Enoteca Pinchiorri, all'Asta 2.500 bottiglie per salvare il ristorante: "Le ho baciate e ho pianto"
Per provare a salvare l'azienda Giorgio Pinchiorri mette all'asta una parte della cantina
Giorgio Pinchiorri, patron dell'omonima Enoteca fiorentina, istituzione gastronomica e del buon bere, per provare a limitare i danni causati dalla pandemia, ha messo all'asta 2.500 bottiglie pregiate per un valore di circa 2 milioni di euro.
Il prestigioso catalogo "Enoteca Pinchiorri: La cantina leggendaria" sarà battuto a Londra il 2 settembre dalla casa d'aste specializzata in vino Zachy’s.
Tra i lotti si registrano due magnum di Vosne-Romanée Cros-Parantoux Reserve Henri Jayer 1999 (base d’asta 60 mila -100 mila sterline, circa 66 mila - 110 mila euro) e due bottiglie di Romanée-Conti Domaine de la Romanée-Conti 1990 (24 mila - 32 mila sterline), tutti grandi rossi della Borgogna. Per gli italiani, si va dal Barolo Monfortino Riserva Giacomo Conterno 1978 (2.600-3.800 sterline) ai grandi Super Tuscan, come le 12 bottiglie di Solaia 2015 (1.900-3.000 sterline) di Antinori e la 15 litri di Masseto 2014 (9.500-14.000 sterline).
Decisione sofferta quella di Giorgio Pinchiorri, si tratta di vini di cui si è preso cura e ha selezionato personalmente negli anni direttamente dai produttori. Una storia cominciata nel 1972 con l'apertura dell'Enoteca Nazionale, dove si potevano bere buonissimi vini abbinati a taglieri di formaggi e salumi, trasformatasi poi nel 1979 in un vero e proprio ristorante con l'ingresso in cucina di sua moglie, la francese Annie Fèolde.
Tre anni d'intenso e appassionante lavoro che nel 1982 hanno portato al primo importante riconoscimento internazionale: La prima stella Michelin.
Nel 1983 arriverà subito una seconda. E poi decine di riconoscimenti nazionali e internazionali, nel 1992 arriverà addirittura una terza che perderanno l'anno dopo per poi riconquistarle nel 2004, e mantenerle fino ai giorni nostri. La sua cantina oggi conta oltre 60 mila bottiglie, selezionate accuratamente in oltre 50 anni di collezionismo e passione. Una decisione sofferta, quella di "liberarsi" delle prestigiose bottiglie, ma necessaria per provare a limitare i danni causati all'azienda dalla pandemia da coronavirus.
“Prima di mettere le mie bottiglie nelle casse di Zachy’s e di vederle uscire dalla mia cantina le ho baciate una ad una e ho pianto, sia con gli occhi che con il cuore”, si legge nel catalogo.