Diego Rubino: Delivery, perché chiudersi? Abbiamo studiato un packaging sicuro e funzionale a mantenere intatta la qualità del prodotto a lungo raggio
Diego Rubino manager di Inpact: "Abbiamo la soluzione per effettuare un asporto di qualità"
Diego Rubino manager e anima di Inpact l’azienda che produce innovativi imballaggi, ma soprattutto pakaging per la ristorazione da asporto e delivery. La sua opinione in merito al dibattitto sul day after avviato nel settore da Foodclub ci interessa moltissimo.
Allora Diego che cos’è Inpact?
Un’azienda giovane che ha sviluppato il concetto di “tailor made”, cioè la creazione di un packaging studiato brevettato su misura del cliente con materiale riciclabile, e quindi sostenibile, certificato in tutta la sua filiera, Un imballaggio sicuro che preservi la qualità originale del prodotto e che più si avvicina a quello consumato in loco.
Specialità pizzerie,mi pare.
Sì, siamo specializzati soprattutto per il mondo delle pizzerie e abbiamo avuto il riconoscimento anche da AVPN l’Associazione Verace pizza Napoletana. Con loro abbiamo discusso i particolari a partire dalla regola principale in base a cui la pizza si mangia in pizzeria e da quella consequenziale, cioè se la porti a domicilio deve ancora essere calda e umida piuttosto che fredda e secca. Così abbiamo sviluppato ogni particolare del cartone di imballaggio, compresa la possibilità di evitare scalfitture con il taglio degli spicchi all’interno del pack o la dispersione del condimento. Un bel lavoro che non si è fermato mai, tuttora in progress con metodologie sperimentali e scientifiche che non lasciano nulla all’improvvisazione. Ovviamente, ci sono concorrenti che ci copiano maldestramente e cercano di piazzare dei pezzotti a metà prezzo. Ci sono pizzaioli che ci cascano a scapito della qualità nella consegna
In particolare, qual è il vostro gioiello?
È il nostro know how, la nostra capacità di aver progettato un contenitore che conserva la qualità della pizza o del fritto discutendone soprattutto con il cliente, ovvero creando spesso ex novo delle soluzioni adatte alla tipologia di prodotto del locale che serviamo. Con la Rosticceria La Padella di Piazza Arenella al Vomero abbiamo fatto un lavoro comune durato oltre due anni per calibrare il risultato. Loro che fanno fritture da 50 anni ci hanno fatto capire come deve essere un imballaggio. Spesso accade pure il contrario, cioè che nella valutazione della prefattibilità diamo degli input rispetto alle caratteristiche che la pizza o il crocchè, ad esempio, debba avere per raggiungere il cliente a casa nelle migliori condizioni.
In base anche alle distanze dal locale vuoi dire?
Sì, ci è capitato discutere con pizzaioli e alla fine si riesce ad allargare il raggio della delivery dai 500 metri ai 2,5 km. Un bel successo. Insomma, tutto dipende dal microclima particolare che il nostro sistema di pack riesce a creare. Siamo leader in questo, ed è il nostro orgoglio.
Ma com’è che la delivery oggi sembra essere il punto centrale della ripresa dell’attività?
Ci sono tanti punti vendita soprattutto all’estero il cui core business è esclusivamente la delivery. Cioè, nascono e campano per questo. In Italia c’è stato un aggiustamento del tiro, cioè ci sono locali che fanno “anche” la delivery e nonostante abbiano per questo un costo dal 20 al 30% da destinare alle aziende che fanno questo servizio, ne escono tranquillamente.
Perché? Spiegacelo.
Ma è chiaro che alla base di tutto ci sono due condizioni essenziali. Uno la qualità del prodotto che non deve essere assolutamente rovinata durante il trasporto. E questa è la nostra mission. Noi facciamo imballaggi per questo: portare prodotti in maniera salubre e quanto più vicini alla realtà originaria. Due, il rapporto qualità prezzo deve essere vantaggioso. Se tu vuoi vendere una pizza a 3,50/4 euro non ce la farai mai, nemmeno se stai solo tu al bancone e tua mamma al forno. Il concetto di fondo è che non si può vendere una margherita a 3,50 euro. Ecco perché girano pack di cattiva qualità e per giunta venduti al nero.Se tu fai una delivery di qualità al prezzo giusto è il combinato disposto che ti fa guadagnare, non perdere. Questo perché hai riduzione del costo del personale in più per la sala. Oggi la ripresa, in alcuni casi, dovrà portare alla rimodulazione proprio del numero del personale. Poi, se decidi di fare una delivery di prossimità entro i 300 metri la puoi organizzare con un tuo garzone interno e non avere il costo esterno. Domani, no dopodomani, la scelta vincente sarà quella basata sulla professionalità. Basta improvvisazioni e precarietà. In tutto. Altrimenti non resta che non aprire. Ma se decidi di riaprire, per quanto meno far girare l’attività, e sarai capace di mantenere il giusto rapporto qualità-prezzo, il problema non sorge.
Ma quanto costa un imballaggio di qualità superiore?
Io penso che sia lungimirante investire nel miglior packaging. Noi vendiamo a 45 centesimi, mentre ne trovi a 12. Il food cost tra imballaggio primario e secondario, cioè pack più shopper, se si sceglie Inpact si aggira intorno al 6,5%. E ti sto parlando di una comanda media, cioè del contenitore pizza, di quello dei fritti e dello shopper. Ovviamente, qua vale sempre il ragionamento sulla scelta di alta qualità. Se guidi una Ferrari non puoi usare carburante di contrabbando. Chiaro no? Se vuoi continuare a fare una pizza a 3,50/4 euro o continuare a comprare e lavorare in nero certamente oggi ci sono più problemi.
Stai studiando correttivi per la fase 2 nel packaging?
Sì, li stiamo studiando ancora una volta con AVPN. Ho immaginato tre implementazioni del pack che possono essere singolarmente o contemporaneamente applicate, dando un gradiente progressivo di sicurezza all’imballaggio e trasporto della pizza. Dal minimo consentito al massimo ricercato per la delivery. Cioè, il nostro contenitore avrà una chiusura ermetica, e per aprirlo dovrà avere uno strappo. Il secondo livello sarà un overpack che non potrà mai essere la plastica o la pellicola, un errore mortale che distruggerebbe con violenza il prodotto, ma un materiale che lascia traspirare. La terza lo shopper rielaborato per la sicurezza e l’igiene. Quindi immagina: un blocco sul pack che sarà possibile riaprire solo a domicilio, poi un involucro al pack che darà maggiore sicurezza, ma non distruggerà il contenuto (fino a un max di 4 pizze) e infine lo shopper. Sicurezza massima nella delivery. Ovviamente tutto questo con un costo accettabile.
Ecco il punto dolente, il costo.
Ma guarda io a volte non capisco, se ci pensi bene tanti anni fa il cartone si pagava a parte. Era un costo dichiarato, reso noto al cliente nell’asporto. Oggi io penso che un business plan lo possa fare chiunque. Pure chi adesso è spaventato dalla riapertura nella fase due avendo un’azienda sovradimensionata rispetto a chi è nato esclusivamente per la delivery soltanto. Un po’ di fantasia e tra sostegni previsti dal governo, fra cui la cassa integrazione ed altro, una delivery si può fare, E me l’aspetto proprio da chi ha sempre fatto della qualità una bandiera. Basta organizzarsi, poi ovviamente ognuno conosce i limiti della propria azienda.
Ma perché c’è un freno alla delivery in Campania?
Perché l’altro tema fondamentale è proprio la qualità del servizio di delivery che non può essere fatto al di fuori di aziende specializzate. Non può essere affidato a improvvisati e maldestri driver, diciamo così. Nessuno può immaginare in un post crisi di restare a bocce ferme. Bisogna mettere in discussione le certezze che si avevano e guardare avanti, Chi ha un brand da difendere dagli effetti deleteri del coronavirus deve avere il coraggio di pensare a un sistema di vendita diverso, come è la delivery. Perché chiudersi? Se al contrario si resta imbambolati a guardarsi narcisisticamente nello specchio, continuando a dire come sono stato bello, come sono stato grande, la mia pizza è la migliore del mondo, ecco si resta incantati, appunto. Ma il tempo che stiamo drammaticamente vivendo ci deve far uscire dall’incantesimo. Un po’ di coraggio e la qualità, se ben trasportata, arriva dovunque si voglia.