Possiamo dichiarare fine a questo drammatico e vergognoso racconto dei cuochi salvamondo o dobbiamo continuare ancora a prenderci per il culo?
Il ristorante vegano 3 stelle Michelin di New York l'Eleven Madison Park ha una stanza privata in cui, pagando un supplemento, si può gustare manzo.
Di per sé non ci sarebbe di che sorprendersi, da sempre Manhattan è conosciuta per i suoi diversi livelli del lusso, raggiunto uno, subito poco dopo, ci si rende conto che esiste un posto ancora più esclusivo e riservato a cui non si può avere accesso se non pagando di più. Ma stavolta la storia è completamente differente e il signor Daniel Humm ,e l'intera impresa del leggendario ristorante 3 stelle Michelin di New York Eleven Madison Park, ne escono con le ossa rotte. Per farvi intendere il perché però dobbiamo fare un passo al marzo scorso. Andiamo per ordine.
A pochi mesi dell'inizio della pandemia di Covid-19 scrivevo queste esatte parole:
Caro lettore (o meglio caro consumatore), tu che hai sempre sognato un mondo migliore, devi sapere che per una decina d'anni prima del 2020 si è venduta la sostenibilità ambientale ai viaggiatori gastronomici internazionali in cerca di emozioni. L'alta cucina stava vivendo la sua epoca d'oro, vi erano migliaia di persone che circumnavigavano il globo in cerca di emozioni gastronomiche, viaggiare da un punto all'altro del pianeta non era mai stato così semplice, vi era ricchezza e con lo story telling giusto, le esperienze gastronomiche potevano essere vendute a qualsiasi costo.
Tornati a casa illuminati, come dei fedeli dopo aver macinato chilometri al cammino di Santiago, un viaggio alla Mecca o pregato a Gerusalemme, raccontavano queste storie con le loro fervide penne e accusavano i cuochi locali di essere troppo legati al vile danaro, di non dare importanza alla decimazione dei panda, alla sofferenza del pinguino, allo scioglimento dei ghiacciai, pur di ottenere i loro fottuti guadagni.
"Sei un peccatore! Utilizzi foie gras e capesante. Possibile non ti interessi del nostro pianeta? L'unico sul quale possiamo vivere? Dovresti fare un po' di foraging".
Per approfondire leggi: FoodClub \ Sostenibilità in cucina? La più grande bugia gastronomica di sempre.
E poi cosa accadde? Come mai tornammo a mangiare cibi in scatola e a cercare conforto in un hamburger? Beh facile, grazie alla livella sociale del Covid-19, tutto questo non fu più interessante, anziché salvare il mondo ci preoccupammo di salvare noi stessi. Il nostro raggio d'azione diventò di colpo ristretto, le frontiere nazionali furono serrate e i cuochi salvamondo dovettero necessariamente pensare a salvarsi il culo e fu proprio in quel preciso istante che divennero sostenibili.
Un esempio su tutti lo straordinario laboratorio gastronomico Noma 2.0 di Copenaghen che non fu mai tanto "sostenibile" quanto nel breve lasso di tempo in cui, anziché vendere menù degustazioni vegetali a flotte di cinesi che volavano per 9000 km su airbus consumando migliaia di litri di gasolio e emettendo tonnellate di Co2 nell'atmosfera, piastrava succulenti hamburger per la clientela locale.
Leggi: FoodClub \ il Noma Burger di René Redzepi? Dopo averlo provato possiamo dirvi che è....
Ma poi arrivò la buona stagione, i ristoranti tornarono a lavorare normalmente e per incanto i cuochi tornarono a smettere di voler salvarsi esclusivamente il culo e cominciarono a pensare ancora una volta al pianeta, a combattere il riscaldamento globale, proteggere il panda cinese e garantire iceberg solidi all'orso polare.
Ci pensò Daniel Humm a riaprire le danze trasformando e annunciando che, il ristorante più volte numero 1 al mondo per la World's 50 Best Restaurant famoso perle sue anatre in bella esposizione, non avrebbe più servito carne.
Daniel Humm: "Mi è diventato molto chiaro che la nostra idea di cosa sia il lusso deve cambiare. Non potevamo tornare a fare quello che facevamo prima."
Scrivemmo di lui all'epoca dell'annuncio rimbalzato agli onori della cronaca:
Manterrà la promessa che si era fatto la scorsa estate, dopo aver chiuso il ristorante causa pandemia a marzo 2020, Daniel Humm riaprirà uno dei ristoranti più famosi al mondo, e che ha segnato l'ultimo ventennio della cucina a stelle e strisce, con un menù costruito su una base vegetale: addio a piatti iconici come il maialino al latte, l'anatra glassata e ricci di mare, non ci sarà più caviale e foie gras ma bensì radici di sedano.
La riflessione partita durante la pandemia ha portato il signor Humm a riflettere sull'intero sistema di produzione e approvvigionamento alimentare ed è arrivato alla conclusione che questo modo di agire sia decisamente debole, incontrollabile e pericoloso per l'umanità e chef del suo calibro hanno il dovere di avviare una trasformazione culturale in considerazione della loro influenza planetaria nel mondo della gastronomia. Tale decisione era inevitabile, dopo una lunga valutazione della propria carriera, Daniel ha capito che doveva compiere un cambio di direzione e che la pandemia doveva necessariamente generare un punto di rottura con il proprio passato.
A rileggerlo mi tornano lacrime di commozione, la sua immensa umanità, la sua preoccupazione per l'ambiente, faranno sicuramente di lui un santo. Dopo aver perso milioni di dollari per la chiusura forzata e l'assenza di viaggiatori internazionali, non pensa a salvare i conti del ristorante ma bensì alla salvaguardia dell'umanità e dell'unica casa che abbiamo a disposizione, la nostra amata terra. Lui non è come gli altri.
In questa elegante vetrina una volta c'erano anatre a stagionare, ora pare essere uno scaffale Ikea. cit. (Foto Facebook)
Leggi anche: FoodClub \ Eleven Madison Park di Nyc sarà completamente vegano
Ma no, scherzo. Ovviamente siccome sarò anche simpatico ma di sicuro non sono una brava, bella, ingenua e candida persona, all'epoca dei fatti mi venne il sospetto che fosse l'ennesima presa per il culo, il colpo di coda per riappropriarsi di visibilità e titoloni e commentai immaginando che questa sarebbe stata la prossima bugia da venderci.
The Next Lies? Preparatevi ad acquistare la "Cucina Vegetale", dovendo far quadrare i conti nei prossimi anni ci venderanno questa che costerà poco per chi la vende e tanto per chi la comprerà.
Come al solito i professionisti del racconto gastronomico storsero il naso, ma sto ca*** di Antonio Lucifero come si permette? E poi oggi apro EATER NY e leggo testuali parole:
Il ristorante vegano Eleven Madison Park ha una stanza privata in cui serve carne
Il critico gastronomico del New York Times Pete Wells ha massacrato il menu rinnovato e veganizzato di Eleven Madison Park in una recensione critica senza stelle questa settimana – ma la vera pepita d'oro del pezzo è che il ristorante completamente vegano ha una stanza privata in cui servono manzo. Secondo Wells, Eleven Madison Park offre un piatto opzionale di filetto di manzo ai clienti nella sua elegante sala da pranzo privata, pur mantenendo di facciata il tanto pubblicizzato menu vegano.
Ma dai Daniel, davvero?
Wells scrive: "È una sorta di metafora di Manhattan, dove c'è sempre un livello più alto di lusso, una stanza segreta dove i ricchi mangiano filetto arrosto mentre tutti gli altri prendono una canoa di melanzane".
La canoa di Melanzane
La recensione segna l'ennesima voce critica che mette in discussione le attesissime "innovazioni" vegane dell'Eleven Madison Park – nonostante, come altri hanno sottolineato, la lunga storia della cucina raffinata senza carne di New York guidata in particolare da Amanda Cohen di Dirt Candy. All'inizio di questo mese ,il critico di Eater Ryan Sutton ha scoperto che il rinnovamento di EMP "non è una ridefinizione del lusso, o qualcosa di simile ad esso" e che "i sapori di Humm spesso si sentono in sordina come una torta di granchio da steakhouse".
Possiamo dichiarare fine a questo drammatico e vergognoso racconto dei cuochi salvamondo (di cui indagando sotto la superfice di ghiaccio sottile su cui si tengono, pochi si salvano) o dobbiamo continuare ancora a prenderci per il culo?
Caro Daniel Humm (verso cui non ho nulla, come tutti i business man prova solo a cavalcare l'onda per sostenere il volume d'affari) , illustri chef salva mondo, egregi professionisti della carta stampata, questa è una figuraccia che fa l'intero sistema e siamo responsabili di queste frottole quanto coloro che le raccontano. I ristoranti, per quanto straordinari, sono attività commerciali e il loro unico interesse, per quanto si possano avere nobili aspirazioni, è vendere e sarebbe ora che ognuno tornasse a fare il proprio mestiere: i cuochi giù dal palco a cucinare (perché pur se questa piccola nicchia di chef salva mondo smettesse di cucinare o addirittura cucinasse il doppio, il pianeta manco se ne accorgerebbe) e i critici gastronomici a giudicare e raccontare l'unica cosa che dovrebbe essere d'interesse del lettore in quanto cibo, quello che viene messo nel piatto.
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