Niko Romito: "Un colpo letale alla ristorazione"
E' stata una giornata interminabile. Ieri, dopo ore lunghissime e piene di incertezze, proposte di lockdown e bozze di ogni tipo in circolazione, è stato approvato e pubblicato l'ultimo (solo in ordine temporale) Dpcm che prevede, con decorrenza da oggi 26 Ottobre fino al 24 Novembre, che il settore della ristorazione svolga attività in loco solo dalle ore 5 alle ore 18.
Certo, resteranno possibile l'asporto e la consegna fino alle ore 24, con divieto di consumare in zone adiacenti ai locali, né in piazze o all'aperto, ma come la mettiamo con la privazione della parte più ricca del servizio? Come la mettiamo con l'organizzazione effettiva da parte del settore ristorazione che dovrà (ancora) rimodellare l'offerta ma anche la struttura del servizio?
Tutto il mondo della ristorazione italiana, ieri, ha parlato di "ultima cena" e si è trovata a farsi carico di una colpa, a pagare un prezzo che per alcuni sarà letale. Colpisce e riassume ampiamente la situazione il pensiero di Niko Romito sul suo profilo personale postato alla fine del servizio pranzo nell'attesa della cena, l'ultima per un po'.
"Finito il turno di pranzo credo che tanti miei colleghi oggi si siano fermati e abbiamo posato il loro sguardo, come me, un attimo in più sui volti dei propri dipendenti, dei propri collaboratori. Un misto di rabbia, frustrazione e paura mi ha colto pensando al loro e al mio futuro mentre li vedevo intenti a pulire e far splendere la cucina, per renderla pronta come sempre per il turno della cena. Quella che sarà l’ultima cena.
Sì perché quella di questa sera, domenica 26 ottobre 2020, sarà per molti ristoranti in Italia probabilmente davvero l‘ultima. Tanti di noi non avranno la forza di reggere alla scelta del governo di far chiudere bar e ristoranti alle 18 e di costringere un intero settore a rinunciare per un periodo di tempo probabilmente indeterminato a ben più del 50% del proprio fatturato. Non sarà sufficiente per molti di noi il “cospicuo sostegno” promesso dal governo per poter affrontare questa seconda traversata nel deserto nel giro di neanche otto mesi."
Romito non sta dando i numeri, quelle percentuali sono oltremodo reali. Non sono supposizioni, ci sono i dati dei rapporti Fipe degli ultimi anni secondo cui i due terzi dei rispondenti ha dichiarato di scegliere molto più spesso la cena fuori casa; il luogo prevalentemente scelto per tale occasione di consumo resta la trattoria/osteria/ristorante (64,5%), al secondo posto la pizzeria con servizio al tavolo (59,0%). E mentre il consumo di cibo in casa negli ultimi dieci anni è sceso progressivamente, la spesa alimentare delle famiglie fuori casa rappresenta invece il 36% della spesa totale: questo dato spiega perché il mercato della ristorazione in Italia è al terzo posto, dopo Regno Unito e Spagna, con un valore di oltre 80 miliardi.
Il pranzo fuori ha una percentuale raddoppiata rispetto a quella della cena per quanto riguarda la quotidianità, trattandosi maggiormente della formula take away, con l'intramontabile panino al primo posto tra le scelte; mentre il weekend continua ad essere il momento più indicato, a dire dei rispondenti, per godersi un pranzo fuori casa comodamente.
Il post di Romito , poi, continua:
"La ristorazione italiana con questa decisione subirà un colpo letale. Tanti amici, ma anche ristoratori che non conosco in queste ore stanno valutando il da farsi: restare aperti per un solo turno e decidere come gestire il carico di lavoro fra i dipendenti o chiudere? Dopo la fine del lockdown la gran parte degli imprenditori del nostro settore ha riaperto investendo in termini di procedure, protocolli e strumentazioni per garantire ai propri clienti un'esperienza in piena sicurezza. Allo stesso modo abbiamo fatto per i nostri dipendenti: test settimanali di controllo, precauzioni, massima attenzione nella vita quotidiana fuori dal luogo di lavoro.
Tutto questo non è stato sufficiente per instillare nei decisori pubblici l’idea che il nostro settore potesse garantire standard di sicurezza adeguati. I bar e i ristoranti scontano il pregiudizio di essere luoghi ad alto rischio di contagio. Non lo sono le fabbriche o altri luoghi che potranno continuare ad operare per sostenere l'economia del Paese. Noi no. Non voglio criticare la decisione del governo, comprendo che il momento non sia facile e che le scelte da prendere possano produrre scontento e incomprensione. Non voglio sostenere che forse era meglio chiudere tutto un'altra volta, perché così appare una scelta parziale a punitiva solo per alcune categorie. Sento solo il dovere di condividere l'amarezza di questo momento perché tanti colleghi vedono in noi chef stellati un punto di riferimento, un modello, a volte una fonte di ispirazione."
Riflettiamo: quanti locali non prevedono il pranzo? quanti, dopo mesi di chiusura forzata e promesse di indennizzi e cassa integrazione che non è arrivata, hanno dovuto investire nel loro locale per adeguarlo alle nuove (allora) norme? chi più della ristorazione ha sottoposto a controllo accurato clienti e staff? qualcuno all'entrata dei centri commerciali vi ha chiesto il documento? qualcosa (di effettivo) è cambiato nella strutturazione dei servizi di trasporto al fine di non incrementare attese e, dunque, "raggruppamenti inadeguati" (non parliamo di 'lockdown', non ci piace la parola 'coprifuoco'... non vedo perché dover usare 'assembramento')? quanti imprenditori sono stati rassicurati dall'incertezza che li ha inghiottiti e tutelati con una reazione concreta con i fatti più che con le parole incongruenti, mutevoli e confuse di un dialogo tra Stato e Regioni che rasenta l'assurdo?
La ristorazione ha fatto più del possibile per tenersi in gioco e adesso alla forza, alla pazienza e all'adattamento si sostituiscono delusione, sfiducia e stanchezza. Tantissime sono le attività che in queste ore stanno valutando come agire e, pian piano, tante stanno dando annuncio di mancata riapertura da domani.
Niko Romito lo sa e prova a lanciare un messaggio di incoraggiamento:
"C'è rammarico, certo. Ma allo stesso tempo cresce il desiderio di fare la nostra parte di cittadini e imprenditori, la nostra parte di membri della comunità. Io lo farò al meglio delle mie possibilità, come sempre fatto in questi vent'anni di attività insieme a mia sorella Cristiana. Non sarà semplice, ma non è il momento di cedere allo sconforto.
I nostri ristoranti resteranno aperti rispettando le indicazioni del decreto del governo. Continueremo ad accogliere in sicurezza i nostri clienti e tutti coloro che per necessità o piacere ci verranno a trovare."
Un messaggio, quello dello chef stellato, che pone dinanzi l'oggettività della situazione senza giudizi e senza proteste, piuttosto con quella che sembra l'intenzione di ripristinare, in questo nuovo semi-lockdown, un valore, del primo lockdown, che sorprese e aiutò: l'unione, la collaborazione, la scelta di non perdere di vista l'importanza della solidarietà.
E' stata una giornata interminabile. Ieri, dopo ore talmente lunghe da sentire il peso di un'ora più la ristorazione si ritrova piena di incertezze.