Grigliata da Kent’Annos di Tenute Dettori: fuoco di Romangia
Kent ' Annos | L' ospitalità delle Tenute Dettori
Strada Provinciale 29, Km 10 - 07036, Sennori (SS) Italy
WhatsApp Prenotazioni: +39 079515511
Telefono: +39 079515511
E-mail: kentannos@tenutedettori.it
Approdare all’ora del tramonto su Badde Nigolosu a Sennori affacciato sul golfo dell’Asinara è sempre una gioia mista a struggimento:
brividi sulla pelle e occhi abbacinati dalla bellezza schiusa all’orizzonte di vigne e mare.
Kent’Annos è il ristorante agricolo delle Tenute Dettori dove si mangiano ricette tradizionali e ingredienti di stagione preparati con cura filologica. Cibi e pani cotti al forno a legna, maialini, agnelli, pecore arrostite alla brace di olivo e lentisco.
Il ristorante era chiuso al pubblico ma Alessandro Dettori e Fabio D’Uffizi mi hanno accolto come un re in esilio facendomi il dono di una cena davvero privilegiata, il loro modo spontaneo di celebrare ospitalità, sintonia e amicizia.
Alessandro Dettori con tipico spirito sardo: “Stasera cucino io. Magari col vino non sono tanto bravo ma alla griglia non ho rivali!”
Per fare le braci sono stati bruciati sarmenti e vecchi ceppi di vite.
Lo Zimino (Ziminu) alla sassarese e/o Ziminadda è un’arte molto antica che consiste nell’arrosto dei “pezzi” di frattaglie di vitello da mangiare rigorosamente con le mani riunendo in un boccone sia le parti grasse che quelle magre. Budella, diaframma (parasangu), cuore (cori), fegato, rene, “ricciolo” intestino o ventrame (isthintinu) e la parte finale del retto chiamata sempre in turritano cannaguru. Con in aggiunta delle costine di pecora, una carne che venero tanto ne sono ghiotto.
È un’arte vera e propria grigliare tutti questi tagli di carne assieme sulla graticola (grabiglia) cercando di evitare di bruciarle senza cuocerle, soprattutto le frattaglie, tenere ma tenaci. Ad accompagnare lo Zimino varie verdure fresche (finocchi, pomodori, sedano, carote) che abbiamo intinto nella sepa di mosto cotto d’uva di Fabio.
Buonissima pure l’acqua iperminerale San Martino,
salina e dissetante dalle profondità vulcaniche della Sardegna sull’altopiano del Coros, ora fanno anche una buona birretta.
Con queste frattaglie grigliate è stato molto interessante pasteggiare a Brut Grand Cru Blanc de Blancs Jacques Selosse dégorgement di 17 anni (20 aprile 2005); un vino luminoso, la bollicina ancora tesa e integra: zafferano, buccia d’arancia candita, albicocca disidratata, cannella. Quando l’abbiamo scelta in cantina Alessandro Dettori ci ha tenuto a specificare: “È un regalo di Anselme Selosse col quale ci scambiamo le bottiglie.”
Dettori Bianco (Vermentino) 2020 e Dettori Rosso (Cannonau) 2016 hanno dignitosamente continuato ad innaffiare le manate su manate di Zimino, dalla griglia alla gola.
Consiglio spassionatamente di prendere stanza a Sorso (Sossu) al Domo Piazzasanpantaleo.
Giovanni mantiene il posto con un amore per i dettagli e una cura del bello e buono che è merce sempre più rara da trovare in giro. La mattina farete colazione su un terrazzino mistico che affaccia sui tetti di Sorso e spalanca verso l’azzurrità del mare poco lontano dove non potrete mancare di andare in spiaggia per un tuffo rigenerativo a Platamona.
Lu bischottu ipparraddu è il buon pane tradizionale di Sorso, un carasau più spesso che viene piegato su se stesso e cotto due volte.
Altra tappa imprescindibile è il Laboratorio di Gabriella:
dolci tipici sardi molto delicati, per niente stucchevoli, equilibratissimi negli ingredienti soprattutto lo zucchero che è sempre dosato in quantità giusta, mai sopra le righe. Assaggiate per credere i Cozzuli, le Formaggelle, le Ricottelle, le Copulette, i Papassini.
In verità la dritta del laboratorio artigianale di Gabriella me l’hanno data Gianpaolo, Alessia e Noemi di Antichi Vigneti Manca che a Badde Pira - sempre a Sorso - è già qualche anno ormai che stanno facendo vini rossi e bianchi di notevole fattura e complessità.
Una popolare leggenda gallurese vuole che i sorsensi siano tuti matti (macchi). La leggenda parla di un’antica fontana, la Billellera, da cui chiunque ne beveva diventava matto.
Ad ogni buon conto al Museo MAN di Nuoro ho visto due bei quadri a tempera su cartone di Bernardino Palazzi intitolati: I matti di Sorso (1954).
Sempre riguardo al motivo segreto dell’acqua e delle fonti a Sorso c’è l’area sacra di Serra Niedda,
databile alla fine del Bronzo Medio – Bronzo Recente – Bronzo Finale – prima Età del Ferro (XII al VIII sec. a.C.).
È un pozzo sacro a forma di spacco vaginale che custodiva il bene più prezioso per le civiltà preistoriche: l’acqua sorgiva, la cui custodia era ragione di vita o di morte per interi popoli, simbolo di fertilità, purificazione, riproduzione, correlazione cosmica e divina.
Tutt’attorno al pozzo sacro, che ancora oggi magnetizza potenze psichiche invisibili e oscure forze sciamaniche, ci sono vigne centenarie ad alberello accuratamente coltivate da qualche contadino che si fa il vino per consumo personale, a testimonianza che in Romangia il legame esseri umani/viticoltura è un connubio uterino antichissimo. La qualità genuina del vino sfuso in Sardegna credo non sia comparabile con nessun altro luogo al mondo.
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