Bros' for dummies: avanguardia non è un triplo cheeseburger!
Cosa è Bros Lecce se non lo hai capito: Floriano Pellegrino ed Isabella Potì
The Art of Thinking Independently B’
di Giulia Nutricati
Due anni fa lasciavo Bros’ e andavo via dal Salento.
Già in quell’ultima fase alcune cose nascevano mentre io andavo. Le provocazioni gustative, tattili e ideologiche erano il pane quotidiano. Erano il motore, il gioco che valeva sempre la candela.
“Limoniamo” veniva progettato, Luigi Partipilo all’epoca Art Director, assecondava Floriano in (quasi) ogni atto provocatorio e l’ostentazione di quelle labbra, di quell’atto così personale nascondeva molto di più di una semplice manifestazione di se stessi.
Negli anni abbiamo osservato la riscoperta del rapporto cibo - sensi.
La nuova cucina ha aperto la possibilità di esplorare senza pudore il proprio corpo, le proprie sensorialitá senza supporti esterni: il piacere di toccare il cibo con le mani, di sporcarsi, di godere attraverso più sensi contemporaneamente.
Ieri ho limonato Floriano e ho capito che la cosa più “drammatica” ai più non è la scultura in se, è il paradossale senso di pudore che fa scaturire questo atto negli ospiti, che si riscoprono nudi, a godere ed essere osservati durante l’atto.
Il piatto con l’oliva.
Quella varietà dura, amara, estremamente local - sporca! Sporca le mani.
Vallo a raccontare che dietro a quella poltiglia violastra si celano i ricordi di nonne del Sud che macinavano olive come caramelle e le loro mani erano sempre macchiate e portatrici sane di odore di terra.
Il piatto più intrinseco di memoria che potessi ritrovare.
L’aceto che spacca la bocca.
Manifesto del suo pensiero, traiettoria delle strade del Sud. Ce ne voleva sempre un po’ di più, tanto da stemperare magicamente l’ostrica con il tartufo nero. Di aceto non si campa mai abbastanza, qui.
Lo spaghetto è firma.
È contatto con le mani, della cucina, questa volta. È pasta tiepida, collosa, intrinseca di rancido. Umami allo stato puro.
La carne non carne è tipico di Floriano.
Un piatto estremamente discutibile quanto geniale. Il mio secondo preferito.
Il soufflé di Isa è nuvola e zucchero filato.
È stato come spremere, filtrare e ridurre all’osso un pensiero.
Tu entri, ti siedi e non pensi. Se esci e non sai cosa hai vissuto, probabilmente la formula ha funzionato.
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