Torrone dei Morti: storia, miti e leggende con i protagonisti della pasticceria napoletana

Francesca Brunzolun 31 ott 2022

A Napoli esiste da sempre una tradizione non scritta ma documentata da fatti, storia e cibo: gli eventi –soprattutto quelli tristi- vanno sempre addolciti. In fondo l’amaro si combatte con il dolce.

E sarà per questo che anche il 2 Novembre, in un giorno che ricorda le assenze, le perdite, le mancanze si prova a svoltare lo stato d’animo con un pensiero felice: il torrone dei morti.

C’è da chiedersi come si pensare alla creazione di un dolce che celebri un giorno così, eppure se si va un po' più a fondo della superficie ci si immerge in un cuore molto più tenero. Proprio come il nostro torrone dei morti, che appunto per la sua morbidezza, viene spesso chiamato ‘o muoll a Napoli.

Ebbene, Napoli è nota per il suo rapporto con i morti; è una città ricca di esoterismo e posti oscuri forse per le sue mille leggende o per i suoi luoghi colmi di mistero e ambiguità. O forse, semplicemente, perché a Napoli i morti sono vivi.

Credenze, Fantasmi e Leggende.

Uno dei simboli di Napoli, tra i più popolari e tra i più ”misteriosi”, è il Sangue di San Gennaro. Il miracolo del sangue che “si scioglie”, che torna ad essere fluido, la dice lunga sul rapporto dei napoletani e di Napoli con le credenze e con l’aldilà. Da via Duomo ci dirigiamo verso Via dei Tribunali con Napoli Sotterranea con il dispettoso Munaciello. che in realtà, era il pozzaro che attraversava quei canali indossava un saio e le persone lo scambiavano per un fantasma.

Proseguendo su via dei Tribunali ci si imbatte nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco in cui è conservato il teschio di Lucia (“teschio col velo”), un’anima pezzentella. La credenza vuole che i vivi, onorando la memoria dei loro defunti ne facilitino l’ascesa al Paradiso; ma a Napoli si va oltre e si pensa a quelle anime che sono state abbandonate, che non hanno avuto che solitudine e che presumibilmente nella stessa condizione vivranno nell’aldilà. Così i napoletani danno vita alla pratica di adottare un teschio (sede dell’anima) rendendogli onore, aiutando l’anima ad ascendere al Purgatorio. L’anima pezzentella (dal latino petere: chiedere per ottenere), anima anonima o abbandonata, invoca il refrisco, l’alleviamento della pena, e colui che l’ha adottata, la persona in vita, a lei chiede grazia e assistenza. Queste anime sono considerate ponti per l’aldilà ed un modo per comunicare con i propri morti. Ed il culto delle anime pezzentelle rende celebre un altro luogo: il Cimitero delle Fontanelle, a Materdei.

Scendiamo su via De Sanctis e ritroveremo il tempio dell’esoterismo napoletano: Cappella San Severo, legata alla figura del Principe Raimondo di Sangro alle cui capacità alchemiche ed esoteriche, secondo il mito, si devono la realizzazione del Cristo Velato e delle Macchine Anatomiche. Si narra che insegnò allo scultore del Cristo, il Sanmartino, il segreto della marmorizzazione del velo e che uccise due servi per studiarne il sistema circolatorio con metodi alchemici (ancora oggi i vasi sanguigni sono distinguibili). Ma alla sua morte è legato l’episodio esoterico più eclatante: si dice che il Principe si fece tagliare in pezzi per potersi poi ricomporre nella bara, ma i familiari aprirono in anticipo la cassa e lui, nel rialzarsi, ricadde subito con urla strazianti.

Rispettivamente a Piazza San Domenico Maggiore e nel Chiostro di Santa Chiara pare si aggirino i fantasmi di Maria d’Avalos e della Regina Giovanna. La prima fu uccisa dal marito dopo averne scoperto l’adulterio e, da quel momento, gli abitanti della zona raccontano di riuscire ad udire il pianto di dolore dello spirito di Maria che vaga tristemente. Sulla morte della seconda aleggia ancora oggi il mistero, anche perché non si sa dove fu sepolta. Quando appare nel Chiostro, cammina a capo chino piangendo e chiunque incroci il suo sguardo può morire poiché lei è ancora in collera per l’assassinio subito.

Ancora possiamo ricordare Palazzo Donn’Anna, la dimora della regina Giovanna d’Angiò che uccideva tutti i suoi amanti. E a quanto pare le anime di questi giovani sventurati tuttora si aggirino emettendo terribili lamenti nei sotterranei dell'antica dimora. Sempre fantasmi si dice abitino il Palazzo degli Spiriti (Marechiaro). Si dice che in passato i pescatori di notte udissero una dolce melodia provenire dal Palazzo e che, da un suo arco, si intravedesse una figura illuminata che suonava la cetra.

IL TORRONE DEI MORTI: storia ed evoluzione.

È fuori discussione che Napoli abbia una relazione molto intima con i defunti. Il mondo dei morti ha sempre avuto un forte ascendente su tutto il popolo napoletano che ha sempre creduto in un contatto costante con l’aldilà e che a separarcene ci sia un velo molto sottile.

Sulla base di questo rapporto e della credenza che ci sia una connessione costante, nonché uno scambio di bene e beni, nasce la tradizione del torrone dei morti.

La Campania, in particolare a Benevento, c’è una lunga storia legata al torrone che risale ai tempi dei romani, quando il torrone era chiamato cupedia, traducibile come: ‘sregolato desiderio di cibi delicati’, che nel suo passaggio dal latino al dialetto divenne cupeta, di cui si ha prima testimonianza in Benevento nel 1544. Dal ‘700 si inizierà a parlare di “Torrone”, dal verbo latino torréo cioè abbrustolire, tostare (nocciola o mandorla appunto). Ma il torrone di cui parliamo per la festa dei defunti è diverso da quello classico: non si tratta del classico torrone duro di miele e mandorle, ma di un torrone morbido e cremoso.

Il torrone dei morti ha come ingrediente principale il cioccolato -invece del miele- e spesso è ripieno di nocciole intere.

A Castellammare il torroncino diventa “personalizzato” per forma, colore e addirittura per la frase che viene richiesta al pasticciere. E a Napoli l’usanza sembra sia anche legata alla forma e al colore delle confezioni tipiche dei torroni che ricordano proprio le sagome delle bare e che, da qualcuno, vengono ancora chiamate ‘o murticiello. Sempre a Napoli, un particolare torrone a forma di sigaro, fatto di zucchero e mandorle, è chiamato “ll’uosso ‘e muorto”.

Il torrone dei morti ha così tanta importanza perché rappresentava un omaggio che i vivi preparavano per i defunti e per il loro viaggio ma era anche un dono che i defunti stessi, a loro volta, offrono dal cielo per ringraziare della visita fatta alle loro tombe. Per queste ragioni non era così strano trovare delle pietanze sulle tombe dei nostri avi o presso i loculi, un gesto che testimoniava la credenza che l’anima del caro estinto potesse tornare per qualche ora a far visita ai suoi parenti. Addirittura in alcuni comuni del vesuviano, nell’attesa che l’anima del caro trapassato tornasse nella notte tra il 1 ed il 2 novembre, veniva preparata una “spartana” cena composta da due fette di pane, un pizzico di sale, del limone ed un bicchiere d’acqua nella stanza più bella della casa destinata proprio ad onorare l’anima. Tradizione che resta viva tutt’oggi perché ancora si lascia il torrone a tavola per far sì che vivi e morti si uniscano nel festeggiamento ringraziandosi a vicenda.

DOVE ACQUISTARE IL TORRONE DEI MORTI

Oggi il torrone dei morti è immancabile sulle tavole campane nei primi giorni del mese di novembre e anche se magari non tutti ne conoscono i legami con le credenze, a nessuno viene in mente di farselo mancare. Col passare degli anni, la ricetta ha subito delle variazioni più “moderne”: la crema interna è preparata con i gusti più svariati (cioccolato, caffè, mandorla, fragola, pistacchio, cassata, zuppa inglese, tiramisù) e con l’aggiunta di frutta secca o candita; la forma si è evoluta da trapezoidale a semicerchio, per sfilarsi un po' di dosso quella ricordo di “bara” che inizialmente si voleva cercare di tributare. In più le varie pasticcerie ne hanno fatto gusti proprio variando anche le consistenze all’interno.

Abbiamo voluto darvi qualche suggerimento e ci siamo fatti raccontare, dalla voce di alcuni grandi della pasticceria a Napoli, la loro idea di Torrone dei Morti.

Pasticceria Scaturchio - Ferdinando Femiano, retail manager, e Giacomo Cautiello, direttore di produzione (Napoli)

“Una pasticceria storica, la nostra, che ha sempre avuto come punto di riferimento ogni festa che si potesse rispettare. Un dolce per ogni celebrazione. Il torrone si consuma principalmente tra 1 e 2 Novembre a Napoli, a differenza di altre zone di Italia in cui se la gioca con il Natale. Noi ne facciamo di vari tipi: imperiale, che è a base di zucchero e nocciole mischiato poi con gianduia, cioccolato fondente o con la nocciola stessa; poi c’è quello di pasta reale, la pasta di zucchero, ai gusti di fragola, pistacchio, limone e sono quelli morbidi.; poi c’è il classico torrone di ferro: mandorle tostate e caramellate; infine il tipico, quello detto bianco cioè il torrone di meringa con mandorle che noi proponiamo anche con nocciola e frutta candita.

La nostra specialità è l’imperiale alla nocciola. Ha un sapore articolare, forte, molto profondo grazie anche alla scelta di nocciole del nostro territorio. Le nocciole sono usate in parte macinate e in parte intere. Il prodotto è unico. Il segreto? Certo, ogni pasticceria mette il suo tocco, per noi è la qualità delle materie prime: anche lo zucchero a velo deve essere raffinato in un certo modo e noi ancora oggi ce lo produciamo da soli; poi usiamo nocciole del nolano, mandorle di bari con una percentuale di grassi molto bassa così che quando vengono cotte o macinate non rilasciano tanto olio. E poi immancabilmente tanta passione.”

Gay Odin - Daria Schisa (Napoli)

“Il torrone è una prelibatezza della tradizione culinaria Campana, una dolcezza che viene preparata in ricorrenza di “Ognissanti” e della Commemorazione dei defunti. Durante il periodo che precede il 2 novembre nella nostra fabbrica volano nell’aria tantissimi aromi e profumi, infatti la preparazione dei torroni è quella che impegna il maggior numero di materie prime. Noci, mandorle, nocciole, pistacchi caffè e ingredienti segreti che nasconde la nostra dolce fabbrica di cioccolato: tutti utilizzati per la creazione di grandi e doppi blocchi ognuno con farciture diverse.

Il figaro, che richiama il cremino. Cassata, caffè, rhum, ghianda, nocciolato, castagna e pistacchio. Questi blocchi vengono poi tagliati a fette ed ognuno può richiederne a volontà!"

Pasticceria Sirica - Sabatino Sirica (San Giorgio a Cremano)

"Negli anni 50, avevo 12 anni quando ho iniziato la mia carriera in un piccolo laboratorio di città dove si lavoravano solo ed esclusivamente ai dolci classici della tradizione napoletana. Venni notato per le mie capacità dalla famiglia Sgambati che volle che lavorassi per loro, nella Fabbrica Sgambati, dove ho avuto la fortuna e l’onore di collaborare con i maestri della pasticceria di quegli anni. Non solo quella esperienza mi insegnò le tecniche che conosco ad oggi, ma mi diede l'occasione di lavorare con macchinari industriali che permettevano di fare lavori con grosse quantità senza, però, mai perdere di vista il discorso della qualità che è stato sempre imprescindibile ed eccellente, essendo Sgambati uno dei nomi più prestigiosi di Napoli in quel periodo.

Il mio torrone è un classico al cioccolato puro e nocciole e differentemente dagli altri, utilizzo una crema tutta mia. Dopo aver tostato le nocciole di Giffoni, le frullo e creo io stesso una crema mescolandole al cioccolato puro. Questo mi consente di avere una pastella naturale."

Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia - Lucio Bellavia (Napoli)

"La mia pasticceria di famiglia nasce a Port’Alba negli anni 20, prima di esser trasferita all’Arenella e aggiungere gli altri 7 locali che sono sparsi per Napoli. Da ragazzino ho iniziato da subito a lavorare avendo l'attività di famiglia, e ha iniziato impastando, come tutti i bambini alla prima occasione in laboratorio. Erano periodi in cui le tradizioni si sentivano fortemente e c’era un legame davvero viscerale con quelle che erano le feste celebrative dei santi e quella dei morti. Paradossalmente per effettuare la lavorazione del torrone dei morti si abbandonava gran parte della produzione perché si lavorava esclusivamente quel prodotto e addirittura per 3 giorni non si vendeva altro. Quindi era un momento importante, sacro, in cui mettere tutto l’impegno possibile per farsi trovare pronti. Il nostro torrone classico è quello da ricette tradizionali quindi con nocciole, con gianduia, pistacchio e l’intramontabile cassata. Dato l’incremento delle richieste un po’ più moderne ci siamo adattati allestendo un piccolo angolo in cui proponiamo anche gusti più moderni (come rocher, nutella, kit kat ) quindi più richiesti dalle nuove generazioni e meno legati alle vecchie tradizioni napoletane"

Casa Infante - Marco Infante (Napoli)

"La tradizione di dolci dei morti è diffusa in tutta Italia ma il torrone dei morti è prettamente campano. È un torrone morbido, a differenza di quello “croccante” che si replica anche in casa. Di solito si fa con le nocciole ma lo si propone a cassata, a castagna, insomma si dà sfogo alla fantasia. Il lavoro di Casa Infante è quello di andare a contaminare la tradizione per avvicinare i giovani alla essa. Il mercato negli ultimi 15-20 anni si è spostato su gusti più golosi, così -con stessa filosofia dei gelati- abbiamo iniziato a lavorare e mettere in vetrina gusti che siamo più al passo con le esigenze del cliente e che potessero accattivare anche i più piccoli con gusti più vicini al loro mondo. "

"Abbiamo il nostro famoso nocciomandorlacchio che ha una ganache di nocciola mandola e pistacchio; abbiamo l’ultimo nato, il cocoboom: torrone alla vaniglia con cocco, rapè tostato e cioccolato bianco. Ci sono poi il torrone a cremino, al liquore strega e arachidi e caramello; c’è pistacchiato, delizia a limone. Proponiamo anche torroni con biscotti. In totale ci sono 40 gusti diversi. Preciso che noi anche nei torroni sposiamo la filosofia del nostro brand Ciucculatelle che è specializzata in lavorazione di cioccolato quindi tutti i nostri torroni sono fatti con una lavorazione di cioccolato puro callebaut e quindi ogni torrone ha una propria ganache fresca dedicata."

Leopoldo - Leopoldo Infante (Napoli)

“Ci siamo, siamo a ridosso del giorno più importante per il torrone a Napoli. Il torrone dei morti è una stecca composta da cioccolato morbido, denso, che quando tagliato è possibile averlo nella tradizionale forma di “fetta”. Noi lo proponiamo Classico, ovvero con base di cioccolato con nocciole intere, ma abbiamo anche caffè, mandorla pistacchio, torroncino strega. C’è una infinità di gusti per proporre il torrone: melanzane e cioccolato è un accostamento della tradizione che qualche anno fa rilanciammo. Il mio preferito, quello che mi fa fare “gli occhi a cuoricino” è il classico, forse anche per la vocazione di pasticceria che ho, salda sulle tradizioni. E poi forse perché sono nato il 31 ottobre quindi ho ricordi di un’unica grande festa in quei giorni.

Devo anche ammettere che con l’arrivo della festa di halloween in Italia siamo stati aiutati, anche perché noi napoletani siamo bravi a mischiare, ad unire le cose.”

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