Abramovich e l'ordine da 50 mila euro da Londra a Baku per il suo sushi preferito
A rivelare la notizia ieri è stato il Sunday Times, secondo cui fu uno dei suoi collaboratori a curare l’"operazione sushi", ma il fatto pare risalga a qualche anno fa.
Per l'oligarca Roman Abramovich potrebbe essere un semplice take away ma si tratta di un conto di 40 mila sterline, quasi 50 mila euro, per imbarcare i piatti nel suo ristorante preferito di Londra e farseli recapitare con un jet privato fino alla sua casa in Azerbaigian, dopo un volo di 4 mila chilometri.
Spendere 50 mila euro per ordinare del sushi sembra una spesa folle, ma non per Roman Abramovich. Un uomo che secondo la rivista statunitense Forbes, nel 2020 è stato l’uomo più ricco di Israele – di cui ha la cittadinanza essendo di origine ebraiche -: aveva un patrimonio stimato in 13,8 miliardi di dollari.
Considerato in passato vicino al leader russo Vladimir Putin, la sua storia ricorda quella di molti oligarchi russi con affari economici giganteschi, parecchie mogli e soprattutto acquisti decisamente onerosi come lo yacht Solaris da 600 milioni, comprato recentemente. E ovviamente i comportamenti eccentrici, come nel caso del sushi take away da quasi 50 mila euro.
Il fatto pare sia accaduto agli inizi degli anni duemila, quando Abramovich aveva appena acquistato il Chelsea. Il suo ristorante preferito si chiamava Ubon della catena Nobu e si trovava a Canary Wharf, il locale ora è chiuso ma all'epoca era uno dei templi del cibo tradizionale giapponese, molto apprezzato da tutti gli appassionati. Il costo dell’ordinazione fu di 1.200 sterline. I contenitori vennero caricati su una limousine e trasportati all’aeroporto di Luton. Poi un viaggio di cinque ore e mezza per 2.500 miglia fino alla capitale Baku, la destinazione finale in Azerbaigian. Il fatto è stato rispolverato dai tabloid britannici e nello specifico dal Sunday Times perché fu proprio un suo addetto ad occuparsi della speciale delivery.
Soddisfare uno sfizio gastronomico? Beh è molto di più, perché pur essendo fatti passati spiegano bene lo stile di vita degli oligarchi russi prima delle sanzioni.
Ma qual è la situazione oggi per Abramovich? La descrivono bene i racconti dei tabloid inglesi, che parlano de “La caduta del Roman Empire”. I titoli vanno sicuramente presi con le pinze visto che Abramovich è stato molto abile a distribuire le sue grandissime fortune (non è il più ricco degli oligarchi ma sicuramente il più celebre) riuscendo a prevenire le sanzioni. Qualcuno insinua che avesse informazioni di prima mano prima dell’invasione dell’Ucraina. Fatto sta che il suo patrimonio oggi si trova ben protetto nelle casseforti di Israele, Emirati, Turchia e degli altri Paesi rimasti estranei all’embargo. Ha messo in salvo una flotta di una mezza dozzina di super yacht. Il più piccolo lo ha venduto, sostiene il Guardian, a un socio non sanzionato, David Davidovich. Guarda caso, proprio il 24 febbraio, giorno dell’attacco di Mosca all’Ucraina. Poi ci sono tre jet privati e decine di immobili per il mondo.
In Gran Bretagna però deve fare i conti con una stretta che lo ha colpito duramente. Sono scattati congelamenti ed espropri per una buona metà del suo personale tesoro di 7,6 miliardi di euro che ancora gli viene accreditato. Non si parla solo del Chelsea, ma di lussuose proprietà immobiliari extra lusso e collezioni d’arte. Il magnate non può toccarle né tanto meno provare a liquidarle. Questo ha determinato una crisi di liquidità. Non può muovere denaro in Europa né spostare qui quello accantonato in Russia. I giornali hanno scritto che è stato costretto a chiedere prestiti volanti a partner d’affari stranieri, ma stavolta lui è intervenuto personalmente, smentendo l’indiscrezione.
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