“The Secret Ingredient is Love” a l'Osteria Partenope vanno in scena i vini Kandèa.
Esiste un posto al Vomero nascosto dal caos urbano..defilato dallo struscio e dal frenetico rumore delle auto e dei passanti. È un posto non comune, non banale, ove solo chi è davvero interessato si ferma. È un posto che pur essendo piccolo ha una grandezza estrema, fatta di ospitalità e profumi, di ricordi ed ambizioni, di tradizione…di casa. È L’Osteria Partenope.
A dirigere l’orchestra c’è Fabio Messina, proprietario ed oste “unconventional”. In sua presenza ogni formalismo gastronomico è abbandonato, va in scena la vera cucina e la vera accoglienza. Fuori dagli schemi come detto per la sincerità ed il modo di accogliere (alla vecchia maniera) i propri clienti. Rompe il ghiaccio dei formalismi mostrando la sua vera essenza, fatta di sincerità e di indipendenza. Senza peli sulla lingua e senza tanti giri di parole: se ha qualcosa da imputarvi ve lo dirà senza problemi, come pure elogiarvi.
Compagna in sala e nella vita è Mariagiovanna che col suo sorriso permanente accoglie e si prende cura dei commensali.
È di Fabio l’iniziatriva “The Secret Ingredient is Love”: quattro appuntamenti per quattro giovedì, ove quattro aziende raccontano la loro storia d’amore con il vino.
Dopo il successo del primo incontro tenutosi il 9 luglio con Tenuta del Cavalier Pepe, lo scorso giovedì è andato in scena il secondo appuntamento con KANDèA.
Ecco come è andata.
Come per la prima di queste quattro serate, l’Osteria Partenope ha delineato un menu ad hoc per accompagnare le diverse tipologie vini in scena. Un menù semplice ma perfetto, in cui tradizione insita di tocchi d’innovazione, hanno permesso di apprezzare l’originalità de l’Osteria mostrandone un animo grunge.
Quelli di Kandèa sono vini fatti di passione, dedizione e amore per la propria terra. Di proprietà della famiglia Tullio Cataldo, l’azienda è presente sul territorio da generazioni e conduce circa 700 ettari. Amano definirsi “i vini della terra di mezzo” proprio per la loro posizione geografica che abbraccia terreni posizionati tra Puglia, Campania e Basilicata.
“Abbiamo così selezionato solo i migliori 20 ha sui circa 600 della famiglia Tullio Cataldo per piantarvi le Viti ed unire alla sfida imprenditoriale l’amore per il vino, i suoi profumi, colori, sapori, e soprattutto l’amore e la riconoscenza per la nostra terra..” così ci racconta Antonio Tullio Cataldo presentandoci i suoi prodotti.
“Il nome, “terra di mezzo”, anche se evoca panorami tolkieniani, è la semplice constatazione della confluenza di tre regioni, con i rispettivi areali, in uno stesso lembo di terra: Il Vulture della Basilicata, Sannio ed Irpinia Campana e la Daunia di Puglia..”. Continua ancora Antonio, “ Qui, nella terra di mezzo, confluiscono l’incredibile ricchezza di minerali del Vulture e quella proveniente dalle montagne dell’Irpinia e del vicino Sannio per effetto del dilavamento secolare dei loro terreni. L’incrocio tumultuoso dei venti caldi della Daunia con quelli freddi dell’Irpinia genera forti escursioni termiche, l’altissimo numero di ore di luce solare diretta ed indiretta che, a 300 metri s.l.m., “bagna” i nostri vigneti, sono solo alcune delle condizioni pedoclimatiche che fanno della “Terra di Mezzo” una terra di confine, unica e ideale per la produzione di Vini di Eccellenza”.
L’azienda non ha bisogno di presentazioni, ormai da diversi anni si posiziona stabilmente ai vertici di Radici del Sud producendo successi indimenticabili.
Ad alzare il sipario, oltre ad un’introduzione curata ed avvincente fatta dal grande Salvio Parisi, ci pensa la Bolla d’Oro, bollicina fatta all’85% di Bombino, arricchita di Falanghina e Greco, ottimo risultato che col suo dosaggio di zuccheri va ad affiancarsi a gamberi mandorlati con dressing allo yogurt e wasabi.
Un piccolo ma intenso viaggio dal golfo di Napoli al Sol Levante. Un prodotto fresco, versatile e non troppo complesso, ideale come “ape” ma perfetto anche a tutto pasto, che sgrassa il palato senza prevaricare la portata.
Si continua poi col Biancofiore, un connubio di voluttà che dagli albori del suo concepimento, rapisce i sensi con la sua ossidazione e seduce i palati con la sua rotondità, stuzzicando la mente ed elevando il corpo ai piaceri divini.
Un Fiano 2015, giallo paglierino tendente all’oro; complesso al naso mentre al palato si dispiega in modo pieno, morbido e grasso sostenuto da una piacevole e fresca acidità, perfetto sul risotto al pesto di rucola con scampi e stracciatella ove il fumetto di carapaci zampillava sulle corde del fiano, scivolando sulla scia della stracciata e risalendo pian piano al palato.
Il Cherrug poi è un momento di pausa. La quiete perfetta per una introspezione momentanea. Un Nero di Troia in purezza il cui nome (Cherrug appunto) si rifà al falco sacro di cui si narra nel “de arte venandi cum avibus”, un’opera di valore incommensurabile scritta, qualche secolo fa, da Federico II di Svevia sulla falconeria. Lo stesso logo di Kandèa, ed il naming dei vini infatti, si rifanno a quei tempi, durante i qualiFederico donò a quella terra tanta storia da scoprire e da raccontare.
Un Nero di Troia dotato di forte entità, ma non per questo aggressivo ed irruento, piuttosto morbido ed elegante, con tannini finissimi e quei sentori di ribes, lamponi e per finire cioccolato che racchiudono in un solo sorso sensazioni acide a quelle calde del cioccolato appunto. Le stesse sensazioni e le stesse note organolettiche presenti nel suo compagno di serata: il calamaro ripieno di scarola, bieta e friarielli con cremina di piselli.
Ultimo ad esibirsi, ma non per questo di interesse minore è il passito Tarì: 100% Moscato, il cui appassimento dei grappoli avviene direttamente sulla pianta, per terminare poi con un passaggio in legno.
Un prodotto “dannatamente” addicted!!! dotato di grande personalità olfattiva e gustativa. Qui l’albicocca, il fico, il dattero, il miele e la scorzetta d’arancia insieme a fiori e quel sentore erbaceo che ti invoglia a berne ancora un po’, lo rendono un prodotto di grande interesse, ideale e perfetto con formaggi erborinati e foie gras e la pasticceria secca, come il biscotto con crema di latte: un’esplosione delicata, che rievoca l’infanzia e lo scricchiolio della carta delle caramelle.
Il vino è come un momento di pausa che la storia si prende, è come la somma di piccoli frammenti di tempo che si condensano. La cantina è d’altro canto il luogo in cui questi frammenti si materializzano in anfore contenenti vino. Si è sempre certi quando si scende in cantina ma non si è mai sicuri di risalire da questa. È lì che il vino si concentra, matura, come se nascesse dal mondo di sotto. Lontano dai tumulti, dalle passioni, dalle vicissitudini del tempo, il vino elabora il segreto di ogni bottiglia perché non si sa cosa è, come diventerà, se bisogna aspettare ancora o se è già pronto ad aprirsi.
Ma questo segreto a noi Fabio ce l’ha svelato…questo segreto.. è l’Amore.