Esperienza "stellata" a 15 euro? è possibile, da Tsuta Japanese Noodles in Tokyo
il Ramen di Yuki Onishi in tokyo è stato il primo ad essere stato inserito nella guida michelin con una stella.
Tsuta Japanese Noodles
Giappone, 〒151-0066 Tokyo, Shibuya City, Nishihara, 3 Chome−2−4 B1
Giovedi Chiuso ⋅ Apre alle ore 11
Telefono: +81 3-3943-1007
Arrivare da Tsuta Japanese Noodles è abbastanza facile. Si trova a soli tre minuti dalla stazione di Sugamo sulla linea Yamamote. Usciti dal lato sud, è necessario girare a sinistra subito dopo un caffè e un pachinko e ci si troverà su una strada con un negozio di biciclette. L’insegna comparirà dopo pochi metri.
Adoro il Ramen. Questo pietanza tradizionale della cucina giapponese, di origini cinesi, nonostante la distanza che separa Napoli da Tokyo, è una preparazione che per certi versi ricorda i piatti gustosi e saporiti della nostra tradizione gastronomica. Nati dalla necessità di insaporire con maestria e lunghe preparazioni materie prime povere (vedi Ragu, Genovese, Minestre) con l’unico ingrediente che non si può acquistare e che dona quell'inconfondibile gusto umami: l’amore.
Economico e amato dalla classe operaia, soddisfa chiunque abbia bisogno di riscaldarsi in una fredda notte d’inverno. Nonostante le sue umili origini, la sua versatilità (il brodo veniva preparato con il poco a disposizione) ha consentito alle menti creative di personalizzarlo, adattandolo al proprio stile, trasformando una semplice ciotola di noodles in un pezzo di arte culinaria.
Nel 2016 Tsuta di Yuki Onishi è stato il primo ramen-shop ad essere insignito di una stella Michelin. Questo ha generato un’ondata di interesse internazionale per questo luogo tanto che è diventato difficile assicurarsi una ciotola di brodo.
Tsuta non è il solito ristorante stellato che ci si aspetta in Europa, non esistono prenotazioni e come in un qualsiasi pizzeria ci si mette in fila (a volte può durare più di un’ora). Nel tentativo di controllare la folla che infastidiva il vicinato hanno inventato un sistema di carte dai diversi colori separati in intervalli di 60 minuti: chi volesse assicurarsi un posto all’ora stabilita, può recarsi al mattino presto e lasciare una cauzione di 1000 yen (8euro) in maniera tale da pianificare la giornata in base all’ora prescelta.
Arrivato il proprio turno (come da consuetudine in Giappone per i ramen-shop) si paga in anticipo ordinando dal distributore automatico. Per chi gradisce c’è la possibilità di scegliere un side dishes da accompagnare alla propria ciotola di brodo. Ci si siede al banco (nove posti) dove lo chef assembla al momento il ramen prescelto. Il procedimento è religioso: ogni elemento viene misurato in maniera tale da rispettare quantità e proporzione della ricetta.
Eccoci finalmente al fatidico momento, ci si chiede: “Sarà valsa la pena attendere tanto?” La risposta è un “SI” deciso senza mezzi termini.
Il brodo di shoyu ha quel sapore salato che colpisce mentre lo si assaggia la prima volta. Lentamente scivola giù per la gola, immediatamente il dubbio lascia spazio alla serenità: l’umami indugia nella tua bocca portandoti in una dimensione in cui ci si dimentica spazio e tempo. Per, poi, arrivare al cuore carezzandoti l’anima.
La particolarità del ramen di Yuki Onishi, oltre alla lunga cottura del brodo assemblato con solo prodotti freschi e di giornata (in genere viene costruito con dei preparati, vedi Dashi ecc ecc) sta nell’aromatizzazione al tartufo (bianco o nero) sapientemente dosato tanto da non sovrastare gli altri elementi, un'aroma che funge da catalizzatore del gusto, amplificandone profondità e profumo.
I noodles sono del mio tipo preferito: soba di grano fatto a mano. Non esiste un dogma per gli spaghetti da Ramen, basta spostarsi a pochi chilometri da Tokyo per trovarne di spessi o di sottilissimi. Ogni regione ha un proprio modo di interpretarlo. Per fare un esempio quelli larghi stile Yokohama lasciano davvero appesantiti dopo un pasto. E poi le fettine di maiale, sottili e succose, l’uovo perfetto dal tuorlo liquido, il brodo caldo, ricco e profumato, regalano una profonda sensazione di benessere.
Nella mia esperienza giapponese ho mangiato tantissimi ramen e affidandomi a diverse guide credo di aver gustato quelli che secondo gli esperti (da Tokyo a Kyoto, passando per Osaka e Hiroshima) sono considerati i migliori del paese (Ippudo, Nagi, Ryukishin, King Aemon) ma quello di Tsuta è stato l’unico che non dimenticherò mai. Lo shoyu di Tsuta incarna l’impressione da dare a un purista su ciò che dovrebbe essere una ciotola di ramen. Al di là dei ragionamenti di noi fine diners europei (nessun servizio, nessuna carta dei vini, location anonima) il ramen di Yuki Onishi vale il viaggio ed è una stella Michelin brillante da provare almeno una volta nella vita.