The best reviews from foodclubbers: La cucina di Ciro Scamardella al Pipero
Le migliori recensioni dei #foodclubbers: Pedr ci racconta la cucina di Ciro Scamardella al Pipero
Come avevamo promesso, le migliori recensioni pervenute alla redazione da parte degli appassionati foodblubbers saranno pubblicate su foodclub.it e chissà che tra voi non si nascondano i prossimi autori del nostro webzine. Oggi Pedr ci racconta la sua esperienza al ristorante Pipero, buona lettura.
Pipero Roma
Corso Vittorio Emanuele II, 250, 00186 Roma RM
Sito Web: piperoroma.it
Prenotazioni
Tel. +390668139022
Menù da 7 portate: 130 euro
Al centro di Roma, attraverso un ingresso su strada anonimo e ben celato, si accede ad uno dei locali più eleganti della capitale. I tavoli sono tutti nudi, in ebano liscio e lucido, l’atmosfera è intima e perfettamente accompagnata da una musica rilassante di sottofondo.
L’accoglienza del patron, Alessandro, è di quelle più autenticamente romanesche: come se ti conoscesse da un’eternità, ti tratta davvero come se fossi a casa tua e non sua, mettendoti subito a tuo agio con cordiale naturalezza e senza mai eccedere.
La cucina di Ciro Scamardella è tradizione e contaminazione: Roma, Napoli, Bacoli, tecniche francesi e sudamericane, ingredienti nostrani, giochi di consistenze, esplosioni continue.
Abbiamo fatto un viaggio lungo e intrigante, con vini in abbinamento che ci hanno permesso di godere appieno di ogni singolo elemento utilizzato e di immaginarne degli altri, esaltando olfatto e gusto.
Le tappe più sorprendenti? Ecco quelle che ci hanno più piacevolmente sbalorditi…
Il bun con coda alla vaccinara servito nell’aperitivo ci introduce nel mondo di Ciro e ne riassume in qualche modo la filosofia. Una cucina in cui la tradizione è compresa nell’innovazione ma mai del tutto superata, un piatto povero e popolare dal gusto deciso che si accompagna alla (ed è compreso nella) soffice nuvoletta di pane al vapore in cui è contenuto. Un morso soltanto, un lungo fuoco d’artificio che apre le danze facendo ballare le papille gustative, una breve ma precisa presentazione dello chef.
I ravioli con cavolo, vaniglia e capesante ci vengono serviti a metà percorso, ma potrebbero figurare nel dessert. L’intuizione dell’associazione bizzarra è la coccola invernale meglio riuscita del menù: un piccolo azzardo per un gusto vincente. La nota dolce prende a lunghi tratti il sopravvento, ma non stona – bensì avvolge con delicatezza. Un tortino dal cuore morbido con un retrogusto aromatico dato dal pepe sansho, dal ripieno fondentissimo di cavolo e vaniglia; la consistenza del raviolo è l’unica percepibile, la capasanta è un fiocchetto di burro scioglievole.
L’impepata di cozze è forse la portata più contemporanea tra quelle proposte. È esaltazione totale della materia prima, pochi ingredienti che concorrono tutti al medesimo scopo, riuscitissimo: cozze, cagliata di limone, spuma al pepe, gel di acqua di cozze. Risultato? Cozza all’ennesima potenza, o più volgarmente il mare in bocca, per davvero. Quel sapore evoca un ricordo indelebile e collettivo, che lo chef e le mie commensali condividono: le estati di un’infanzia trascorsa ad arrampicarci sugli scogli per fare la gara al tuffo più bello, con le mani sempre umidicce ed emananti quell’odore acre e pungente che restava appiccicato per ore...
La tartare di fassona e gli champignon con foie gras e mirtillo ci traghettano verso un primo romano intramontabile.
La carbonara di Ciro, lì dove Monosilio è diventato maestro, è di certo la più buona mai mangiata – con l’assenso della mia commensale romanaderoma (la quale, al primo boccone, ha esclamato: “incredibile, più bbona della mia!”). La crema di tuorli è una spuma di zabaione, i quadrotti di guanciale caramellato sono pop-corn esplosivi, il profumo del pepe in grani macinato fresco che richiama ed esalta gli aromi del guanciale, la poesia di un piatto della tradizione così semplice e finanche un po’ rozzo che riesce a dire ancora la sua è semplicemente indescrivibile.
Menzione d’onore per il pre-dessert e per il Moscato di Terracina che, da comparsa meno costosa del percorso in abbinamento (Oppidum, otto euro), è quello che mi è rimasto più impresso.
Insomma, Pipero è un locale discreto ma accogliente, dove è piacevole far sosta per una carbonara espressa ma è meraviglioso fermarsi per scoprire e lasciarsi trasportare dalla cucina di uno chef giovane e già affermatissimo.
di Pedr
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