Da Picasso a Carlberg: la rivolta della capra.
Tecnicamente l’arte della protesta ha una definizione ampia che si riferisce a “opere creative che riguardano o sono prodotte da attivisti e movimenti sociali”. Ci sono anche opere e correnti di pensiero contemporanee e storiche che possono essere caratterizzate in questo modo.
I movimenti sociali producono opere come segni, striscioni, manifesti e altri materiali stampati usati per trasmettere una particolare causa o messaggio. Spesso, tale arte è usata come parte di dimostrazioni o atti di disobbedienza civile. Queste opere tendono ad essere effimere, caratterizzate da portabilità e disponibilità, e spesso non sono di di proprietà di una sola persona ancora più spesso non sono nemmeno una proprietà.
I vari simboli della pace o il pugno alzato sono due esempi di proprietà democratica di simboli o segni.
L’arte della protesta include anche prestazioni, installazioni site specific, graffiti e arte di strada e oltrepassa i confini di generi artistici, media e discipline. Alcune opere d’arte di protesta sono associate ad artisti professionisti e formati, ma non è richiesta una vasta conoscenza dell’arte per prendere parte all’arte della protesta.
Gli artisti di protesta ignorano frequentemente le istituzioni del mondo dell’arte e il sistema di gallerie commerciali nel tentativo di raggiungere un pubblico più ampio grazie anche all’arrivabilità e alla diffondibilità di essa, perché l’arte della protesta non è limitata a una regione o un paese ma è piuttosto un linguaggio universale.
Ci sono molte opere d’arte con valore politico: la Guernica di Picasso, alcune opere di Norman Carlberg del periodo della guerra del Vietnam, le immagini di torture di Susan Crile ad Abu Ghraib.
Nel mondo dell’arte, quella performativa (tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70) è riuscita ad ampliare i confini estetici all’interno delle arti visive e del teatro tradizionale, attenuando la distinzione rigidamente interpretata tra i due. La natura transitoria, interdisciplinare e ibrida della performance art ha consentito il coinvolgimento del pubblico. L’apertura e l’immediatezza del mezzo hanno invitato la partecipazione pubblica e la natura del mezzo artistico è stato un centro per l’attenzione dei media.
E oggi invece?
Cambierà mai qualcosa in questo sistema che visibilmente cade a pezzi ma riesce ancora a tenersi in piedi a regola d’arte?
Bisogna fare attenzione perché proprio in questo periodo così contorto, così incerto, caratterizzato da una destabilizzazione socio-economica generata da un microrganismo invisibile ma dannatamente letale, succede che molti ci stan provando scendendo in piazza, riempiendo striscioni con richieste di ascolto e giù di lì. Come se l’inchiostro di un pennarello potesse diventar piombo in guerra. Ahimè, “the power of love” forse oggi è solo un ritornello hippy e nulla di più.
Eppure lui, l’uomo d’arte e cultura, il genio folle, incompreso e frainteso, colui che senza peli sulla lingua è il rappresentante di uno status che fondamentalmente richiama ed esplica quella che forse è la vera natura umana, lo fa sempre con irruente stile. Lui no che non scende in piazza (perché l’ha già fatto all’epoca con Moana Pozzi e Cicciolina...mica fesso!), lui si siede comodamente in un ristorante, trovando in uno dei ristoratori più in linea con le sue idee un alleato fidato.
Lo fa beffando, ancora una volta, la cosa più beffata e derisa di sempre, la più “beffabile” e raggirabile nella storia del popolo italiano: la legge.
Lui si è schierato a sostegno di Umberto Carriera, che, dell’arte del protestare, è attualmente il più grande ristoratore (ahimè, i cartelloni del tristellato Niko Romito son cosa troppo calma ed elegante).
Pugliese di origine, negli ultimi giorni Carriera è diventato il più grande esponente della “protesta artistica Pesarese”. Nonostante la chiusura di due dei suoi locali ha sfidato la legge, i Dpcm, due contravvenzioni e la dissociazione dalla sua condotta e dal suo pensiero da parte di tutta l’associazione ristoratori. Nonostante tutto Carriera continua sulla sua linea, celebrando l’arte e non tornando mai indietro. “REPENT AND SEEN NO MORE” citava Andy Warhol, ma questa volta non è così. Questa volta il ristoratore trova suo alleato Lui. Trova colui che della protesta ormai è l’icona. Trova il sindaco di Sutri, capitale della Repubblica del Sutristan. Trova Vittorio Sgarbi.
Sì, perché mentre tutta l’Italia venerdì entrava nel nuovo mondo dell’ultimo DPCM -provando a ricollocarsi in un colore a caso di un team misto tra Power Rangers e Teletubbies- Lui, come suo solito, ha reso plateale il suo schierarsi contro tale decisione.
Location della sua ultima performance le Marche, dove il critico d'arte si trova per lavoro. Il deputato e sindaco di Sutri è in visita nella storica città di Fano e quindi decide di proseguire con la sua protesta.
"Siamo una ventina di persone dentro a un ristorante in via San Francesco d'Assisi a Fano e stiamo mangiando tranquillamente ma fuori è pieno di carabinieri. Forse hanno fame anche loro", ha detto Vittorio Sgarbi, commentando la presenza delle forze dell'ordine all'esterno del ristorante di Umberto Carriera, come accade quando un esercizio viola il Dpcm in atto. In questo caso erano state violate le norme del coprifuoco e della chiusura serale.
“Ho trovato un ristoratore che ha messo a disposizione il suo locale perché privato della sua libertà. Sono qui con il mio amico, il produttore Giulio Borgognoni e altri per fondare un nuovo partito politico che chiameremo 'virus'!"- ha detto il critico d'arte.
Sul motivo per il quale è stata organizzata la tavolata, ha dichiarato: "Vogliamo mandare un messaggio a chi ci ha privato della nostra libertà: siamo la resistenza contro una dittatura fascista. Dopo andremo a San Marino dove potremo vedere in tempo reale che lì si può mangiare tranquillamente".
Certo questa provocazione non sarà la nuova Guernica di Picasso, ma di certo avrà colori e tinte di un nuovo quadro surrealista che irromperà nello scenario artistico di questa “straordinaria”pandemia. Una protesta fatta ad arte, direi.