Ristorazione Day After. Nulla sarà più come prima. Scenari possibili nel futuro prossimo.
7 scenari dopo la crisi nel mondo del food causata da coronavirus Covid19
Non so tra dieci anni e nemmeno tra un anno cosa sarà del mondo.
Nessuno può saperlo con certezza, ma tutti proviamo a immaginarlo.
Ognuno con gli strumenti che gli son propri.
Ci provo anche io con i doppi attrezzi di chi fa il medico da quaranta anni, mentre da quarantacinque scrive più o meno di cibo.
Ho cominciato nel 1982 a fare il medico della mutua e nel 1975 a collaborare con Paese Sera, poi Il Mattino e l'Espresso.
Ne ho viste di epidemie. Dal colera, nel 1973 ero studente in medicina e fui cooptato per le vaccinazioni di massa, al Virus Sinciziale che uccideva i neonati nella culla con una polmonite simile a questa del Covid19, alle varie ondate influenzali una più feroce dell'altra, alla Sars abortita ai confini d'Italia nel 2002. Nulla di paragonabile in nessuna misura e in alcun parametro con quanto stiamo vivendo oggi.
Dunque, che cosa immagino?
Che tutto passerà.
Purtroppo in un tempo non ponderabile esattamente.
Non saremo tranquilli fin quando non avremo, forse entro la fine dell'anno se le industrie farmaceutiche si daranno un'accelerata compatibile con la sicurezza, un vaccino efficace, e non avremo avviato e completato, spero entro la primavera-estate 2021 quella vaccinazione di massa che copra, cioè, il 75% della popolazione fragile (anziani e portatori di patologie croniche) e gran parte della popolazione attiva.
E come sarà la vita fino ad allora?
Non facile.
Nell'immediato non potremo ricominciare in nessun modo la vita di prima in piena libertà, sia all'interno che all'esterno dei nostri confini. Le relazioni sociali saranno ancora limitate non dalla paura, ma dal pericolo reale del contagio, quello endemico persistente e quello di ritorno.
Sarà una vita per nulla spericolata, insomma.
Ma veniamo al mondo del food.
Intanto, che cosa è successo?
Più o meno da un mese sono chiusi ristoranti, trattorie, pizzerie, pub, paninoteche, bar etc.etc.
C'è una crisi di settore già evidente e finanche comunicata con una serrata definitiva da alcuni locali, pochi finora però.
I ristoratori, i cuochi o pizzaioli proprietari che hanno impiantato un'attività in chiaro, con lavoro regolare dei dipendenti, ad esempio, qualche contributo per la ripresa lo avranno dal Governo, come ha lucidamente analizzato qui Alessandro Condurro general manager di Michele in the World.
Quelli che, invece, hanno impiantato sul nero attività non marginali, beh qualche problema l'avranno.
Ma Dio pensa.
Intanto mi viene subito da immaginare, non a caso per quello che seguo di più da giornalista, come potrà essere la vita di pizzeria da qui a qualche mese.
Le folle di clienti assembrati in attesa sull'ingresso e le sale stracolme saranno consentiti?
Non credo proprio. Continueranno a essere vigenti regole di contingentamento degli accessi e distanziamento ai tavoli.
E, a queste condizioni, come si farà cassa per pagare dipendenti e compensare tutte le spese?
Ci sarà una ricaduta sulla qualità delle materie prime utilizzate finora, quella che ha segnato la differenza tra il vecchio e il nuovo corso della pizzeria non soltanto a Napoli?
Ecco, vale la pena di cominciare a discuterne se non altro per capire.
Noi di Foodclub siamo curiosi di aprire un dibattito, una raccolta di contributi di idee tra i nostri autori e lo stesso pubblico che ci segue.
Abbiamo già qualche tema che ci frulla in testa, che non riguarda soltanto l'universo pizzerie.
Ad esempio:
- 1. Chissà cosa vorranno i clienti alla ripresa.
- 2. La sicurezza e la protezione individuale saranno priorità ineludibili ancora per lungo tempo, anzi per sempre.
- 3. Si uscirà di meno, quindi, si sceglierà con maggiore cura dove destinare i propri soldi. La qualità dei prodotti, l'accoglienza e l'ospitalità saranno fondamentali.
- 4. Le trattorie dovranno tornare a essere vere trattorie. Dovranno essere ri-fondate su identità territoriali reali, non pezzotte o farlocche, giacché, durante la lunga quarantena è stata riscoperta la buona cucina casalinga e nessuno andrà a mangiare fuori quello che può fare meglio dentro casa. Al riparo.
- 5. I ristoranti di alta cucina, i cosiddetti frou-frou, dopo la Grande Bouffe domestica vissuta e ostentata sui social, si ridurranno a essere gli attrattori soltanto degli intramontabili veri gourmet. Quelli che sono sempre alla ricerca di novità. Quelli che la pasta e patate la mangiano a casa. Quelli che hanno danaro da spendere fuori.
- 6. La tavola, ridotta a essere, parafrasando l’antropologo Marc Augé, un luogo non luogo in cui si ferma l’istante con un esibizionistico frame, dovrà recuperare il senso del convivio in cui si condivide il racconto e si gode il tempo. Ci si siederà, insomma per stare insieme vicini e non essere soli.
- 7. Food writers e critici gastronomici comincino finalmente a raccontare storie piuttosto che andare in giro a pesare tette e misurare piselli. La legge vichiana dei ricorsi storici ci dice che è venuto nuovamente il tempo di recuperare la lezione di Mario Soldati, di riscrivere «Il viaggio nella Valle del Po» in versione 4.0, nonché di girare l'Italia da Nord a Sud alla Ricerca dei Cibi perduti delle ricette tradizionali come ha fatto Luigi Veronelli. Ovvero di narrare dei talenti veri. Quelli che non si sono arresi al Coronavirus: i combattenti, non i reduci. Quelli che non continueranno a svegliarsi ossessionati dal calar di una stella e dalla perdita di un posto in classifica. Cosicché le guide cominceranno di nuovo a guidare. Davvero.
Certo, ci sarà sicuramente qualche coglione in giro che, per fare cassa, si inventerà che il pomodoro San Marzano è stato infettato dal Covid19 e che è meglio usare il Tomato Ogm sulla pizza Marinara.
Gli farà eco qualche scriba prono, pur di sopravvivere.
Coglione pure lui.