I Dolci Pasquali della Memoria: Il "Casatiello Dolce" dell'Isola di Procida

Foodclubbersmer 8 apr 2020

Di Giulia Cannada Bartoli

I dolci pasquali della memoria: il “casatiello dolce dell’isola di Procida”. Le protagoniste, la storia e la ricetta di Archina. Dolcezza, fatica e pazienza.

Qualche giorno fa, girovagando un po’ a tempo perso sui social ai tempi del corona virus, mi sono imbattuta in un articolo su Foodclub.it nella ricetta del “casatiello dolce” napoletano. La mente è tornata indietro di sei anni: agosto 2014 a Terra Murata nella Chiesa di Santa Margherita a Procida, splendida isola, forse tra le più selvagge e certamente quella che amo di più del Golfo di Napoli. L’isola, come quasi tutte le altre isole e le località costiere, fu preda d’incursioni barbariche, poi, durante l’Alto Medioevo, subì le devastazioni e le razzie dai pirati saraceni, proprio per questi motivi, gli abitanti trovarono un riparo sicuro dagli attacchi degli stranieri sul promontorio fortificato di Terra Murata, inizialmente definito Terra Casata, perché qui si raccoglievano le case dei procidani per difendersi, in alto a picco sul mare, dalle incursioni Saracene.

Dall’infanzia sono legata a quest’isola, per le vacanze trascorse alla fine degli anni sessanta alla Chiaiolella, tra spiaggia e gite su vecchi gozzi di famiglia. Quando mi giunse l’invito di Maria Iovine, insegnante in pensione e Presidente dell’Associazione “Chiaiolella – Borgo Marinaro” e curatrice del volume “ Ricette del mare e dell’Isola. Procidane in cucina”, a presentare il libro a Terra Murata, mi sentii felice e onorata di poter raccontare la storia delle donne procidane in cucina, a casa, nei ristoranti e negli alberghi, spesso figure di secondo piano, rispetto alla professione di chef, invece protagoniste di storie familiari e di grandi tradizioni tramandate di generazione in generazione, da nonne, zie e mamme, prima dell’uscita del libro, soltanto per via orale.

Ecco allora la decisione di raccontare sistematicamente – con un’eccezionale operazione di ricerca - pezzi della loro vita e di raccogliere le ricette in un rapporto di continuità tra passato e presente.

Il libro, si compone dell'introduzione di Maria Iovine, di una pagina di sua sorella Libera, (nota chef stellata) dedicata al rapporto tra le donne e la cucina di ieri e oggi e di 21 capitoli dedicati alle ricette del Ricordo (quelle raccolte oralmente), a quelle del Borgo (quelle cucinate in passato e attualmente in tutti i ristoranti e le case dell' isola). Maria ha continuato a scrivere libri dedicati alla sua amata isola, l’ultimo: ”Storie e Sapori di Procida” in collaborazione con suo fratello Giovanni e con le ricette di Libera Iovine, pubblicato due anni fa.

Tra le ricette del Borgo c’è quella del “Casatiello col criscito di Archina” (rarissimo nome femminile per ringraziare la Madonna dell’Arco), una delle socie dell’associazione, sessantenne casalinga, da sempre bravissima nella preparazione dei dolci e disponibile con tutti.

Il “criscito” non è altro che una piccola parte d’impasto di acqua a temperatura ambiente, farina e lievito di birra da far riposare e crescere per un tempo variabile secondo la stagione e la temperatura esterna. Permettetemi una divagazione: mi capita spesso di leggere che i termini “criscito” e lievito madre siano usati come sinonimi, in realtà, il secondo, conosciuto anche come pasta acida, è “la madre di tutti i lieviti” ed era un elemento fondamentale nell’unico metodo di panificazione conosciuto in passato; Batteri e funghi si trovano normalmente nell’aria e su ogni superficie, in presenza di un impasto di acqua e farina questi microorganismi innescano la fermentazione. La preparazione del lievito madre, da un certo punto di vista, non è difficile: basta impastare acqua e farina per ottenere una fermentazione. È però anche un’operazione delicata, che richiede attenzione e pazienza: per creare e ottenere un buon lievito bisognerà aspettare almeno un mese.

Durante questo periodo i microrganismi presenti nell’ambiente trasformeranno l’amido della farina in elementi volatili.

L’impasto va lasciato riposare in un contenitore, preferibilmente di vetro, per circa 48 ore o finché non si vedrà la pasta lievitare, di solito almeno il doppio. Il tempo di lievitazione dipende ovviamente dal tipo di farina utilizzata e dalla temperatura ambiente. Questo lievito andrà poi sempre “rinfrescato”, cioè lavorato con la stessa qualità e quantità di acqua e farina adoperate per il primo impasto. Questo ceppo può durare anni: è tradizione tra le famiglie scambiarsi i ceppi per mantenere sempre viva la pasta madre. Chiusa parentesi.

Ancora un po’ di pazienza

Prima di raccontarvi di Archina e del suo “casatiello”, un cenno all’etimologia descritta dallo scrittore Vittorio Parascandola nel suo “Vefio”, dove per “casatieddo”, s’intendeva una ciambella pasquale di pasta dolce, lievitata dal “crisceto” e cotta al forno. Metaforicamente s’intendeva anche come cattivo servizio o sgradito imprevisto: “ Figghjema m’ha purteto chistu casatieddu”! si usava infatti, e si usa ancora scambiarsi il casatiello tra parenti e amici e in particolare tra nuora e suocera come gesto di buona “crianza” (educazione, gentilezza). Per questa ragione ogni “femmena aggarbata” ci teneva a non sfigurare e a seguire certe regole scaramantiche : segnare croci sulle ciambelle riposte a lievitare al caldo a lungo, per infornarle a tempo debito, in altre parole, allo scampanio della Gloria e non prima : “Gloria sunanno, casatieddo sfurnanno”, si trattava di un imperativo! Si infornavano il Sabato Santo in modo che fossero pronti al suono della Gloria. A non tenerne conto, veniva fuori un casatiello “ammazzarruto” (non lievitato bene e per questo pesante e non digeribile, da qui l’appellativo per una persona pesante o noiosa… “chist’ è proprio nu casatiello”!)

Eccoci! Stiamo per arrivare alla ricetta… ora però, qualche cenno sul significato simbolico del casatiello e dei suoi ingredienti: il lievito è simbolo di vita, detto “criscito”, perché si espande e dà vitalità alle coste, sollevandole dalla morte e dalla materia amorfa. Le uova da sempre simbolo della Resurrezione; le massaie di una volta iniziavano a raccoglierle giorni prima di Pasqua proprio perché servivano per i casatielli sfornati in quantità. I coralllini colorati, “e riavulill” a ricordare che la vita ha anche bisogno di gioco e spensieratezza, così come il tanto e lungo lavoro d’impasto di gomito (niente Bimby !) a ricordare che la vita è anche lavoro e fatica. Il naspro bianco a ricordare candore, purezza e pace. Dopo la cottura i casatielli alti e profumati si conservavano per molti giorni, così che i mariti, per la maggior parte marittimi, potessero mangiarlo al ritorno a casa.

Il Casatiello Dolce dell'Isola di Procida

La Ricetta

Gli ingredienti sono stati dosati da Archina per tre casatielli, secondo la tradizione dello scambio con parenti e amici.

- Prima Lievitazione

250 gr. di “criscito”
3 uova intere
3 cucchiai di zucchero
250 gr. di farina
1 bicchiere d’acqua o di latte tiepido
Impastare tutto insieme in una grande zuppiera e far lievitare al caldo per 24 ore

- Seconda lievitazione

1 kg di farina
500 gr. di zucchero
400 gr. di condimento (a scelta sugna, burro o margarina)
8 uova intere
Buccia grattugiata di limone
1 tazzina di rhum
Latte q.b.
Facoltativo: 4 uova per teglia
Per decorare 2 albumi e corallini colorati a piacere

Procedimento

Versare l’impasto della prima lievitazione in un capace contenitore insieme con tutti gli ingredienti della seconda. Impastare a mano con forza per almeno mezz’ora.

Distribuire il composto nelle teglie rotonde e alte con il buco al centro, doverosamente imburrate. Chi vuole può posizionare delle uova crude con il guscio, ben lavate, intervallate tra di loro. Lasciare lievitare per ulteriori 24 ore, finché i casatielli non appariranno ben gonfi. Infornare a 180 gradi a forno caldo per 30 minuti. Per il naspro, sbattere i due albumi e versarli sui dolci, spargete infine in abbondanza i corallini colorati e infornate ancora per alcuni minuti. Lasciare riposare e servire.

Quel pomeriggio di agosto di sei anni fa, il giorno della presentazione, sul traghetto da Pozzuoli per Procida faceva un caldo terribile, per un attimo ricordo di aver pensato “ chi me l’ha fatto fare”, dovevo rientrare in serata, credevo in traghetto… Invece tutto si è protratto a lungo in leggerezza e spensieratezza, con la dolcezza dei ricordi delle signore procidane, impagabile stare lì ad ascoltarle. Mezzanotte…” Maria, le dico e come torno a casa?”…”non ti preoccupare…un ragazzo mi dice di seguirlo, arriviamo al porto, non vedo né traghetti, né aliscafi…all’improvviso a tutta velocità appare un gommone…prego salga!

Titubante mi accuccio con lo scialle che avevo portato, nonostante il vento, il freddo, gli schizzi d’acqua di mare, sono rientrata a casa con un senso di ebbrezza, dolcezza e fierezza di aver partecipato a un momento unico di orgoglio isolano per aver saputo preservare storie, profumi e sapori di una fantastica isola: Procida .

Grazie di cuore Maria e Archina, mai come in questi giorni , in questa Pasqua “isolata” , preparate o almeno provate a impastare il vostro “casatieddo” sarà come risentire quella ventata di libertà e spensieratezza che tutti ci auguriamo torni al più presto.

Auguri a tutti di dolcezza e pazienza!

Giulia Cannada Bartoli

Dr.ssa Giulia Cannada Bartoli 
International Export Manager

Giornalista Professionista Wine & Food

Altri articoli