Sushi Yasuda riverberi di Giappone a Manhattan
Manhattan, Sushi Yasuda: il Giappone a New York City
204 East 3rd Street - NewYork City 10017
T: (212) 972-1001
Email: [email protected]
Prenotazioni
Un entusiasmo sincero quasi infantile nei confronti di qualsiasi cosa sia nuovo, unito a una forte allergia al passato e alla conservazione dell'esistente (mentre in Europa nessuna legge è più forte di quella per cui <<si è sempre fatto così>>).
Francesco Costa, Questa è l'America
Ogni volta che vado e ritorno da New York, accumulo sempre un groppo in gola.
È una città tritacarne, con la vocazione a consumare quanto più futuro nell’immediato. I newyorkesi sembrano ossessionati dalla novità del momento presente, che il giorno appresso è già declassata ad antiquariato e dopo ancora qualche giorno viene magari ripescata, riqualificata come vintage, che come si sa il vintage fa figo e ops, quasi per magia costa il triplo!
Questa smania compulsiva del nuovo a tutti i costi (o del passato imminente rigenerato) è il germe patogeno alla base del capitalismo americano che genera un’insoddisfazione asfissiante, scatena ansia da prestazione nevrotica, promuove competitività fine a se stessa, induce al consumismo bulimico.
È lo stesso meccanismo fermentato dall’eccesso d’immagini, testi, suoni digitali: subissati dal flusso continuo di informazioni invece di accrescere conoscenze, rischiamo di cadere vittime dell’effetto opposto che diffonde distrazione, sensazionalismo, superficialità, disinformazione.
Il grande filosofo-sociologo Georg Simmel (si legge zɪməl) scriveva: “La moda ha il fascino dell’inizio e della fine insieme, il fascino della novità e nello stesso tempo della caducità.”
Ecco, New York è una parafrasi urbanistica in verticale di questa citazione di Simmel: inizio/fine, novità/caducità.
Challenge è forse la parola-chiave sostanziale al mito fondativo dell'economia, della politica, della cultura in America. Traduce la sfida, il mettere/mettersi alla prova che sorregge tuto il senso di aggressività sul mercato, di spregiudicatezza e competizione negli affari che nel bene o nel male rispecchiano miserie e splendori dell'imperialismo statunitense.
Eppure New York City proprio per questa sua vocazione genetica ad inglobare tutto e tutti alla velocità della luce offre un caleidoscopio enciclopedico vertiginoso di cucine etniche, tradizioni gastronomiche, saperi culinari le cui sfumature e varianti infinite non basterebbero cento vite per scoprirle, assaggiarle e approfondirle tutte.
Un'altra parola di cui ormai si abusa o se ne fa un uso del tutto svuotato di senso è sustainable, si moltiplica all'impazzata sulle vetrine dei caffè, nei menu dei ristoranti, i banconi dei macellai, sugli scaffali delle enoteche, sulle tende dei fornai, sui frigoriferi dei gelatai, e risuona del tutto paradossale nella città meno sostenibile del pianeta dove Spreco e Consumo sono le divinità spaventose che adombrano lo skyline di New York City, vendicative come le Erinni della mitologia greca.
Dopo alcuni anni che non ci incontravamo ho ritrovato in giro per Manhattan il mio caro amico Hiroshi Watanabe che mi ha introdotto per primo al mondo del Sake. Hiroshi-san è un fratello giapponese di Akashi nella prefettura di Hyōgo, dove c’è un mercato del pesce meno celebrato, più piccolo dello Tsukiji di Tokyo ma altrettanto eccezionale. Siamo stati assieme a visitarlo, un’esperienza incredibile soprattutto quando si è accompagnati da qualcuno che è di casa. Ho potuto osservare da vicino la tecnica dell’Ikejime, l’antico e cruento metodo di preparazione del pesce che paralizza i pesci trafiggendoli dal cervello alla pinna in modo da prosciugarli del sangue. Questa tecnica è fondamentale per preservare tanto il sapore quanto la consistenza del pesce, ma consente anche alle fibre della carne di sviluppare una gradevole gradazione umami una volta invecchiata. Ho conosciuto Hiroshi-san una decina di anni fa ad Hong Kong, sono stato appunto con lui in giro per il Giappone, è venuto lui varie volte in Italia a trovarmi con altri amici produttori artigianali di nihonshu, il nome più preciso per definire la bevanda alcolica di riso fermentato.
Ci siamo ritrovati quasi per caso a NYC pochi giorni fa e siamo andati assieme a lui e a un produttore di sake con l'azienda nel centro della città sacra di Kyoto, a visitare un posto a Brooklyn (Industry City) dove producono un ottimo sake fragrante non pastorizzato: Brooklyn Kura.
Hiroshi-san mi ha segnalato un ristorante di sushi a Midtown che lui considera tra i migliori di New York e non sbaglia proprio per niente: Sushi Yasuda.
Da Sushi Yasuda, aperto nel 1999 dal maestro Naomichi Yasuda a cui è succeduto Mitsuru Tamura al quale proprio ora sta succedendo Tomo (Tetsuaki Otomo) formatosi con entrambi i maestri del sushi, ci si dedica con devozione religiosa alla lavorazione di un'ampia gamma di pesci provenienti da tutto il mondo, inclusi pesci locali e regionali, nonché pesci del Giappone ovviamente.
Pasteggiando a Sencha (Ryokucha cioè il tè verde giapponese) ho fatto il percorso Omakase
dove ho potuto scegliere tra varie proposte molto specifiche e di precisione maniacale tipicamente giapponese in un’atmosfera serena spiritualizzata dal legno come in un’architettura di Kengo Kuma o di Alvar Aalto.
Ho cominciato con gli immancabili edamame e una zuppa di miso e vongole meravigliosamente umami.
Vari tagli di tonno rosso (Maguro) dalla Spagna:
Toro (parte superiore del dorso), Chu-toro (ventresca).
Coda gialla.
Tre diversi tipi di pesce rientrano nella classificazione "coda gialla", tra cui la ricciola a strisce dorate (Hiramasa), la ricciola maggiore (Kanpachi la ricciola, quella che ho mangiato proveniva da Kagoshima) e la ricciola giapponese (Buri). L'hamachi ideale per il sashimi deriva tipicamente dalla ricciola giapponese. Hamachi nel sushi ha un gusto delicato e una consistenza soda e burrosa. L'hamachi dalla coda gialla che mi hanno servito (provenienza Kumamoto) si distingue dal tonno pinna gialla (e dal tonno dalla coda gialla), una specie della famiglia Carangidae, che comprende gli sgombri.
Ho proseguito con tre tipi di pesce bianco:
Madai (orata di Ehime in Giappone), Kinmendai (cioè il Beryx decadactylus, conosciuto in italiano come berice rosso o Splendid Alfonsino pescato nei mari di Chiba sempre in Giappone); Nodoguro (il pesce persico nero Doederleinia berycoides noto anche come spigola rosata, sempre pescata nella regione di Tokyo).
E ancora, il salmone reale (provenienza Cile) e la trota oceanica (pescata in Islanda).
Aji (pesce marino o Sugarello del Pacifico pescato nei mari di Ōita a sud del Giappone sull’isola di Kyushu).
Gamberetti botanici (Botan ebi) che vivono a profondità di circa 200-500 metri in mari freddi. Più alte sono le temperature dell'acqua, più in profondità vivono. Prolificavano in molti posti nell'Oceano Pacifico a sud della Funka Bay di Hokkaido, ma sono diventati scarsi a Hokkaido e Toyama, quindi il Giappone e i ristoranti giapponesi più seri in giro per il mondo si affidano principalmente alle importazioni dalla Russia e dall’Alaska. Questo che ho mangiato io ad esempio è stato pescato in Canada.
Mi è stata servita una testa di gambero fritta come extra a spezzare col crudo di pesce.
Il Nigiri di Botan ebi ha una dolcezza più potente e un sapore più delicato rispetto ai gamberetti Ama ebi. Questo gambero dovrebbe essere trasformato in sushi Nigiri con una leggera pressione della mano viste le fibre tenere della carne. A volte le uova verde-bluastre vengono poste sopra il sushi o arrotolate nello stile Gunkan maki. Come l'Ama ebi, anche il Botan non è buono se mangiato freschissimo da vivo. Invece a mangiarlo circa 12 ore dopo tira fuori tutta la sua dolcezza sublimando la consistenza meravigliosa della polpa.
Capasanta (Hotate, proveniente dal Maine), uova di salmone (Ikura dall’Alaska).
Grongo, Anago (Conger myriaster) che a differenza dell’Unagi appare marrone chiaro dappertutto ed è decorato con strisce di piccoli puntini bianchi. Il grongo ha anche una pinna caudale più affilata di quella dell'anguilla d'acqua dolce. Gli Anago nascono in acqua salata e trascorrono tutta la loro vita in mare. Di solito si pescano anche nei fondi sabbiosi e torbidi di acque meno profonde, quello che he ho mangiato qua a Midtown in questo ristorante incredibile, proveniva da Nagasaki.
Il Maki o Makizushi era di ventresca di tonno.
Maki si riferisce al riso per sushi "arrotolato". Il riso viene arrotolato in un foglio di alghe secche, "nori". A volte è avvolto utilizzando altri supporti tipo frittata, cetriolo tagliato sottile, carta di soia.
Ho terminato questo splendido percorso Omakase di sushi con una tazza bollente di Hōjicha dal gusto piacevolmente affumicato, noccioloso.
Si distingue dagli altri tè verdi giapponesi perché viene tostato in una pentola di porcellana su carbone di legna. È generalmente tostato intorno ai 150 °C per prevenire l'ossidazione e produrre un leggero colore dorato, mentre altri tè giapponesi vengono cotti a vapore. Il processo di tostatura utilizzato per preparare l'hōjicha riduce anche la quantità di caffeina nel tè. In generale, la base di un hōjicha è costituita dalle foglie del secondo raccolto o ancora successivo.
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