Paris Nous Appartient III - Le Clarence

Gae Saccocciomar 7 mar 2023

Restaurant Le Clarence

31, avenue Franklin D. Roosevelt - 75008 Paris
Tel: +33 1 82 82 10 10
Email: reservation@le-clarence.paris
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- Pranzo di sabato 11 febbraio 2023 -

Giuro, è la prima e ultima volta che mi farò tenere in ostaggio per cinque ore attorno a una table de restaurant.

Se mai dovesse accadere ancora deve essere alla tavolata di un Gropius, di un Webern di un Rothko reincarnati in uno chef. Cioè qualcuno che abbia rivoluzionato in maniera definitiva il linguaggio della cucina così come hanno fatto quei geni creativi, ognuno nel proprio ambito: architettura, musica, pittura. 

Voglio dire che in un paio d’ore il messaggio gastronomico - il gesto e il pensiero dietro al piatto - se e quando ci sono arrivano forti e chiari, senza il bisogno di strafare. Al contrario invece si rischia la fine di certi registi verbosi che pretendono di sciroppare al mondo i loro filmoni supponenti allungando il brodo per durate interminabili. Quando poi alla fin fine assai spesso le poche idee alla base di molte sceneggiature si potrebbero tranquillamente sviluppare in un cortometraggio di pochi minuti. Vero che nei film, soprattutto le elefantiache produzioni hollywoodiane, il regista tende ad eccedere in base alla inesauribile disponibilità del produttore.

Eppure i migliori capolavori del cinema d'arte molto spesso sono produzioni indipendenti a bassissimo budget complicate di limiti e ostacoli, mentre le superproduzioni sono quasi sempre delle cagate d’intrattenimento del livello più bieco.

Noto en passant che il medesimo discorso vale anche per la ristorazione dove da ingredienti modesti e materie prime essenziali si possono ottenere piatti concettuali di ricchezza madornale.

Sicuramente uno chef sostenuto da una proprietà con investimenti faraonici ha meno preoccupazioni gestionali, può dormire sonni più tranquilli data la solidità economica. Può permettersi di stupire con effetti speciali pomposi e ingredienti munifici, ma questa agiatezza molto spesso non gioca quasi contro, a raggelare la fiamma della brama inventiva e del travaglio creativo? Contenuto della cucina è la cucina stessa, senza girarci troppo attorno.

A proposito di Mark Rothko, da qualche parte ha scritto che "il contenuto della pittura è la pittura stessa", e al Centre Pompidou poco distante da Le Clarence c’è un suo quadro: N. 14 Browns over Dark del 1963, quando la paletta del pittore si stava “ingrossando" di una maggiore gravità, ispessita da masse compatte di colore che il critico Michel Ragon ha definito “tavole di meditazione”.

Con questo non sto certo suggerendo tra le righe che ho mangiato male alla table de méditation di Christophe Pelé, ci mancherebbe altro! Solo che per quanto mi riguarda il margine gastronomico entro il quale restiamo in un limite di tolleranza e civiltà non dovrebbe superare le due, tre orette oltre le quali l’accoglienza si tramuta immediatamente nell’Anonima Sequestri.

Varcare la soglia lussuosa a Le Clarence ci proietta subito in uno Château di Bordeaux anche se è un hotel particulier dell’8° arrondissement di Parigi.

Le sale del desinare emanano il fascino nostalgico-decaduto, l’allure struggente di tante pagine dei giganti della letteratura francese: Balzac, Flaubert, Maupassant. I piatti sono impeccabili ma per il mio palato un po’ troppo cesellati. Ingredienti enfatici anche se, e menomale, almeno fino ai desserts, mai sbilanciati sull’accomodante, il lusinghiero e lo zuccheroso. Devo dire che le cospicue aspettative sulla cucina, nonostante l’ambiente cosi “ancien régime”, sono state rispettate. I piatti erano niente affatto parrucconi, ma forse troppi e senz'altro troppo inutilmente espansi nel tempo.

  • Lumaca di mare e salsa tartara;
  • Pasta fritta con pepe;
  • Chou con tartufo nero e Comté;
  • Spergola fritta, oni karashi, prosciutto Noir de Bigorre;
  • Sgombro con crema di bufala e funghi;
  • Langoustine cruda con riduzione d'arancia rossa e polvere di lampone;
  • Waffle di grano saraceno, crema taramosalata;

La triglia, il rombo con spaghetti di patate, civelle (anguille cieche), acetosa e la granita di acetosella come pre-dessert sono state le tre portate che più mi hanno trasmesso una scossa alla spina dorsale, ma alla fine della fiera è un po’ poco per un pranzo cominciato intorno a mezzogiorno e mezza e concluso a pomeriggio molto inoltrato. 

Dulcis in fundo, nel regno ingessato del Domaine Clarence Dillon non era per niente scontato il fatto di trovare in carta e godere vivaddio, d’una gran bella boccia del talentoso vigneron giapponese nella valle del Rodano che purtroppo ha smesso di fare vino proprio nel 2017: Hirotake Ooka del Domaine La Grande Colline. Un lucente, terragno “Le Canon 2017” perfetto ad attenuare, almeno nel bicchiere, l’insofferenza e l’allucinazione delle 5 ore di sequestro autoimposto chez Pelé.

Mi rendo perfettamente conto di aver calcato un po' la mano su questa cosa della durata, ma volevo trasmettere a chi legge lo stesso sentimento d'insofferenza che ho provato io. Troppe portate dagli intervalli eccessivamente dilatati tra un piatto e l’altro, ritengo che l’alta cucina non può lasciare al caso la scansione e la vivacità del ritmo, perso il quale si perdono anche la fame, l’attenzione e la fantasia.

La degustazione

Domaine La Grande Colline - Le Canon 2017

Triglia grigliata sulla sua pelle, midollo, riccio di mare, crisantemo giapponese, succo acido a base di arancia;

Rombo leggermente grigliato, spaghetti di patate, Angulas (pibales), acetosella, piede d'agnello, riduzione di pesce;

Mandorle di mare (Venus verrucosa) gratinate, cavolfiore grattugiato a crudo, Hibiscus;

Ostrica in camicia, tentacolo di seppia fritto, salsa pil pil;

Gyoza di Langoustine e animella, nero di seppia, tartare di seppia;

Tagliatelle fresche, granchio reale e zafferano;

Anguilla affumicata e laccata, caviale Osetra, mascarpone;

Aragosta, riduzione di crostacei, rognone di vitello, trippa di baccalà bianco, tartufo nero, fiore di nasturzio;

Agnello da latte dei Pirenei, cavolini di Bruxelles fritti, crema di rucola e lime, acciughe, salsa di carne e spezie argentine. Insalata Rosa di Goriza, menta, aceto;

Pithivier di piccione, foie gras, spinaci, purè di sedano rapa e fondo di piccione;

  • Crema al limone, gelatina al levistico;
  • Granita all'acetosella;
  • Meringa, lattuga di mare, cioccolato bianco e frutto della passione;
  • Chou, sesamo nero, zenzero, frutto della passione;
  • Barbabietola, mela, radicchio, pinoli;
  • Tarte alla pera confit ed emulsione al Marsala;
  • Crostata di crème brûlée, caramello, sciroppo d'acero, cacao, gelato al tartufo nero

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