Il caffè in Sardegna
Storie & Tradizioni, il caffè in Sardegna
Il caffè è uno dei prodotti alimentari che più ha viaggiato. Ha contaminato usanze e creato riti. Si è insinuato, ha pervaso abitudini, sino ad assumere caratteristiche e gusto differenti. La Sardegna ha accolto il caffè e ne ha fatto un’eccellenza che corona l’ospitalità sarda.
“Aspetto un ospite, disse la donna, affacciandosi con una caffettiera in mano. Rosa anima mia come sei bella oggi! Venite avanti…”
Ancora: “… erano allegre e si divertivano delle loro stesse malizie: fu portato il caffè, e si riprese a parlar male delle altre cugine, le sorelle di Antonino”
Sono solo piccole citazioni dai romanzi della Deledda che tracciano e delineano come l’uso di gustare un buon caffè sia radicato nei paesi di Sardegna.
A Thiesi, “sos tiesinos gafeàios”, accolgono gli ospiti con una fumante tazzina di caffè e con i loro “biscotos” da intingere e gustare. A Oliena è il caffè a dettare i ritmi di una visita e prima che si chiuda l’incontro: “a lu piais su cafè”, suggella e celebra momenti speciali con “su pistocu”. Cadenza riti ancora oggi, è abitudine ricordare sas animas al “trigesimo” della scomparsa bevendo bollente caffè.
Il caffè è caldo come l’inferno, nero come il diavolo, puro come un angelo, dolce come l’amore. Sgorga gorgogliando dalla caffettiera e il suo aroma invade la casa. Sia che sia mattino, sia che sia pomeriggio o sera, è sempre l’ora di un buon caffè.
Pregiate porcellane o modeste tazzine accolgono l’aromatico nettare. Collettivo od individuale è un rito sorseggiare l’inebriante bevanda. L’origine del prodotto è abbastanza incerta, abbondano suggestive e intriganti leggende sulla sua scoperta. Si racconta di un pastore di capre etiope, che un giorno vide le sue bestie scornarsi tra loro, sino a buttar giù le siepi del recinto: sembravano impazzite. Il pastore pensò che questo fosse dovuto a ciò che avevano mangiato. L’indomani le riportò sul campo del giorno precedente. Notò che le capre si alimentavano di frutti rossi di un cespuglio verde che cresceva nella zona. La scena del giorno prima si ripeté e il pastore ritenendosi vittima di qualche incantesimo, assaggiò alcune bacche e immediatamente si trovò a danzare con gli animali. Decise di portare i chicchi al monastero e li consegnò al priore e all’erborista. I monaci annusarono le bacche e immediatamente le gettarono sul fuoco perché le ritennero un segno di Satana. Un profumo invitante invase la stanza. L’erborista raccolse le bacche bruciate, le pestò nel mortaio, le fece bollire e bevvé l’infuso; l’effetto fu di euforia. e dalla sua mente sparì ogni segno di stanchezza. Il caffè raggiunse l’Europa con grande lentezza. Gli arabi erano gelosi del loro caffè e serbavano in gran segreto la sua coltivazione. Era proibito portare le piante del caffè al di là della frontiere. Fu nel 1600 che un pellegrino riuscì a far uscire dall’Arabia i semi per raggiungere l’India. Oggi il caffè è coltivato nei cinque continenti: Africa, Arabia, Asia, America Centrale e America Latina. Coffea Arabica e Coffea Robusta sono le più note varietà di caffè e, presentano sfumature diverse, a seconda del luogo da cui provengono. La torrefazione è l’arte che dona al chicco crudo il suo inconfondibile colore e il suo penetrante aroma che ci consente di apprezzare questa universale e confortante bevanda.
Le opere su cartoncino sono dell'artista Cenzo Cocca, con le frasi di Grazia Deledda sul caffè.