Chiara Pavan e la ristorazione al femminile: "Chef donne? Siamo viste un po' come dei panda, animali carini e curiosi. "
THE DARK SIDE OF RESTAURANTS
Le criticità legate al lavoro e nello specifico al modo della ristorazione.
In una serie di interventi, che abbiamo deciso di chiamare “tracce” come in un disco, cercheremo di analizzare temi che spesso vengono messi in secondo piano. Queste dinamiche meriterebbero la giusta attenzione per provare a migliorare un lavoro che di per sé ha, intrinseche, delle criticità che difficilmente potranno essere eliminate se non attraverso dei tavoli di discussione e una maggiore attenzione al fattore umano che manda avanti questo settore.
Dalla cucina alla sala, dalla proprietà ai clienti ecc, cercheremo di analizzare le criticità, in che modo influenzino il lavoro e quali strategie utilizzare perché si possa migliorare la vita di chi opera nel settore ristorativo.
Nello specifico, con questa rubrica andremo ad analizzare come il mondo della ristorazione sia un mondo molto stressante e cercheremo di analizzare e descrivere le strategie da mettere in atto per migliorare lo stile di vita degli addetti al settore, nonostante le criticità intrinseche in questo lavoro (orari, rinunce, rapporti interpersonali, spazi di lavoro ecc).
LE DONNE IN CUCINA
Track 7 - Like a Girl
E lo lancio (come una ragazza)
Lo lancio, lo lancio (come una ragazza)
Uscendo fuori alle sette e cinquanta, mi sento prepotente nella mia citta
Perché io lo dirigo (come una ragazza)
Lo dirigo, lo dirigo (come una ragazza)
……
Adesso guardami farlo, guardami farlo
Guarda, guarda, lo faccio
Come una ragazza (come una ragazza)
Come una ragazza (come una ragazza)
(Lizzo)
The Dark Side of Restaurants feat. Chiara Pavan
Eccoci, continuiamo con il racconto e la riflessione della donna nella nostra società, la narrazione che ne viene fatta e tutti gli stereotipi che le girano attorno. Il punto che vogliamo mettere in luce in questa serie di articoli e interviste è il lato oscuro della cucina, tutti quegli argomenti di cui si parla poco o solo in determinati giorni dell’anno per ricorrenze etc. senza creare una vera sensibilizzazione sul tema. In questi articoli parleremo delle donne in cucina, del loro vissuto e intervisteremo delle donne che ci hanno concesso il piacere di conoscere una parte di loro.
Abbiamo voluto approfondire questi temi con la Chef Chiara Pavan, classe 1985, tanta gavetta in cucina e laureata in Filosofia a Pisa e una laurea magistrale in Filosofia della scienza, resident chef di Venissa insieme allo chef Francesco Brutto, ristorante stellato dell’omonima Tenuta e Wine Resort sull’Isola di Mazzorbo (Venezia). Al Venissa la cucina è una cucina del territorio, improntata soprattutto sulla sostenibilità, all’attenzione al prodotto e alla riduzione degli sprechi, tutto ciò è solo un accenno di cosa è in realtà il concetto che ruota intorno a questo progetto.
Ma come ormai saprete noi non ci occupiamo di cucina nel senso di cibo ma di altri temi, quindi vi lasciamo alla nostra intervista…
Ciao, solitamente poniamo una domanda che di solito apre molti scenari ma ci sembra giusto porla dopo tanto tempo di chiusura o comunque di alti e bassi. Come va in questo periodo così complesso?
In questo momento il lavoro è ricominciato alla grande e devo dire che non è facile non soccombere dopo tanto tempo di chiusura. Durante il primo lockdown (nel 2020) ho quasi amato quel tempo libero che mi permetteva di concentrarmi, studiare, capire l’importanza degli spazi per me, leggere libri, dedicarmi alle mie amicizie (anche se solo via zoom). Le “zone rosse” dell’inverno 2021 invece sono state molto più estenuanti, non poter andare in vacanza prima di ricominciare a lavorare così tanto d’estate è stato terribile.
Buttiamoci nell’argomento principe dell’intervista, credi che essere una chef donna sia diverso dall’essere uno chef uomo? In termini di credibilità e di percepito della società?
Credo che in questo momento ci sia molta attenzione mediatica sulle chef donne, quindi in termini di “percepito della società” è quasi un plus valore. Siamo viste un po’ come dei “panda”, degli animali rari così carini e curiosi. Il mio sarcasmo è evidente, ma in realtà penso anche che questa improvvisa visibilità faccia di fatto un po’ il nostro gioco: molte ragazze, sempre di più, si avventurano con coraggio nella professione e cercano soprattutto di fare carriera, cosa che prima non avveniva. Mi spiego meglio, di donne nella ristorazione ce ne sono parecchie (anche se io in questo momento molto mio malgrado ne ho solo una in brigata), ma molto poche fanno carriera e diventano chef. Alla domanda “se è diverso essere una chef donna rispetto a uno chef uomo” rispondo che probabilmente sì: che ci piaccia o meno siamo educativamente e culturalmente diverse dagli uomini, il nostro modo di comportarci sul lavoro e nel mondo è molto spesso diverso rispetto a quello maschile.
Nella tua formazione come chef il tuo essere donna ha influito?
Lavorando in ambienti spesso prettamente maschili ho dovuto sicuramente adattare il mio modo di essere, tirare fuori certe forze e agire avendo sempre la consapevolezza che riguardo alle donne in cucina venivano dette “determinate” cose. Spesso si trattava quindi di dimostrare che essere una donna non significava lavorare in modo diverso rispetto ai ragazzi.
Crediamo che in cucina ci sia ancora molta discriminazione verso le donne, anche di rinunce in termini umani e pregiudizi legati alla visione della donna, secondo te è così? Quali sono gli ostacoli maggiori?
Secondo me sono stati fatti passi da gigante all’interno delle cucine: il rispetto che oggi si ha per una donna a capo di un ambiente di lavoro è molto migliorato. Con questo non voglio dire che non ci sono più situazioni di discriminazione e violenza, in alcune cucine purtroppo si verificheranno come avviene in tantissimi altri luoghi di lavoro di questa società.
Il problema serio tuttavia, che spinge molte donne a rinunciare alla carriera in cucina, è secondo me un altro: i ritmi del lavoro, soprattutto in ristoranti gastronomici, sono spesso ancora estenuanti. Se sei una lavoratrice dipendente e fai il doppio turno lavori almeno dieci ore al giorno. I costi fissi di un dipendente sono troppo alti in Italia per permettere ad un datore di lavoro di avere la doppia brigata in modo che i cuochi facciano un solo turno di lavoro al giorno. E con orari del genere è impensabile fare figli e avere una famiglia. E in questa società un uomo può permettersi di fare figli e vederli poco, una donna invece no. Infine, se sei un’imprenditrice, ti va ancora peggio: non hai nemmeno la maternità.
Che ne pensi del racconto che viene fatto nel mondo della ristorazione della “cucina al femminile”, mettendo automaticamente in risalto che sia quasi un altro tipo di cucina? C’è gente che parla ancora di piatti femminili, ingredienti al femminile, vini femminili, ci piacerebbe sapere una tua riflessione.
La “cucina femminile” non esiste ancora, ma io auspico che prima o poi esista!!! So di essere controcorrente in questo.
Io credo sostanzialmente che l’uomo e la donna non siano uguali: siamo culturalmente diversi. Il genere è culturale, certo, ma questo non vuol dire che non esista, esiste eccome!!!! Il modo in cui vengono educate le bambine, i giochi che fanno, le fiabe che leggono, i vestiti che si mettono sono ancora ben diversi rispetto al modo in cui vengono educati i bambini maschi. Le prospettive nella vita, che ci piaccia o meno, in questa società sono ancora prevalentemente diverse tra uomo e donna. Non ci sarebbe niente di male se la differenza saltasse fuori anche nella “mano” in cucina. L’importante è che ci sia rispetto e che le possibilità per una donna siano pari a quelle degli uomini!
Quello che penso invece è che la cucina contemporanea sia proprio maschile! Lo è sempre stata, perché nella storia e fino ad oggi è stata popolata solo da uomini che con il loro modo di lavorare (le brigate, gli chef capi-generali, poi divenuti star) e di eccellere con la creatività da “maschio alfa” hanno dato forma al modo di fare l’alta cucina che noi conosciamo oggi: un modo di concepire la cucina che si è completamente differenziato da quello casalingo dove invece la figura femminile è stata per secoli la regina indiscussa dei fornelli.
La creatività della cucina contemporanea e il modo di guidare le brigate sono, secondo me, molto maschili. E questo è sicuramente uno dei motivi per cui le donne in cucina oggi fanno ancora meno carriera degli uomini.
Le insicurezze che noi donne molto spesso accusiamo raccontano secondo me di un modo di lavorare che troviamo pronto in questa società ma che forse non ci calza a pennello. Dovremmo trovare la forza di fregarcene sempre di più e di osare, buttarci, rompere schemi e diktat di creatività e funzionalità finora vigenti e inventare qualcosa di nuovo. Una cucina femminile è ancora tutta da scrivere!
Quando si parla di parità di genere, si fa giustamente notare come l’aspetto estetico influenzi molto la percezione degli altri quando la professionista in questione è una donna. Come se l’essere più o meno conformi ai canoni estetici imposti dalla società (qui potremmo aprire un capitolo a parte) renda più o meno capaci le persone nella loro professione.
Che ne pensi? Ti è mai successo di essere stata giudicata dal tuo mero aspetto esteriore in campo professionale?
Io per fortuna non ho mai dovuto incontrare problematiche simili. Ma sicuramente i commenti che ho sentito nelle cucine sono svariati a riguardo. In particolare, una donna magra e che rispecchia appunto i canoni di bellezza vigenti è guardata con molto più sospetto rispetto ad una donna magari più formosa, che invece è considerata meno “appetibile”. Avviene un po’ il contrario rispetto a quello che succede in altri ambienti di lavoro. Se sei troppo carina sarai sicuramente una perditempo (“quella sta più in palestra o dal parrucchiere che in cucina”) e magari crei pure “zizagne” all’interno della brigata. Non male, eh?!
In un tempo dove ancora molte donne non sono economicamente autonome e gli imprenditori preferiscono investire principalmente sugli uomini, è semplice trovare investitori che investano in una donna come risorsa e come chef?
Probabilmente non è semplice affatto, a causa degli aspetti di cui ho parlato prima. Punto numero uno, investire su una donna significa accettare che prima o poi essa potrebbe ambire ad essere madre e spesso questo aspetto fa paura, perché è visto come una minaccia per la stabilità della leadership; punto numero due, la creatività legata alla gestione di una cucina contemporanea si pensa che calzi ancora meglio sulla gestione maschile. Questo non vuol dire che una donna non possa gestire una cucina in questo momento, ma significa che più difficilmente è vista (e si vede lei stessa) come perfettamente capace di farlo.
Pensando a cosa raccontano spesso gli chef, sulle nonne, sulle madri che insegnano a cucinare non è perlomeno strano che ci siano così poche chef conosciute al grande pubblico?
Anche questa considerazione si ricollega a quello di cui parlavo prima. La figura della madre e della nonna sono legate storicamente alla cucina come dimensione della famiglia, del prendersi cura dei figli. La cucina della ristorazione invece è completamente costruita sul mondo del lavoro e del business, che storicamente sono appannaggio dell’uomo (che va a caccia, che porta i soldi a casa) che sta fuori dallo spazio domestico. È proprio questo modello che dobbiamo superare per trovare la nostra creatività. Da quando la donna è entrata nel mondo del lavoro (anni 70-80), in molti ambienti ha portato innovazione: molti studi dicono che le gestioni femminili delle aziende hanno portato spesso a risultati anche migliori di quelle maschili. Tuttavia, ci sono voluti decenni. Le cucine professionali sono attualmente ancora un ambiente molto maschile: a parte rarissimi casi, solo nell’ultimo decennio si è cominciato a parlare di donne chef. È una realtà ancora tutta da scoprire.
Le guide, in generale, che responsabilità hanno nell’alimentare la visione di una cucina prettamente maschile? Inoltre credi che sia giusto avere premi per gli chef uomini e premi per le chef donne? Così facendo non si alimenta questa distinzione? Oppure almeno così si ha la giusta attenzione, seppur separati?
Le guide hanno una grossa responsabilità a riguardo! Si pensi ai premi “giovane dell’anno”, che vengono sempre dati a uomini! Perché le guide non iniziano a premiare ragazze che magari non rispecchiano a pieno i canoni di creatività vigenti, ma che sicuramente per il loro impegno e perché no, per la loro diversità, meriterebbero sicuramente più attenzione?
Tuttavia, per quanto riguarda le quote rosa, io sono a favore. Penso che siano uno strumento per dare visibilità alle donne chef e spronare, così facendo, ragazze più giovani a lottare e andare avanti perché tutto sommato fare carriera è possibile.
In ultimo, dato che analizziamo anche l’aspetto emotivo e psicologico di questo lavoro, sapendo che dividi la cucina con il tuo compagno non solo di lavoro, vorremmo chiederti com’è la vita di una coppia che oltre a stare insieme a casa, passa molto più tempo insieme sul lavoro? Ci sono più o meno tensioni? Il lavoro si “intromette” anche nella vita di coppia, essendo un lavoro di per sé molto stressante e con carichi emotivi importanti?
Io e Francesco lavoriamo a stretto contatto da due anni, per tre anni ho gestito io da sola il ristorante. È stata una scelta più o meno forzata, per riuscire a passare un po’ di tempo insieme, soprattutto i giorni liberi e le ferie (che altrimenti non combaciavano mai). Ci sono i pro e i contro. I pro sono che così riusciamo effettivamente a lavorare come una squadra. Io credo che i lavori complessi siano tutto sommato sempre il frutto di un lavoro di squadra ben coordinato. Poi, a spiccare è magari la figura dello “chef star”, ma la squadra che sta dietro è molto spesso la struttura di tutto il successo. Noi è quello che cerchiamo di fare: ci dividiamo i compiti, valorizziamo le nostre potenzialità, cerchiamo di ottenere il massimo del risultato mettendo insieme le nostre differenze.
I contro sono che spesso non riesci a limitare la vita lavorativa, tendi a lavorare di più e questo può creare stress e tensioni. Fa parte del gioco, si cerca di comportarsi con rigore.
Ringraziamo moltissimo Chiara Pavan per la sua analisi perfetta delle sfaccettature del ruolo della chef in una ristorazione ancora molto maschile, ci ha guidato nelle sue riflessioni toccando, secondo noi, molti dei punti nevralgici di cui bisognerebbe occuparsi per la ristorazione presente e futura, creando così un ambiente di lavoro stimolante e inclusivo che permetterebbe a grandi talenti di emergere.
Fateci sapere cosa ne pensate, a presto con una nuova Track che vedrà protagonista un altro chef…siete curiosi? Allora seguiteci e lo scoprirete.
Next Track – LIKE A GIRL Nel frattempo se volete passare un po' di tempo accompagnati da un po' di musica vi lasciamo il link della Compilation creata per questa rubrica. Siete curiosi di sapere quali saranno i prossimi temi…cercate di scoprirlo attraverso i brani.
La Playlist - The Dark Side of Restaurants
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