Champagne 11,12,13 brut nature Ruppert Leroy il mito sempre più difficile da trovare
Champagne Brut Nature Ruppert Leroy
Si dice che Jacques Selosse ami bere gli champagne di Ruppert Leroy.
Lo ha dichiarato tempo fa in una intervista. E dopo avere provato il suo brut nature, la cosa ci sembra molto verosimile.
Poche bottiglie prodotte, pertanto sono ridotti i numeri di quelle concesse a ristoranti e enoteche. A Napoli è un suo appassionato fan l’oste Claudio Tramontano di Puteca Wine Bar, dove appunto abbiamo stappato questo gioiellino dorato.
Gerard Ruppert, già negli anni settanta si è fatto notare per essere un vigneron visionario,
con le proprie idee e convinzioni da adottare sia in agricoltura, che come interprete del vino più famoso al mondo - lo champagne. Da allevatore di pecore a vignaiolo, nei terreni agricoli in affitto a Essoyes, un intuito geniale ragionato negli anni 80, quando l’attività di pastore non era più sostenibile.
Siamo nell’Aube, al limite sud orientale della denominazione, a soli cinque chilometri dal confine con la Côte d'Or, dove Gerard e sua figlia Benedicte avevano bene inteso che le uve si esprimessero magnificamente, dando il via a un territorio di frontiera e innovazione nel mare magnum degli champagne, uscendo totalmente fuori dalle convenzioni e abbracciando i principi della biodinamica. Segnano il passaggio importante da territorio di conferitori di uve alle grandi maison, a terroir degli champagne naturali di grande espressione. Fatale poi si è rivelato l’incontro con Pierre Overnoy , mito del vino naturale del Giura, che ha trasferito loro i preziosi saperi conquistati nel tempo., e con una certa generosità. Un’ illuminazione che li ha fatti letteralmente decollare.
Nel 2009, intanto, Benedicte rileva l’azienda insieme al marito Manu Leroy, da ex insegnanti d’inglese a miti degli champagne nature. Manu, forte delle sue conoscenze nell’edilizia agricola, costruisce la casa e la cantina in mattoni, con tetto in legno e isolamento di paglia, dando forma al sogno che da tempo inseguivano, su quei piccoli cinque ettari di terra. Conducono insieme una fattoria con cavalli, mucche, pecore, galline e coltivano in proprio i cereali per la loro alimentazione. Un circolo di vita che si chiude nel loro nome e intorno alle proprie idee, dove si può lavorare, produrre, in armonia con l’ambiente, e per di più, riuscendo a dare vita a grandi champagne. Marne e terreni gessosi, ogni etichetta esprime il singolo vigneto, e lo fa divinamente.
Si racconta anche che si sgomiti non poco per accaparrarsele e che, addirittura,
indirizzi dove è difficilissimo prenotare a Parigi, come Le Châteaubriand, Septime e Vivant, facciano di tutto per avere gli champagne Ruppert Leroy nelle proprie nobilissime cantine.
Ecco, questo basta ad evidenziare il privilegio di averne stappato uno sui Gradoni di Chiaia, a Napoli, praticamente in accesso ai Quartieri Spagnoli.
Champagne 11,12,13 Brut Nature Ruppert – Leroy
Segue il metodo perpetuo per assemblare le diverse annate, dalla 2011 alla 2020, di chardonnay e pinot noir presenti quasi in uguale misura. Unico champagne della maison prodotto con uve di più parcelle, elevato in botte grande e barrique per circa venti mesi. Dosaggio zero. Dorato e lucente, lo devi aspettare nel bicchiere, concedergli tempo e cambierà più volte. Sa di sasso marino, poi di erbette selvatiche, bellissimo l’agrume dolciastro che ricorda il cedro, ma anche la citronella, lo zafferano, il pompelmo rosa. Bocca carnosa, gioiosa, sì il senso di gioia e luminosità, è costante e contagioso.
Una boccia è troppo poco!
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