Sostenibilità in cucina? La più grande bugia gastronomica di sempre.
Sostenibilità in cucina? La più grande bugia gastronomica di sempre.
Caro lettore (o meglio caro consumatore), tu che hai sempre sognato un mondo migliore, devi sapere che per una decina d'anni prima del 2020 si è venduta la sostenibilità ambientale ai viaggiatori gastronomici internazionali in cerca di emozioni.
L'alta cucina stava vivendo la sua epoca d'oro, vi erano migliaia di persone che circumnavigavano il globo in cerca di emozioni gastronomiche, viaggiare da un punto all'altro del pianeta non era mai stato così semplice, vi era ricchezza e con lo storytelling giusto, le esperienze gastronomiche potevano essere vendute a qualsiasi costo.
Tornati a casa illuminati, come dei fedeli dopo aver macinato chilometri al cammino di Santiago, un viaggio alla Mecca o pregato a Gerusalemme, raccontavano queste storie con le loro fervide penne e accusavano i cuochi locali di essere troppo legati al vile danaro, di non dare importanza alla decimazione dei panda, alla sofferenza del pinguino, allo scioglimento dei ghiacciai, pur di ottenere i loro fottuti guadagni.
"Sei un peccatore! Utilizzi foie gras e capesante. Possibile non ti interessi del nostro pianeta? L'unico sul quale possiamo vivere? Dovresti fare un po' di foraging".
E poi cosa accadde? Come mai tornammo a mangiare cibi in scatola e a cercare conforto in un hamburger?
Beh facile, grazie alla livella sociale del Covid-19, tutto questo non fu più interessante, anziché salvare il mondo ci preoccupammo di salvare noi stessi.
Il nostro raggio d'azione diventò di colpo ristretto, le frontiere nazionali furono serrate e i cuochi salvamondo dovettero necessariamente pensare a salvarsi il culo e fu proprio in quel preciso istante che divennero sostenibili.
Ma ti pare logico che i cosiddetti "ristoranti eco-friendly" per essere sostenuti, avevano bisogno di una clientela internazionale che rilasciava quintali di CO2 nell'atmosfera per i loro spostamenti?
No eh? Io non ci ho mai creduto e sono stato additato in malo modo. Per rendere chiaro il concetto, ipotizziamo che questi straordinari ristoranti, nella loro gestione quotidiana, abbiano realmente un impatto ZERO sull'ambiente e andiamo a calcolare quanto costa in termini di immissioni nell'atmosfera portare dei commensali alle loro tavole:
La produzione intensiva di carne, considerata il male assoluto dai cuochi salvamondo (che per l'amor di Dio va rivista) tanto criminalizzata quanto discussa, produce in media 4 kg di Co2 per ogni chilo di carne. Prendere un aereo 120 gr al chilometro per passeggero di media.
Quanto inquinano gli aerei? (Fonte: Il Sole 24 ore)
Si proprio così, ti sto dicendo che se voli per 100 chilometri produci 12 kg di CO2, l'equivalente del produrre 3 kg di carne in un sistema intensivo.
Ma diciamoci la verità, chi vola per soli 100 km?
Per ogni andata c'è da prevedere un ritorno e i clienti cinesi che affollano i ristoranti di Copenaghen senza alcuna colpa, (volevano solo fare scelte ristorative etiche) immettono per un pasto al Noma 1700kg di CO2 nell'atmosfera. In soldoni, il viaggio di ogni singolo turista gastronomico che parte da Pechino per un pasto etico a Copenaghen, equivale alla produzione di 431 kg di carne, più o meno la quantità di cui si nutre uno statunitense in 4 anni. (Gli Usa hanno il consumo di carne procapite più alto del pianeta)
Consumo pro capite di carne nel mondo
Conclusioni
La cucina sostenibile non sarà mai sostenibile fin quando non sarà ad uso esclusivo delle comunità locali, il resto è storytelling.
Per un pratico esempio, il Noma è molto più green oggi con le sue centinaia di hamburger di manzo vendute ai danesi che non 3 mesi fa.
Sostenibilità in cucina? La più grande bugia gastronomica di sempre.
The Next Lies?
Preparatevi ad acquistare la "Cucina Vegetale", dovendo far quadrare i conti nei prossimi anni ci venderanno questa che costerà poco per chi la vende e tanto per chi la comprerà.