienda come la vostra.
Difficile, difficile. Parliamo di attività che hanno visto azzerare gli incassi dall’oggi al domani. Reputo che sia stato giusto e sacrosanto chiudere nel modo in cui si è chiuso per salvare vite umane. Non aveva senso lavorare così come si è lavorato nelle ultime settimane: ci si scrutava con la paura del contagio. Questo limitava anche l’umore, la predisposizione a servire bene il cliente. Io personalmente sentivo anche su di me la responsabilità dei miei dipendenti che insieme a me lavoravano in pizzeria. Sai bene che servivamo, e speriamo di riprendere così, migliaia di persone a settimana. È una grande responsabilità. E così, quando si è chiuso mi sono sentito un po’ sollevato. Non aveva più senso, in piena pandemia, continuare a lavorare così. Però, ovviamente, la situazione che oggi si è determinata è molto difficile.
Perché?
Ci sono molte aziende come la nostra che negli ultimi due tre anni, cioè l’altro ieri, hanno fatto investimenti notevoli. Tanti proprietari e imprenditori hanno investito nel settore. Il che vuol dire che ad oggi non c’è stato sicuramente né il pareggio e neppure il rientro economico. Quindi, parliamo di aziende che di tutto avevano bisogno, fuorché di questo stop. Perciò la situazione è difficile. Consideriamo solo un fatto, noi a fine 2012 avevamo solo 6 dipendenti. A febbraio 2020 quando abbiamo chiuso erano 60. Questo passaggio è stato possibile grazie a investimenti fatti con le nostre forze e con il sostegno bancario. E come noi ci sono tanti altri. Ecco, penso a Franco Pepe a Francesco Martucci a mio fratello Ciro, a Gino Sorbillo. Oggi non solo è a rischio la nostra impresa con i suoi dipendenti. È a rischio anche lo Stato, perché molto spesso si tratta di finanziamenti agevolati dal sostengo pubblico. Ecco perché c’è bisogno accanto a noi dell’azione forte del Governo. Abbiamo bisogno di una iniezione di liquidità per far fronte non solo alle spese, che in questi mesi di chiusura si stanno accumulando, ma anche per permettere alle aziende di ripartire e far fronte ai debiti pregressi.
Mi pare che qualcosa si sia mossa in tal senso.
Certo, le pizzerie dimensionate come la nostra devono ragionare in una logica di vera e propria azienda media. In tal senso ci stiamo organizzando e le richieste al Governo, da implementare nella versione definitiva del “Cura Italia”, già sono state avanzate. Come “Ambasciatori del Gusto” porteremo avanti la nostra piattaforma che prevede agevolazioni e soprattutto accelerazione su cassa integrazione, liquidità delle aziende, interventi a sostegno dei proprietari dei locali, sgravi fiscali veri e propri, non soltanto dilazione dei pagamenti. Dobbiamo evitare il rischio di sommare tutte le scadenze, sarebbe una catastrofe. Ci troveremo con incassi dimezzati e spese raddoppiate. Come andremo avanti?
Parliamo della fase due. Quella di una ripresa con le limitazioni.
Noi abbiamo 60 dipendenti, se apriremo in maniera parziale il problema ci sarà lo stesso, eccome. Sto seguendo questa diatriba in Campania sulla delivery sì, delivery no. Ecco, per quanto riguarda la nostra pizzeria, il fatturato derivato dall’asporto era sul 10% del totale. Potrebbe arrivare, diciamo, al 30%. Non ce la faremmo nel modo più assoluto a far fronte a tutte le nostre spese. Certo, la delivery per piccole pizzerie, dimensionate diversamente dalla nostra, molto molto più piccole, potrebbe risolvere qualcosa.
Andiamo avanti nel ragionare sullo scenario possibile.
Sì, immaginiamo che per evitare giustamente, perché se la tutela della salute pubblica lo necessita si dovrà fare, il rischio di contagio, dovremo organizzare: accesso scaglionato, misurazione della temperatura agli ingressi, distanziamento in sala, DPI obbligatori per i clienti e per i dipendenti, modalità diverse di lavoro in laboratorio, presso il forno, in cucina, nell’area lavaggio. Pizzerie come la nostra non è che non possono guadagnare, non potranno mantenersi in piedi, non potranno andare avanti.
Quindi?
Paradossalmente converrebbe ibernarsi per quel periodo strettamente necessario prima della ripresa totale. La fase intermedia, purtroppo, non ci aiuterà in niente. Capisci il dramma? Non possiamo restare sospesi, ma ibernati. Qui deve esserci in tempi rapidi e utili l’aiuto della mano pubblica. Penso soprattutto alla mia famiglia allargata ai dipendenti, a quanti hanno sposato il nostro progetto. C’è ancora troppo ritardo nell’applicare in periferia le decisioni centrali.
Passiamo alla fase tre. Tutto finirà. Tutti saranno vaccinati e nessuno correrà nessun rischio di contagio. Francesco&Salvatore Salvo da dove ricominceranno?
Beh, certo quando saremo usciti da questa fase dovremo recuperare tutto quello che non si è fatto più per un tempo lungo. Cioè per l’effetto domino determinatosi: la moda, i viaggi, l’acquisto dell’auto etc. Dovremo ricominciare, speriamo, senza diminuire il personale. Se ci sarà solo la delivery come potremo mantenere dieci camerieri in sala? Sai, sono preoccupato, perché ad oggi una risposta non ce l’ho. Stiamo parlando di una cosa più grande di noi. Non voglio gettare la croce addosso a nessuno. Credo che il Governo, in tutte le sue articolazioni da Roma a Napoli, abbia una responsabilità mai avuta dal dopoguerra. I miei pensieri sono tuttavia positivi. Saremo rimasti chiusi in casa per troppo tempo. Ci sarà tanta voglia di uscire. Al Sud siamo portati alla socializzazione. La mia speranza è che non appena avremo il lasciapassare, potremo ricominciare a conquistare le strade e la piazza, andare al bar per un caffè, in pasticceria per un babà e, ovviamente, in pizzeria per una pizza. Certo, dovremo sperare che ci siano i soldi in tasca di nuovo, altrimenti, non oso immaginarlo. Non sono pessimista, anzi, ci sarà una cura efficace e un vaccino per il coronavirus. Ripartiremo, ci rimetteremo in carreggiata tutti quanti.
Per dirla con un tuo illustre concittadino: ricominceremo da tre?
Sì! Ma se ricominceremo da due e non da tre, non verrà meno la nostra cura e attenzione per la qualità della pizza, la scelta sulla quale abbiamo investito da sempre, con tutto il suo food cost elevato. Troveremo una soluzione. Certamente non abbandoneremo la nave, né la lasceremo affondare.