150 anni dalla nascita di Grazia Deledda: il cibo come rito collettivo e identità
Grazia Deledda e la cucina sarda, il cibo come rito collettivo e identità
Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre 1871. La scrittrice lascerà la cittadina barbaricina e la Sardegna nel 1900. I luoghi dove nacque e crebbe hanno lasciato tracce indelebili nella sua formazione personale e di scrittrice. Sono i colori, la campagna, l’angusto villaggio natio, ma forse ancor di più le leggi arcaiche, le manifestazioni più naturali, quali la violenza dei venti, delle piogge, della siccità a tessere le trame delle magiche storie di Grazia Deledda.
Il cibo, per la scrittrice, è un personaggio primario o comprimario, che si materializza e cadenza le gesta giornaliere di un popolo che attraversa la storia, ne traccia l’ambiente, forgia il destino identificandosi nella propria terra. Il cibo non è solo un fabbisogno quotidiano, assurge a elemento etnografico, antropologico, codifica gli appuntamenti della vita, dal battesimo sino ai rituali funebri. Diventa rito collettivo, identità di una comunità ristretta ma universale nella sua elementarietà.
È con questo intento che l’Azienda Agrituristica Sa Mandra, ad Alghero, a centocinquanta anni dalla nascita del Premio Nobel per la Letteratura, per celebrarla e raccontarla, il 5 dicembre, ha ospitato sei laboratori che hanno animato gli spazi della azienda. Sei momenti pratici, dove sapienti mani, con maestria, hanno preparato cibi che popolano gli scritti di Grazia Deledda:
- Aranzada a cura di Rita Pirisi;
- Casadina salia a cura di Maria Antonietta Mazzone;
- Papassinos a cura di Mena Pirisi;
- Pane d’orzo a cura di Giuseppe Mele e Sara Murru, titolari azienda Paneozzu di Orosei;
- Maialetto arrosto a cura di Giuseppe Murrocu;
- Formaggio pecorino e ricotta a cura di Mario Murrocu e Francesca Adell;
Momenti concreti, gesta, profumi, fragranze, consistenze, che di par loro narrano di cibo, di agricoltura, di vita dei campi, di usi e costumi, di abitudini che grazie all’arte letteraria di Grazia Deledda tracciano l’identità della gente di Sardegna.
La mattinata si è conclusa con il “Pranzo Deleddiano”, con pietanze e preparazioni tratte da romanzi e novelle della scrittrice:
- Pane e lardo
“Per riflesso”.
Vorresti una pane col lardo?
Allora zia Coanna tagliò una fetta di lardo sull’asse che serviva per preparare il pane, e ne fece tanti pezzettini che dispose sopra un pane crudo, largo e rotondo; poi mise il pane a cuocere dentro il forno.”
- Prosciutto, salsiccia
“Fior di Sardegna”
su grosse tavole stavano disposte grandi quantità di formaggio e le provviste del lardo, del salame, della salsiccia, prosciutto e strutto
- Tundas formaggio fresco e miele
“La chiesa della Solitudine”
E mangeremo il formaggio fresco cotto col miele
- Sa frue
“La giustizia”
e le donne mature preparavano la minestra colla
- Ricotta fresca
“Sino al confine”
La domenica ella faceva un dolce molto economico, di ricotta e di zucchero
- Fegato insemolato
“La chiesa della solitudine”
e gente giovane per nutrirsi di agnelli arrostiti e di fegato di porco.
- Animelle infarinate
“Il giuoco dei poveri”
l’odore delle patate fritte con un po’ d’aglio, e delle animelle infarinate.
- Su filindeu
“Tradizioni popolari”
.Tutto il grano accumulato vien ridotto in pane ed in minestra, una specie di minestra detta “filindeu”. È una minestra tutta particolare a queste feste
- Pane fratau
“Tradizioni popolari”
Su pane frattau è il pane bollito e condito con formaggio grattugiato. Si mangia intinto nelle uova o in salsa di pomidoro.
- Pecora stufata con patate
“La via del male”
preparava il desinare per i lavoratori: carne di pecora con patate.
- Maialetto arrosto e verdure dell’orto
“Per Riflesso”
e nei taglieri di legno fu abilmente tagliato da Pietro il porchetto arrostito a puntino.
- Formaggio marcio
“L’ombra del passato”
e un intero formaggio marcio, da un buco del quale scappavano saltellando piccoli vermi bianchi
- Raviolo di pasta reale
“Tradizioni popolari”
sos culurjones de pasta reale (i ravioli di pasta reale).
- Gatò
“La via del male”
sul capo torte e gattòs e soprattutto corbe (còrbulas) d’asfodelo
- Aranzada
“Tradizioni popolari”
regala alla donna recantegli, poco dopo, un vassoio con due << carte >> d’aranciata.
- Papassinos
“Tradizioni popolari”
Sono i papassinos, dolci di uva passa, di mandorle, di noci e di nocciuole, riunite da una specie di poltiglia impastata con sapa o acqua inzuccherata.
- Vino barbaricino e caffè.
“Tradizioni Popolari”
Alle donne che vanno a far visita si usa servire il caffè.
“Fior di Sardegna”
nella cantina fresca, le botti di vino nero, rosso e bianco.
- Carasau
“Tradizioni popolari”
Per confezionare il nostro pane.
- Pane d’orzo
“Tradizioni popolari”
Impastata bene anche la farina dell’orzo deposta entro ad appositi recipienti di sughero (sos malunes). La si mescola del vero lievito, la si segna con la croce e si copre bene.