Osteria Tre Gobbi: il vascello del pirata Filippo Cammarata.
Via Broseta 20c - Bergamo
Email: info@tregobbi.it
tel: 035.243405
chiusura: lunedì e martedì
Prezzo: Due menù degustazione a 55 e 75 euro, alla carta sui 60 euro.
Menù // Carta vini
Osteria Tre Gobbi - entrata
Siamo a Bergamo, zona bassa, nel centro. Qui c’è una delle più antiche osterie della città, se non la più antica.
Osteria Tre Gobbi - dettaglio sala
Da meno di due anni il timone in cucina è passato a Filippo Cammarata, bergamasco di nascita ma siciliano di origine, chef che si era già fatto apprezzare alla conduzione iniziale di Bolle e che ora si sente ancora più libero di dare sfogo alla sua creatività. In menù si possono trovare ancora piatti della tradizione ma la carta si è decisamente evoluta verso una cucina davvero originale e creativa.
Filippo è uno spregiudicato pirata dei sapori,
ama viaggiare e far viaggiare con i suoi piatti, con Sicilia sempre presente, evocata e rappresentata. Si infila in correnti, per tanti pericolose, sulle onde della sapidità, delle acidità e dell’agro dolcezza ma rivela una grande sicurezza al timone.
Incisività, golosità, originalità in tutto il percorso, che inizia con un trittico di amuse bouche:
- la rivisitazione del pane “cunzato”;
- una verticalizzazione di carota, con il suo squisito jus e la buccia seccata;
- un ottimo salame di produzione propria, di cervo.
L’interesse per il mondo vegetale e il no waste è alto e dopo la carota, il piatto iniziale della degustazione è il cavolo nero, in varie consistenze su crema di fagioli, un piatto tendente all’amaro, nel quale nulla del vegetale viene scartato. Interessante ma non così incisivo.
L’insalata di seppia con lardo, remolaccio, peperoncino e estratto di ginepro è una bella boccata di iodio con un bel gioco di rimando fra la seppia e il lardo e la componente vegetale a pulire.
Grande gusto e golosità con il cavolfiore, con crema di cioccolato bianco e una salsa al sesamo e soia.
Il kiwi, come se fosse un pomodoro per una salsa che condisce dei paccheri, sui quali adagia ostriche ghiacciate e spolvera con funghi trombetta, è un piatto originale, che ha un piccolo difetto nella temperatura di servizio, perché l’ostrica ghiacciata tende a raffreddare velocemente il piatto.
Il raviolo con ripieno di sarde in beccafico è un altro omaggio alla Sicilia, piatto piacevole ma non così interessante.
Le due portate di carne sono invece davvero notevoli e denotano una grande maestria nel gestire le tonalità agro-dolci.
Si parte dal caldo freddo di quaglia, con una tartare delle coscette all’interno, cedro, mandorla e una salsa di vino “antico” (ricetta di Apicius) speziato con chiodi di garofano e ginepro. Davvero una bomba di contrasti perfettamente riusciti.
Il maialino dei Nebrodi beneficia di una salsa eccellente “alla stimpirata”, un agro dolce di grandissima intensità per un altro grande piatto.
Come pre dessert abbiamo avuto la fortuna di assaggiare un piatto, che in realtà è nella sessione primi del menù: uno spaghetto con salsa di royale di fegatini di pollo , fichi e povere di tè nero affumicato, estremamente godurioso.
Finale ispirato agli Achrome di Piero Manzoni, un piatto rigorosamente monocromatico con una meringa a ricoprire dei cubetti di finocchio, mozzarella di bufala e un semifreddo al cioccolato bianco. Un bel finale di un bel percorso degustazione che ha dei momenti di grandissima intensità.
In conclusione
Un plauso a Marco Carminati che da 10 anni gestisce questa osteria. Ha il grande merito di aver creduto e lasciato carta bianca e massima libertà di espressione a Filippo per un bellissimo caso di riposizionamento di un locale “classico”.
Ergo, come trasformare una osteria storica nel vascello di Capitan Harlock!
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