The Alchoholic Journey: #DAY2- Mezzo Pieno
Seconda tappa di TheAlchoholicJourney al Mezzo Pieno a Marcianise di Giuseppe Iovine
Per tutta la durata del viaggio di ritorno abbiamo avuto un sorriso stampato sul volto.
Mentre andavamo via Pinuccio ci salutava con la mano illuminato dall’insegna del locale.
“E mi raccomando, vediamoci una di queste sere, andiamo a cena insieme, a bere. Anzi, venite da me, mangiamo a casa mia e ci facciamo un drink. Comm ve volesse abbraccià”.
Come alla fine delle grandi avventure, in macchina, non riuscivamo a smettere di raccontarci gli aneddoti di quelle poche ore passate da Mezzo Pieno, Marcianise. Chi avrebbe mai detto che quella sarebbe stata l'ultimo giorno di apertura prima della chiusura (provvisoria) per via del covid. Ma andiamo con ordine.
Quando siamo arrivati ci siamo guardati intorno e ci siamo chiesti a vicenda: “Ma tu, a Marcianise, ci sei mai venuto?”, “Mai, o forse qualche volta, qualche amico dei tempi dell’università. Tu?”. “Mai”. Guardiamo l’insegna, è il posto giusto ma temporeggiamo, siamo in anticipo. Peppe Iovine esce per una sigaretta, ci riconosce e super calorosamente ci fa entrare: è di un entusiasmo travolgente. “E allontanatevi, toglietevi le mascherine un attimo e fatemi vedere come siete belli. Belli che siete, che piacere. Io sono Giuseppe, ma chiamatemi Pinuccio”. Ci guardiamo: siamo estasiati. Ma dove cazzo siamo finiti?, che bello! Prendiamo per noi due dei quattro posti al banco. Bicchiere di acqua ed eccitazione alle stelle. Mezzo Pieno è un locale piccolino: incredibilmente accogliente nei suoi pochi metri quadri rivestiti quasi interamente di graniglio. Due tavolini, il menù alla parete e qualche pianta da interni rendono l’ambiente suggestivo: ti siedi e non hai idea di quello che ti verrà servito, ma non vedi l’ora ti venga messo davanti.
Pino si prepara un bicchiere di acqua e un suo collaboratore ridendo gli chiede se è in ansia: “Ma quale ansia, tengo sete”. Ci guardiamo ancora e scoppiamo in una risata, lui è questo posto, ed è assolutamente travolgente. Gli chiediamo come arriva ad aprire Mezzo Pieno, ed inizia a ridere lui. Ci chiede se non ci vada un aperitivo prima e siccome siamo qui per questo, accettiamo. Capiamo subito da come si rapporta a noi che vorrà bere insieme. Suggerisce lui allora il primo drink: Rob Roy. Porca miseria, per aperitivo? Non ci facciamo impaurire: Ledaig 10y, Cinzano rosso e Angostura. Lo abbina ad un boccone: prosciutto di agnello, confettura di prugne e tabasco. Peppe, ma dove cazzo sei uscito?
Il Rob Roy è perfetto, bilanciatissimo. Col vermut non invadente, il whisky diluito al punto giusto ed esaltato da ciò che lo accompagna: la dolcezza della prugna enfatizza la torba, l’acido piccante del Tabasco ti fa venire voglia di berlo sempre e gli olii essenziali di arancia addolciscono e completano il tutto: questo boccone ci rompe il palato e ci lascia un ricordo, abbinato a ciò che beviamo. Pinuccio ha colpito nel segno.
"Ragazzi, questa è la prima volta che provo abbinamenti cibo-drink.. che ne pensate?." Con la bocca spalancata e gli occhi sgranati per quanto udito poc'anzi, continuiamo ad assaporare quel succulento cubo di agnello, masticandolo con dolcezza e desiderando non finisse mai.
Inizia a raccontarci cosa lo ha portato a Mezzo Pieno e non basterebbe un libro a dire tutto. Ma ci sentiamo fortunati di star assistendo allo spettacolo che è Peppe quando racconta: se portasse questo monologo a teatro, in uno stand up comedy show, pagheremmo il biglietto decine di volte. Ci ha gia catturato.
La storia inizia con lui che a diciotto anni emigra in Inghilterra alcuni parenti, ma solo per pochi mesi perché una chiamata lo riporta a Marcianise per lavorare con la Siemens. Solo pochi anni e poi, fiutando il vicino fallimento dell’azienda va via e inizia a viaggiare per l’europa. Lisbona poi Berlino poi Barcellona. Gli chiediamo in quali bar avesse lavorato, dove si fosse armato e ci risponde che non abbiamo capito proprio niente: lavorava quando i soldi finivano (e ha fatto i lavori più disparati, ci tiene a chiarire, tra i quali il più divertente è stato di certo applaudire tra il pubblico per un programma televisivo) per il resto i bar li frequentava solo da cliente. Ma era un appassionato, sia chiaro, i drink gli ‘piacevano assai’.
La prima esperienza al banco arriva a Barcellona: due ore e poi licenziato in tronco per aver fumato una sigaretta in servizio. Comunque ad Agosto Barcellona è invivibile e decide di tornare un paio di settimane a casa. Neanche ci pensava a restare a Marcianise quando, girando in macchina con un amico vede un localino in affitto. Quasi per scherzo chiamano e risponde una signora anziana, vanno a Caserta da lei, caffè limoncello e amaro offerto, chiavi del locale e senza di lei lo vanno a vedere. “Pronto?” “Pronto signora, qua Giuseppe. Ma questo posto è un cesso, dovrebbe metterlo a nuovo prima di poterlo affittare”. Ma non se ne parla. La signora non vuole mettere mano a quella vecchia stalla e invita i ragazzi a fare da loro il prezzo. Detto fatto e chiavi del locale in mano: Pinuccio non si fa scappare questa occasione. Ma alla fine, no, “se quello in fondo alla strada lavora vendendo baquette, vuoi vedere che non posso fare qualcosa io? pensai. E po’ e sord egg temp saput fa*, unica cosa, vi assicuro”.
“Cioè Pe, tu hai preso un locale e non sapevi che ci dovevi fare?”
“Io sono un fatalista ragazzi”, ci dice, “Le cose non le cerco, quelle succedono prima o poi”. Ci sbalordisce, e continua il racconto dicendoci che preso il locale gli serviva una casetta. Trova una stanza, la visita, la prende e uscito dal palazzo, due portoni di fianco una insegna: Scuola per Barman: “E allora ho capito che dovevo fare il bar, ci facciamo un altro drink?”. Ma come fa ad essere così? Ci guardiamo e annuiamo, ridiamo di gusto, altro giro.
Pinuccio prepara subito tre Medicina Latina: Mezcal Miel de Terra Joven, miele, zenzero e lime. Il cocktail è pulito, bellissimo. A sentirlo così si può pensare sia banale, ma è un pensiero che fai finché non lo assaggi. Poi ti colpisce subito, diretto in faccia. Un Pennicilin alla Latina. Coerente con quello che abbiamo bevuto prima, la torba del Mezcal gli dona qualcosa in più rispetto ad una classica Medicina Latina. Acido e dolce, pungente. Peppe beve con noi e ci rendiamo conto che è proprio come i suoi drink: un uomo sincero, mai giù di corda, verace e viscerale. Ti prende ogni volta alla gola e allo stomaco. Lo accompagnano con una tartare di gambero rosso condita con sale, olio, pepe del Malabar e zesta di limone e servita con gorgonzola e menta fresca. I sapori sono tutti netti, evocativi e azzardati, ma riusciti magistralmente. Peppe, ma dove sei stato fino ad ora?
Il racconto continua con i mesi alla scuola per barman, al rifiuto delle lezioni considerate obsolete allo studio fatto, poi, con Antonio Esposito, che lo forma personalmente. Finalmente, a inizio duemiladiciassette, quel giovane trentaseienne di Giuseppe Iovine apre il suo Mezzo Pieno: con questo nome perché lui è un ottimista di natura e i bicchieri coi quali lavorerà, non può che vederli sempre mezzi pieni.
Il suo rapporto col bar è venale, come con quasi ogni cosa che lo colpisce e che lo manda in fissa. Le cose gli entrano dentro e lui gli dedica notte e giorno, finché non cresce e ne capisce le dinamiche. In un mese ha imparato a suonare chitarra e pianoforte e la lista delle innumerevoli abilità è lunghissima. Da quel momento in avanti, potrebbe anche mollare tutto su due piedi. Ci sentiamo fortunati ad averlo trovato stasera: probabilmente sente di avere ancora qualcosa da imparare.
Un anno e mezzo, due e le cose ingranano. Marcianise inizia a metabolizzare il modo di fare da bere di Pinuccio e fa di lui un punto di riferimento. Nel duemiladiciannove la visita di Alex Frezza che lo onora, scoprendolo, in qualche modo, per primo oltre i confini casertani. Da quel momento l’industry lo visita con costanza. Ormai stiamo bevendo con dei clienti abituali, amici di Peppe che ci guarda e ci invita ad una pausa sigaretta. Accettiamo e usciamo. Continua a raccontarci le durezze della realtà che vive e di come si stia riprendendo solo in questo periodo da alcuni decenni molto delicati. Rientriamo a drink finito e guardiamo il menù forse per la prima volta. Ognuno degli ingredienti al suo interno è lavorato da loro: sciroppi, liquori e spiriti. L’ispirazione se l’è fatta venire partendo dalle spezie. La cosa ci incuriosisce e tra gli otto drink, molto vari, scegliamo X2 e X3: Matusalem rum 3 Anos, liquirizia, more e lime il primo; Pisco Capel al pepe di Jamaica, ananas e lime il secondo.
Il liquore alla liquirizia di Mezzopieno è veramente molto buono e associato alla mora crea un connubio veramente insolito, ma le due consistenze si sposano in maniera sorprendente. Pisco e ananas a qualcuno potrebbe suonare scontato. Eppure la preparazione a base di ananas che fa Peppe ci lascia senza parole e la spaziatura del pepe riesce a mani basse a completare il suo bouquet. Riesce in quello che vuole: farci bere qualcosa di assolutamente unico, che non avremmo mai trovato altrove. Altro giro, altro abbinamento: pecorino semistagionato in foglie di olive con mostarda di mandarino. Che dire. Piccante, dolce, erbaceo: Peppe, ma esisti davvero?
Vorremmo raccontarvi tutto, ma non ne siamo capaci. Impossibile ricreare tutto quanto è Mezzo Pieno con Pinuccio. Noi proprio non vogliamo andare via e allora ordiniamo un Negroni, ottimo, che beviamo fuori con lui mentre fumiamo una sigaretta.
Ci racconta di anni più difficili e ci dice che dall’Industry vorrebbe garantita tutela sociale e personale per la categoria, una sorta di sindacato e ci fa riflettere su una cosa importante: dietro al bancone incontriamo centinaia di persone in più e siamo sottoposti psicologicamente ad uno stress inaudito ascoltando tutte le storie di quelli che abbiamo difronte. Ci vorrebbe garantito “l’analista di base per la categoria”. Capiamo quindi cosa intendeva, quando ci diceva che entrando a Mezzopieno entra in un altro mondo, scappando in qualche modo dalla realtà.
Ci riaccomodiamo dentro e ci fa assaggiare il suo X5, ultimo drink della serata: Tequila al jalapeno, melone, zenzero e lime.
Siamo senza parole, ancora piccante, acido, dolce, rotondo. Forse il migliore drink della serata. Peppe ci fa un panino (avete letto bene, ci fa un panino..questa è hospitality!) e mentre la chiacchiera va verso il divertito ci confida il suo drink preferito: “Red Hook, che se dobbiamo bere, che sia forte e dolce”. Per Peppe la miscelazione è una cosa semplice: un buon prodotto fatto in casa, buono spirito, agrumi freschi. Evitare raffreddamenti di materiale inutili, testa nel ghiaccio e faticare: infondo “siamo qui di notte per fare i soldini, altrimenti perché avere centoventi etichette di gin in bottigliera?, neanche mi piace”.
C’è una cosa però che Pinuccio non accetta al bancone, da cliente: quando il barman sta scazzato. Quando usciamo alle volte abbiamo poche ore, ci dice, stiamo dedicando il nostro tempo a chi abbiamo di fronte. “Almeno sorridi, che non stiamo facendo le operazioni del KGB, stiamo facendo un drink, jamm”. Peppe è l’amico che tutti vorremmo avere, comunque. Sorride sempre, sempre allegro e divertente ci ha fatto ridere di gusto per ore (la sua password del wifi è SORRIDISEMPRE, ma che vi dobbiamo dire più?!).
Ci salutiamo, Peppe si ricorda che voleva regalarci i suoi due piccoli drink in bottiglia: Elisir n°1 e Madam Tussaud. Due pre-batch formidabili: il primo a base di vodka e pera, elegante rotondo e intenso; il secondo un negroni "risvegliato" ovvero con caffè, deciso, persistente.
Mezzo Pieno non è solo un semplice bar, mezzopieno è creatività e follia mista a spirito e granito. È estro e ferro, è passione, sudore e sacrificio: è Peppino...è SORRISO.