Rosantico 2017 Bressan – Il vino fuori dal coro
Fulvio Bressan Rosantico 2017 Moscato Rosa Friuli
Via Conti Zoppini, 35 - 34072 Farra D'Isonzo (Gorizia)
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C’era una gran folla al banco di assaggio di Fulvio Bressan, in occasione della presentazione del catalogo Les Caves de Pyren a Pozzuoli.
A dispetto delle tante polemiche, la grandezza dei suoi vini si conferma nell’assaggio di ogni singola etichetta, e ne ha messe tante in degustazione. Sta anche tra le sue parole che rimandano cultura del mondo del vino, ampia e profonda, a partire dalla storia e dal pensiero dell’uomo, fino alle specifiche competenze in vigna e sul territorio.
Ci tiene a puntualizzare che ha 29 vendemmie alle spalle, e che solo chi matura una tale esperienza può parlar di vino e di viticoltura. Come dargli torto?
Certamente il suo Schioppettino, 2018 in degustazione, è da urlo, ancor di più il Pignol 2010, e la scelta delle annate la dice lunga sul pensiero di questa antica famiglia di vignaioli friulani.
Mi colpiscono però sempre e in modo particolare i “fuori dal coro”, e sul banco di Fulvio rientra in questa categoria certamente Rosantico 2017, l’unico moscato rosa prodotto in tutto il Friuli.
Siamo esattamente a Farra d’Isonzo, nel Collio Goriziano, dove la presenza del moscato rosa nelle terre di Bressan testimonia la passata appartenenza all’Impero Austro Ungarico di questa parte del Friuli. È da lì che proviene questo vitigno tanto difficile e esigente in vigna, motivo per il quale è praticamente scomparso dal resto del Friuli. E anche questa scelta la dice lunga sulla dedizione quasi mistica che la famiglia Bressan ha sempre dedicato alla vite e al vino, intesi come l’anima più profonda della cultura del luogo, della sua gente, e della famiglia.
È un vitigno dalla resa molto bassa, a causa dell’alto livello di colatura e la bassa allegaggione che riducono la presenza degli acini portati a maturazione. La piccola vigna ha circa 70 anni e le viti provengono dall’Austria, si trova in località Corona, frazione del comune di Mariano del Friuli, su suolo ricco di scheletro e di sesquiossidi di ferro – la bassa presenza di materia organica riduce lo sviluppo vegetativo favorendo la concentrazione di elementi negli acini che si arricchiscono naturalmente della propria essenza. Massima espressione arriva proprio da quei terreni così difficili da lavorare, dall’intesa profonda che l’uomo ha stabilito attraverso la vite con le proprie radici, il proprio sentire ogni cosa che appartenga al susseguirsi degli eventi della storia, che hanno forgiato i luoghi e la sua gente.
Vendemmia tardiva, uva quasi appassita proprio sul ceppo, vinificato in acciaio, 30 giorni sulle bucce, lieviti indigeni, due anni di affinamento sur lies, cinque anni di affinamento in botte di acacia, nessuna filtrazione.
Vino prezioso per la sua finezza e eleganza espressiva, ancor di più per la sua rarità.
Unico già nel colore, difficile da definire, un oro ramato trasparente e lucente. Naso meraviglioso di rosa, lavanda, cenere, poi mirtillo e arancia amara, e poi ancora carrubo, liquirizia, chinotto. Il sorso è un viaggio, almeno quanto il naso, ma va oltre, fresco e setoso, delicatamente tannico, lunghissimo nei toni balsamici e agrumati.
Non sto a descrive l’azienda e la sua filosofia, ne troverete un racconto curatissimo sul sito ufficiale!
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