Camerieri in fuga: De Luca e la proposta ai percettori di reddito di cittadinanza, soluzione o palliativo?
Vincenzo De Luca carenza di lavoratori stagionali nella ristorazione e la sostenibilità sociale
La carenza di lavoratori - stagionali e non - nel settore della ristorazione (ma non solo!) è una problematica evidente, chiara e conclamata. Basta scrollare qualsiasi social per rendersi conto di continui annunci e richieste.
Ve ne abbiamo ampiamente parlato anche su queste pagine, con una inclementata rinforzata alla Lucifero e proprio in quelle righe si sottolineavano gli effetti del reddito di cittadinanza sulla carenza, non perché non sia un mezzo giusto -avesse avuto la funzione per cui è stato pensato- piuttosto in qualità di livella per la proposta economica lavorativa standard nonché l'inquadramento del personale.
Non siamo stati i soli a pensarla così e ad oggi arriva, dalla Regione Campania, lo stesso spunto di riflessione. Infatti proprio di poche ore fa è il video intervento del Presidente Vincenzo De Luca che ha esposto chiaramente l'intoppo creatosi nel circolo "offerte di lavoro - stagionalità- reddito di cittadinanza".
Riportiamo testualmente l'intervento del governatore:
"Premetto: sono assolutamente d’accordo a dare un reddito a chi non ha il pane, ma non sono d’accordo a tollerare degenerazioni, speculazioni e parassitismi.
L’ipotesi che io rilancio è questa: siccome oggi in Italia le aziende agricole, di trasformazione agricola, i ristoranti, gli alberghi, gli stabilimenti balneari fanno fatica a trovare lavoratori stagionali, perché molti che percepiscono il reddito di cittadinanza non sono più disponibili ad accettare questo tipo di impiego (o magari lo fanno a nero per non perdere il sostegno), senza far perdere a nessuno il reddito di cittadinanza (o altre forme di ammortizzatori) le aziende potrebbero dare ad integrazione 500 euro al mese per il lavoratore stagionale. Per cui un percettore del reddito di cittadinanza, sommando le due cose, può arrivare a 1200-1300 euro al mese. Se è necessario si può erogare anche un bonus per il trasporto del lavoratore.
Si può, in questo modo, proporre al percettore del reddito di cittadinanza un lavoro stagionale, con la clausola che se si rifiutano 2-3 proposte, si perde anche il reddito.
Così si fa un lavoro di moralizzazione, di trasparenza e, insieme, di sostegno alle imprese e alle persone in cerca di lavoro, che continuerebbero a percepire il reddito di cittadinanza anche dopo la fine dell’impiego stagionale.
Facciamo qualcosa di utile per queste persone. per lo Stato e per le imprese che non riescono più a trovare manodopera.
C'è già qualcosa previsto dalle norme nazionali ma credo sarebbe opportuno fare un qualcosa prettamente per il reddito di cittadinanza: potremmo raccogliere la domanda da parte delle aziende e con i centri per l'impiego convocare 1, 2 o 3 volte i percettori di reddito di cittadinanza."
Ebbene: potrebbe essere una soluzione? Può darsi!
Intanto continuiamo a pensare (tanto io quanto L'inclemente e Lucifero) che fino a quando la ristorazione ma anche tutto il settore delle aziende di produzione e trasformazione agroalimentare non inizierà seriamente ad essere umanamente sostenibile, ad offrire paghe e soprattutto condizioni adeguate al lavoro richiesto che sia nel senso di ore effettive di lavoro, che sia per ambienti sicuri e tutelati, che sia per inquadramento del lavoratore, che sia per progettualità e sostegno dell'individuo, che sia per possibilità di crescita e formazione... beh, fino a quel momento non ci sarà una luce in fondo al tunnel né la voglia di cercarla!
Perché fin quando le eventuali entrate con l'impiego offerto saranno al pari della quota elargita dal sistema di sussidi e ammortizzatori sociali, fin quando si permetterà il lavoro nero (perché non dobbiamo dimenticare che per ogni lavoratore illegale c'è almeno un datore di lavoro che offre o accetta di prestarsi a tale pratica), fino a quando i prezzi sui menù non si adegueranno realisticamente ad una cifra che possa coprire TUTTE le spalle, fino a che pure il cliente non guarderà ogni giorno (e non solo in post lockdown) al proprio impiego di tempo libero come occupazione dell'altro, fin quando non si farà un reset di opinioni e non si ripartirà dall'idea che va retribuito anche il tempo che un fornitore di servizi ha impiegato per divenire tale, se non si uscirà dal loop della ricerca dello stagista o del lavoratore occasionale che necessita del lavoro e quindi si trasforma un diritto che dovrebbe dare dignità in un dovere che la calpesta, finché il singolo non baderà alla totalità e la totalità non capirà che è fatta di singoli; fino a quando tutto ciò non prenderà forma, non si potrà aspirare ad una quadra né tantomeno alle fondamenta di una sostenibilità sociale che ad oggi si è dimostrata l'unica via per rendere costante e duraturo un rapporto. Di qualunque genere.
Nulla si crea e nulla si distrugge (anche in economia), oltre la sostenibilità ambientale è necessaria una sostenibilità sociale.
Ogni qualvolta ottenete un vantaggio economico pagando qualcosa meno di quello che realmente dovrebbe costare (che so, il tonno in scatola al supermercato, la pizza al tavolo a 3 euro etc etc), c'è qualcuno che sta contribuendo pagando la parte mancante con un lavoro mal retribuito (dalle nostre parti) o con una vera e propria forma di schiavismo (se guardiamo ai prodotti a basso costo che troviamo al supermercato provenienti dall'altro capo del mondo).
Resta vero che se ci sono, ad oggi, determinate condizioni è perché fino a ieri ogni singolo lavoratore che ha svenduto il proprio lavoro, la propria prestazione, il proprio tempo ha contribuito a generare questa situazione. Una situazione che la generazione che si trova adesso a cercare lavoro non potrà accettare, e parlo di coloro che hanno desiderio di scendere al mattino e mettersi in gioco ma con la possibilità di non vedere sottostimato il proprio impegno; parlo di coloro che si affacciano o che sono da poco pronti al mondo del lavoro e che a differenza dei loro predecessori hanno investito soldi e tempo nella propria formazione. Una generazione che oltre a dover affrontare le insidie di un mondo già difficile di suo si è trovata a fare i conti con una verità impossibile da celare: l'incertezza di un intero settore, il passaggio della ristorazione da oasi di investimenti a campo minato.
Si parla sempre più spesso di "vendere esperienze e non solo cibo". Sarà arrivato il momento di ricordarsi che senza qualcuno a costruirla in ogni piccolo tassello quella esperienza non esisterebbe?
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