Jonathan Nossiter: L'obiettivo? Creare un vero e proprio un museo vivente del vegetale, contagiare le verdure con un po’ dell’attenzione che dedichiamo al vino.
Jonathan Nossiter dopo Mondovino nasce L'Orto Vulcanico La Lupa Lago di Bolsena: sostenibilità e agricoltura
Da regista ad agricoltore: dopo aver girato un documentario sul vino (nominato a Cannes) Jonathan Nossiter ha incontrato la via della terra sposando l'idea che "lavorare con la diversità è essenziale anche per abituarsi alla diversità in altri ambiti dell’esistenza" e che "l'agricoltura possa essere la più intensa battaglia politica possibile".
Jonathan Nossiter era soprattutto un regista e in particolare il regista di Mondovino, un film documentario del 2004 che raccontò la frattura profonda del mondo del vino, tra la forza omologante del mercato guidato dalle grandi aziende, dai critici e dagli enologi di fama, e il lavoro dei produttori legati alle identità territoriali e ai metodi artigianali. Il film ebbe una eco così forte che fu selezionato in concorso al Festival di Cannes; fece abbastanza clamore all’epoca e negli anni è rimasto una pietra miliare per chiunque si interessi di vino.
E proprio il vino gli ha fatto cambiare strada, lo ha portato a lasciare la regia (con un ultimo lavoro nel 2020) e ad intraprendere il percorso dell’agricoltura.
L'obiettivo?
Creare un vero e proprio un museo vivente del vegetale.
Jonathan Nossiter
Nossiter è nato da una famiglia ebrea negli Stati Uniti nel 1961, figlio di Bernard Nossiter, corrispondente estero del Washington Post e del New York Times. È cresciuto tra Francia, Inghilterra, Italia, Grecia e India. Ha studiato pittura al Beaux Arts di Parigi e al San Francisco Art Institute, così come il greco antico al Dartmouth College.
Dopo aver lavorato come assistente alla regia nel teatro in Inghilterra (The Newcastle Playhouse, King's Head), è andato a New York dove ha ottenuto un lavoro spostando mobili per ufficio per il film Attrazione fatale, che ha portato a una posizione come assistente del regista Adrian Lyne per la durata delle riprese. Fu durante le riprese che Nossiter incontrò Quentin Crisp, che in seguito divenne la star del suo primo lungometraggio, Resident Alien.
Da lì poi una serie di lungometraggi che hanno acceso su di lui le luci della critica di Cannes e la nomination ad un Orso a Berlino nel 2000.Il suo quarto lungometraggio, Mondovino (2004), da lui prodotto, diretto, girato e montato, è un documentario ambientato nel mondo reale del vino. È stato nominato per la Palma d'Oro di Cannes nel 2004 (uno dei soli quattro documentari mai nominati nella storia del festival). È stato anche l'unico documentario mai nominato come miglior film europeo ai Césars nel 2005. Una serie di 10 parti derivata dal lungometraggio, che ha anche diretto e prodotto, è stata presentata in anteprima al Museum of Modern Art di New York e pubblicata da Diaphana in DVD in Francia nel 2006. È stato rilasciato negli Stati Uniti nel 2007 ed è stato mostrato in televisione in più di 20 paesi.
Sommelier di formazione, parallelamente alla sua carriera cinematografica, ha realizzato carte dei vini e formato personale per una varietà di ristoranti a New York, Parigi e Rio de Janeiro, tra cui Balthazar, "Rice", "Il Buco" "Man Ray", "Roberta Sudbrack", Claude Troisgros e "Aprazivel".
Il suo libro Taste & Power: The wine world wars, (francese: Le Goût et le Pouvoir), è stato pubblicato nel 2007 da Editions Grasset in Francia, attirando varie reazioni da parte della comunità del vino, tra cui Robert M. Parker, Jr che ha accusato Nossiter di stupidità e fanatismo. Un'edizione inglese del libro, intitolata Liquid Memory e tradotta da Nossiter, è stata pubblicata da Atlantic Books nel 2010.
L'Orto Vulcanico La Lupa: un museo vivente del vegetale
La scelta del luogo
Nel 2016 è nato l’Orto Vulcanico La Lupa: un orto-fattoria che Nossiter sceglie di collocare in un luogo per nulla casuale: è il lago di Bolsena, che ha origine vulcanica e vulcanica è la terra che lo circonda, ricca di minerali e molto fertile. Un suolo promettente per l’agricoltura e per la viticultura, tanto che qui intorno si sono insediati diversi produttori di vino naturale.
I terreni dell’azienda si sviluppano intorno alla casa, sono circa quattro ettari in cui si alternano particelle di orto, di cereali, alberi da frutto e tratti di bosco. C’è anche un laghetto artificiale per la fitodepurazione e la serra-vivaio dove si fanno le piantine prima di trasferirle in campo.
Il focus
Presso L'Orto Vulcanico La Lupa si coltivano centinaia di varietà di ortaggi, più di cento di soli pomodori, che vengono poi lavorati e venduti sotto forma di conserve. L’ambizione, parafrasando le sue parole, è creare un museo vivente del vegetale, un luogo dove si conservano verdure, comprese quelle rare o quasi estinte, sia come testimonianza di un pezzo di mondo a rischio a causa delle monoculture industriali, sia come fonte per rimettere in circolazione semi altrimenti introvabili.
Il Come
Nossiter coltiva senza alcun concime, diserbante o pesticida di sintesi chimica, tenendo le diverse varietà a contatto ravvicinato tra loro. Anzi vorrebbe mischiarle sempre di più.
Sono tutte varietà locali (cioè varietà di diversi territori, adattate in campo nel corso del tempo, attraverso il lavoro dei contadini), oggi difficili da trovare perché soppiantate dagli ibridi – varietà ibridate nell’ottica di massimizzare uniformità e rese.
Le sale
L’entità dell’operazione diventa ancora più lampante quando entriamo nella stanza-archivio dei semi, che ospita vari armadi pieni di bustine; su ognuna è scritto a mano il nome della varietà e la data di raccolta.
La collezione più vasta è quella dei pomodori, da cui pescando a caso saltano fuori il gigante di Torino, il giallo di Capaccio, la tigrella bicolore, il rosa di Rofrano, la Grosse Hative d’Orléans e lo scatolone di Bolsena, una varietà abbastanza nota eppure poco coltivata.
Di fianco all’archivio c’è la sala di lavorazione delle conserve, dove i pomodori diventano salse o pelati. Si lavora con interventi delicati, dai tagli dei pomodori alla temperatura del bagnomaria, che non supera gli 85 gradi per non impoverire le qualità organolettiche. Il raccolto del 2021 è sugli scaffali, il colore dentro ai barattoli va dal giallo al rosso mattone, passando per vari toni di rosso.
Le conserve sono monovarietali perché si vogliano studiare le singole varietà, come cambiano in funzione della data di raccolta, ma anche del tipo di terreno in cui crescono e della quantità di acqua d’irrigazione. Questo fa sì che di alcune varietà abbiamo cento barattoli, di altre solo tre o quattro.
"Non è virtuosismo o snobismo,
è una questione di ricerca, di ascolto delle piante, di esaltare le singolarità dei pomodori e la loro espressione del terroir. Lavorare con la diversità è essenziale anche per abituarsi alla diversità in altri ambiti dell’esistenza."
L'approccio: contagiare le verdure con un po’ dell’attenzione che dedichiamo al vino
Lo studio sulle varietà prosegue in cucina, con l’aiuto della cuoca e principale collaboratrice dell’Orto Vulcanico, Valentina Bianchi. Con lei si sta cercando il miglior modo di rispettare l’integrità dei sapori, ad esempio ci sembra che le dominanti del gusto dei pomodori siano tre: una minerale, una vegetale e una fruttata. È chiaro che questo tipo di approccio agricolo e gastronomico rimanda a quello del vino, e anzi Nossiter insiste proprio sulla necessità di contagiare le verdure con un po’ dell’attenzione che dedichiamo al vino, senza per forza sconfinare, precisa, nelle derive ridicole del suo linguaggio.
"Lo so che sembra un po’ folle quello che facciamo qui, dice, ma anche dei primi vignaioli naturali si pensava la stessa cosa." E cita Cascina degli Ulivi, Pacina, La Stoppa e altri, anche loro erano soli all’inizio e guarda dove siamo oggi.
"Una paragonabile riscoperta delle verdure, della ricchezza orticola che abbiamo e che rischiamo di perdere, è altrettanto importante, ma per gli agricoltori oggi non ci sono riconoscimenti al talento, non c’è glamour. Io sono un agricoltore “nuovo”, sto imparando, mi faccio aiutare, ascolto, studio, sperimento, ma spero comunque di aprire uno spazio, lanciare idee, incoraggiare altri, e se c’è qualcosa di fecondo si riprodurrà. Sono innamorato di quello che faccio."
Parlare di lotta politica in agricoltura è oggi una componente essenziale nel più ampio percorso di attivismo climatico. Nossiter ha ribaltato la sua vita proprio per fare la sua parte; e proverà a mostrare che l’agricoltura virtuosa e artigianale non è per forza un’agricoltura elitaria. Che questa lotta ambientale, culturale, si fa anche collezionando pomodori e scoprendo che fino a un attimo prima non ne conoscevamo il sapore.
Fonte: munchies, intervista di Diletta Sereni
Crediti foto: Jonathan Nossiter; Diletta Sereni
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