El Cellar De Can Roca, il "viaggio".

Massimo Pennaven 14 feb 2020
El Celler de Can Roca Restaurant
Carrer de Can Sunyer, 48, 17007 Girona, Spagna
Aperto Pranzo e Cena
Chiusura: Domenica e Lunedi
Telefono: +34 972 22 21 57
mail: restaurant@cellercanroca.com
Prenotazioni: https://cellercanroca.com/reserves/reserves_a.html
Costo: 180€/205€

Dopo un anno dalla prenotazione era arrivato finalmente il giorno della cena nel leggendario El Cellar de Can Roca, si...avete letto bene, un anno prima...questi sono i tempi per trovare un tavolo libero in un ristorante che non è soltanto un tre stelle Michelin ma uno dei più grandi ristoranti del mondo.

Fiumi di parole son state scritte per questo ristorante, ma non son mai troppe una volta che varchi la soglia de El Cellar.

Due volte miglior ristorante al mondo nel 2013 e nel 2015 per la San Pellegrino World’s 50th Best Restaurants, per anni ai vertici dell’alta ristorazione e meta di gourmet provenienti da tutto il mondo.

I fratelli Roca appartengono alla terza generazione di una famiglia dedita alla ristorazione, i nonni aprirono una taverna a Sant Martí de Llèmena nel 1920 e nel 1986 il trio apre il proprio ristorante accanto la locanda dei genitori nella periferia di Girona.

Grandi aspettative ed emozioni di fronte a questo leggendario ristorante, un emozione simile a forse superiore a quella provata prima della cena all’Osteria Francescana di Massimo Bottura o al Mirazur di Mauro Colagreco.

Aspettative che, anticipo, son state non solo confermate ma di gran lunga superate!

Una volta passato un piccolo corridoio di ingresso mi ritrovo nel giardino interno e davanti la bellissima facciata del ristorante, dalle finestre si intravede l’operato dei tanti Chef della brigata di Joan e Jordi, una macchina che si muove come un orologio svizzero.

Entrati nel ristorante ci accomodiamo in poltrona in una bella sala con vista sul giardino e con la sala interna attraverso grandi vetrate, lateralmente, in una parete in vetro distillati provenienti da tutto il mondo e dall’altra, in un ambiente climatizzato prestigiosi sigari.

Una gentile cameriera italiana ci accompagna a visitare le cucine, è un piacere veder lavorare cucine di questo livello, oltre trenta chef si dividono i vari compiti in maniera perfetta.

Veniamo fatti accomodare in sala, il ristorante è bellissimo, bellissimi e ampi tavoli rotondi ben illuminati, sedute stupende in legno, un design quasi nordico degli interni con un bellissimo uso del legno, adoro il legno usato in questo modo, moderno, minimale, la sala si estende come un triangolo attorno ad un mini bosco di betulle visibile tramite delle bellissime vetrate.

Stupendo.

Viene portato il menù che è composto da due degustazioni, la prima permette di provare “i classici” della storia di El Celler, l’altro, il più ampio “Festival 2018” i nuovi piatti.

Scegliamo il Festival!

Mi viene portata l’enorme carta dei vini...

Resto a guardarla per un po’, splendida, un carrello in legno porta all’interno tre grossi libroni dedicati alle bollicine e i vini bianchi, ai vini rossi e rosati, e ai distillati.

Noto i ricarichi dei vini per niente esagerati, penso immediatamente che dovrebbero avere questo come esempio diversi stellati italiani.

Ma preferisco farmi accompagnare dall’abbinamento vini pensato dal Sommelier per questo menù.

Inizia la cena...o meglio il viaggio...vengono portati a tavolo degli scenografici mappamondi che propongono un giro del mondo dei sapori, un omaggio dello chef ai suoi viaggi, ogni singolo finger food è splendido e al primo assaggio resto sorpreso dai sapori, difficile descrivere...un unica parola banale...buonissimi!

Abbiamo dalla Thailandia: salsa thai, pollo, coriandolo, coco, curry rosso e lime.

Giappone: crema di miso con gnignognachi

Turchia: stufato di agnello, yogurt, cetrioli, cipolle e menta.

Perù: “causa limena”, piatto tipico peruviano fatto con le patate gialle native, le papas amarillas e il peperoncino giallo tritato, aji amarillo.

Corea: crocchetta con kimchi (piatto tradizionale coreano fatto di verdure fermentate con spezie) e pancetta all’olio di sesamo.

Gli ultimi due finger food erano posizionati in maniera casuale, indovinando la provenienza degli ingredienti e quindi posizionandoli correttamente nel mappamondo, quest’ultimo si apriva e come uno scrigno mostrava il suo ultimo tesoro a base di acqua di mare e caviale.

Spettacolo...

Vengono portate e aperte davanti a noi delle simpatiche miniature, il Bar di Can Roca, “sulle ali della memoria ricordando un baretto di periferia nella Girona anni 70”.

Vengono posizionate le singole “tapas”, un bombon al Campari, bombon al piccione, un esplosione di sapore, da non credere...un calamaro alla romana, un incredibile rognone allo sherry, stupendo, di un gusto che ti fa aprire gli occhi per la sorpresa, un cannellone a base di pollo cucinato sullo stile di Montserrat in onore della madre dei fratelli Roca.

Arrivano altre sorprese con delle stelle marine e un bellissimo corallo d’argento.

“Sea Sequence” è il suo nome e abbiamo nei cucchiai del corallo d’argento dei cannolicchi con pesto di basilico e parmigiano e un mitile in salamoia con aria di Albariño (un vino spagnolo), le stelle marine fatte con teste di gamberi, polvere di gamberetti, alghe e sesamo e alla base una tortilla di mais come supporto, piccole opere d’arte.

Vengono portate via i supporti e arrivano dei bonsai di olivi, il servizio è eccezionale, una macchina perfetta, incredibile, compaiono da ogni lato i camerieri senza essere mai invadenti con una sincronia che sorprende.

“Tributo al mediterraneo” si chiama il successivo aperitivo, sui rami dei bonsai sono appese delle “olive” speciali, olive nere fritte e un gelato di olive verdi con acciughe di l’Escala.

Arrivano delle gustosissime brioche ai porcini e tartufo...

Meravigliose...

La brava e simpatica cameriera romana dedicata a noi, unici italiani, arriva con il vassoio del pane, abbiamo: pan de Payés, multicereali, focaccia all'olio d'oliva, pane bianco, pane alle noci con albicocche, mille foglie di pomodoro o olive nere, pane con vino rosso, ovviamente avremo modo di assaggiarli tutti!

Terminati gli aperitivi parte il menù Festival vero e proprio, viene grattato e tagliato a spirale qualcosa che sembra un particolare formaggio arancione, in realtà sono decine di tuorli d’uovo stagionati e affumicati, viene posizionato sopra del gallinaccio con bottarga, albicocca secca, patata dolce alla griglia e demi-glacé di patata dolce.

Inutile ripetersi per quanto riguarda la bellezza dei piatti e la bontà e particolarità dei sapori.

Davvero si resta sorpresi per le tecniche utilizzate, la portata successiva è una sorta di tartare di ostrica e tombarello con la conchiglia dell’ostrica liofilizzata e quindi resa commestibile mediante un macchinario normalmente utilizzato nelle case farmaceutiche, con noci, mela verde, maionese di té Earl Grey e polvere di bergamotto.

Mai avrei immaginato di mangiare un guscio di ostrica...incredibile.

Arrivano scampi alla griglia con “ajoblanco” (una zuppa tipica della cucina Andalusa a base di mandorle e aglio) e prezzemolo.

Eccezionale!

Uno dei Sommelier porta una magnum di Amontillado uno sherry di Equipo Navazos, il vino viene versato in una ciotolina in cui c’è dello sgombro su delle pietre ardenti, il vapore che si sprigiona da un aroma splendido al pesce accompagnato con fichi, uova di triglia e germogli di pinolo.

È un piatto composto da tre fasi in cui la prima rappresenta Joan Roca, la schiuma di lievito e brodo di sgombro ricorda Josep e il cucchiaio di Amontillado dolce, Jordi.

Il viaggio o meglio il giro del mondo continua anche per quanto riguarda i vini con un Sake Katsuyama Den Junmai Daiginjo, splendido il bicchiere che riprende il logo impresso sul vetro della bottiglia.

Il Sake va ad accompagnare una seppiolina con fecce di Sake e salsa di riso nero.

Cene del genere sono sublimi esperienze sensoriali e continua con una sogliola “a la meuniere” (ricetta francese dove il pesce viene condito con una salsa a base di burro e limone) accompagnata con ravioli realizzati con la sua stessa pelle! Ravioli ripieni di topinambur e scorzonera...

Un vino rosso leggero e fruttato, Chateau Paquita, realizzato nelle Baleari, da un piccolo produttore di Maiorca, accompagna un Pak Choi (un cavolo dell’estremo oriente) con ricci di mare in una spuma di midollo osseo di vacca bionda della Galizia.

Estetica e sapori più che stellari.

A questo punto, Josep Roca entra in sala e viene a salutarci scambiando quattro chiacchiere da buon padrone di casa.

Un bel riesling del Palatinato introduce un altro bellissimo piatto, anatra affumicata all’arancia, abbinamento perfetto.

Il viaggio continua e io non riesco a non continuare a sorprendermi per le portate servite, in un piatto che sembra roccia troviamo agnello con puré di melanzane e ceci con zampe di agnello e pomodoro speziato, in una ciotola un consomé di agnello al forno a legna che sprigiona un profumo stupendo.

Altra portata profumatissima desta la mia curiosità, un soufflé di tartufo con spalla di vitello, i superlativi si sprecano oramai e rischiano davvero di esser banali.

Segue maialino iberico con insalata di papaya verde, pompelmo tailandese, mela, coriandolo, peperoncino, lime, anacardi, purè di tamarindo e shisho, morbidissimo...

Con un vino del Priorat è il turno del piccione, sicuramente il più bel piccione che abbia mai visto insieme a quello di Heinz Beck, “Civet” di piccione con parfait di fegato,, purea di pastinaca, polvere di tartufo e una bellissima decorazione realizzata con un patè di cioccolato e sesamo rosa in cima.

Meraviglioso...

Il noto Vin de Costance sudafricano mi suggerisce che ora è il turno di Jordi Roca.

Primo dessert, banana con carbonara alla vaniglia.

Pazzesco...

Un dolce servito caldo con tartufo bianco e pezzi di banana impregnati di rum e peperoncino. Una salsa alla carbonara sopra le fette di banana con pezzi di pancetta.

Non ho parole...

Altro dessert, “Pineta”, cioccolato e gelato al miele di pino, rosmarino, origano e timo.

Molto particolare il sapore deciso del rosmarino a dare un forte carattere all’insieme.

Arriva ancora un’altro dessert.

“Libro vecchio”

Le sorprese non sono ancora finite, su un supporto fatto di un qualche minerale, c’è il bellissimo e surreale dessert di Jordi, un dolce ispirato al romanzo In Search of Lost Time di Marcel Proust.

Praticamente uno strudel di biscotti al burro con crema di tè darjeeling, non appena i due camerieri posano i dessert al tavolo, Giorgia, la cameriera italiana con un contagocce inserisce un essenza di “vecchio libro”.

Viene depositata qualche goccia anche sul polso e in effetti...sento sorpreso il tipico odore di una biblioteca!

Che dessert meraviglioso, una chiusura splendida.

Arriva il carrello della piccola pasticceria, servita su delle bottiglie di vetro riciclato.

Una cena incredibile, senza dubbio attualmente la migliore della mia vita.

Più di tre ore di emozioni indimenticabili in un vero e proprio teatro dell’alta cucina, dove oltre sessanta attori in sala e in cucina mostrano una competenza, garbo, professionalità e umiltà che mi ha lasciato stupefatto...

Il percorso vini in abbinamento è di per se un viaggio intorno al mondo con vini per nulla banali e sopratutto degni di quel che si è mangiato mostrando una grandissima competenza nella proposta, e davvero ci si può rendere conto di quanto un vino centrato possa completare un piatto, restituendo al palato un equilibrio ed una armonia di rara efficacia.

E tutto questo ad un costo per nulla superstellare.

A fine cena gli Chef ci salutano e ci consegnano il menù di questa indimenticabile cena...

E passeggiando per il parco della Devesa, rientrando in albergo penso con gioia e nostalgia all’esperienza vissuta...

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