Pizza. La virata crunch di Francesco Martucci e il disincanto dell'allocco
I Masanielli Pizzeria Francesco Martucci
Caserta Viale Giulio Dohuet 11 - Tel. 0823.154 0786
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Aperto sempre - Chiuso lunedì, domenica sera
Sui 20 euro
Una serata al Roij a Nola. Inizio settembre 2018: "Spicchi d'Oriente".
L'ospite è Francesco Martucci che sperimenta la sua idea di fusion applicata ai fritti.
Tra montanare con ventresca di tonno e burro allo zenzero o con shitake, e uno spicchio di pizza con Kobe e pomodoro confit.
Francesco Martucci montanara con ventresca di tonno per Spicchi d'Oriente al Roij Nola 2018
Francesco Martucci montanara con shitake e tonno per Spicchi d'Oriente al Roij Nola 2018
Ci si intrattiene a fine serata con lui, Antonio Lucifero e Alex Petrillo sui divanetti della veranda per parlare non tanto delle cose mangiate, ma del mondo come va.
Francesco d'un tratto chiede: E allora com'erano i fritti?
Francè, morbidoni. Fin troppo soffici, una bambagia tale e quale, pari pari la tua pizza. Ma la frittura è il corto circuito del piacere: friggi prendi mangia. E il piacere ha il suo gridolino, il suo anelito che fa crock crunch al primo morso.
Lui guarda attraverso i suoi occhialoni, sorride, si illumina. E ti accorgi che pensa.
Sì perché il tratto saliente della poetica di Martucci sin dall'esordio, dal minuto primo che l'ho conosciuto, è stato l'elogio della morbidezza, della sofficità.
La scioglievolezza per lui era, ed è vedremo, un'appendice, una conseguenza.
È l'opposto della tenacia.
È un corollario del teorema: più acqua meno farina moltiplicato il gradiente di lievi-maturazione fratto la temperatura del forno e il tempo di cottura.
Nasce così la sua nuova pizza casertana che ha guardato a Napoli, ma ha sempre scrutato ben oltre oltre il Garigliano
Come, del resto, era già avvenuto con Franco Pepe e come di lui vi racconterò a parte.
Sì da Caserta, dove c'è la Reggia in cui Re Ferdinando di Borbone, disceso da Capodimonte con la pizza a' libbretta di Monzù Domenico Testa il figlio di Ntuono, si rifugiava per sfuggire ai Lazzaroni. E verosimilmente per godere delle frivolezze nel Parco e dei benefici del new labour deal al Real Casino del Belvedere di San Leucio.
Ecco, le radici contano anche in gastronomia.
Dunque, dicevo della morbidezza martucciana.
È stato il tratto identitario della sua pizza, dovuto anche al suo condurre al limite estremo la lievi-maturazione dell'impasto, fin quando la riserva degli zuccheri è oramai prossima all'esaurimento.
Lo ricordate il pallido colorito del disco degli esordi de I Masanielli in viale Lincoln? Pochi zuccheri, poca Maillard.
Risultato: una pizza morbidona, soffice, perfettamente cotta, scioglievole, eppure capace di reggere topping semplici, come nella Marinara, e via via sempre più ricchi, sempre più complessi.
A I Masanielli di viale Dohuet le cose sono cambiate.
I Masanielli Francesco Martucci la squadra
Nuove tecnologie nella cucina, una squadra formata e ubbidiente, una camera di lievitazione segreta come il gabinetto di Ferrante Imperato.
E poi i viaggi e le scoperte in giro per l'Italia e il resto del mondo tra le tavole stellate.
La consapevolezza che tra il bancone e il forno lavorano anche tipi come Renato Bosco e Simone Padoan, al quale ha dedicato, proprio a inizio luglio scorso, durante la sua visita a I Tigli, una vera e propria standing ovation: « Sto bene, banco immenso. Ma immenso davvero. Tutti in piedi sbattete le mani».
L'artigiano vero, dunque, è quello che non tappa l'orecchio, non chiude l'occhio, né la mente, né il cuore.
Dalle sue mani i pezzi unici nascono così.
Assaggiare le pizze proposte oggi in carta da Francesco Martucci è come ritrovarsi dinnanzi a tanti pezzi unici, ognuno diverso dall'altro, ma all'altro complementare.
E tutti riuniti dal tratto che riconosci, che ti riconduce all'artigiano artista.
La virata dalla primordiale, e a lungo perseguita, morbidezza come bambagia al crunch attuale, al croccante che avverti nel morso dello spicchio, è pari al gridolino orgasmico che si dissolve nell'estasi della completa dissolvenza al palato.
Non nasce a caso. È frutto di contaminazioni culturali, ma anche di tecniche che non hanno bisogno di trucchi o di magiche farine.
Ecco, lui non evita, bensì ricerca lo shock termico quando inforna. Che blasfemo.
Assaggiate per credere L’Alice in castagna.
I Masanielli Francesco Martucci L'Alice in castagna
Scaraventata nel forno a 420 gradi con il disco a una temperatura di 11-13 gradi è guarnita con sfoglie di patata di Avezzano, fiordilatte, castagne fermentate un mese, olio filtrato di Genovesa, alici di Trapani, cipolla Giarratana bruciata.
Ecco, lui integra ed embrica diverse tipologie di cottura.
Esemplari sono Futuro di Marinara e Popeye. Tre cotture dell'impasto a tre diverse temperature: 100 gradi al vapore, 180 gradi in frittura, sui 400 gradi al forno. Poi le guarnizioni.
I Masanielli Francesco Martucci Il Futuro di Marinara
La prima con vellutata di pomodoro datterino arrosto, origano d'Ischia, capperi di Salina, olive caiazzane, pesto di aglio orsino, filetti di acciughe di Trapani, basilico.
I Masanielli Francesco Martucci Popeye
La seconda con spinaci saltati al burro di Normandia e parmigiano, crema acida di latte di bufala, coppa di testa di maiale, essenza di limone in zeste.
Bastano già questi assaggi per capire che a I Masanielli la virata crunch, con l'abbandono della morbidezza, è una vera e propria scelta di campo che indica una strada a chiunque voglia sperimentare appieno l'applicazione dell'alta cucina alla pizza anche qui al Sud, dalle parti di Napoli, tra il Garigliano e il Sele.
I Masanielli Francesco Martucci Popeye
Si tratta di un processo evolutivo ineludibile, una via senza ritorno, credo, che porterà Francesco Martucci altrove e che lo affranca definitivamente dagli schemi di riferimento della pizza napoletana tradizionale, quelli che ingenuamente e banalmente vengono posti a confine, sospesi, tra le certezze di ieri e le incompiutezze di oggi.
Tra contemporaneità e tradizione, Francesco Martucci ha scelto la modernità,
Appartenere, cioè, al presente, ma essere già nel futuro.
Ecco perché Francesco Martucci disincanta l'allocco.