Simone Padoan: Ci fanno bene gli schiaffi non le carezze. Ricominceremo daccapo senza perdere la nostra identità!
Simone Padoan il pizzaiolo veneto ci parla del day after coronavirus
Simone Padoan, pizzeria I Tigli a San Bonifacio Verona. Un passaggio obbligato per chi voglia conoscere i nuovi orizzonti della ricerca gastronomica applicata alla pizza. Gli abbiamo chiesto come sarà il suo Day after coronavirus.
Dunque, Simone qual è la situazione reale per te oggi?
In questo momento siamo fermi con le braccia e allora si lavora con la testa. Sto veramente fermo. Pure se pensassi alla delivery vedrei che la gente non è nemmeno nell’umore di ordinarsi una pizza per cena. Infatti, tutti stanno a impastare, a chiedermi qualche ricetta particolare per una pizza da replicare a casa propria. Certo, siamo tutti bloccati, in isolamento, chiusi dentro, ma la preoccupazione maggiore è che non si sa quando ci sarà il dopo. E il dopo sarà sicuramente diverso dal prima. Ci saranno meno possibilità economiche no? E questo sarà un problema da affrontare.
Per gli aspetti economici, dici?
Abbiamo impatti emotivi e impatti economici. Abbiamo, allora, problemi su come ripartire. Quello che ti turba di più è non sapere quando. Hai vuota la cassa e devi pagare 15 dipendenti. Devi perciò sentire tutte le mattine il consulente del lavoro, consultare la banca per trovare il finanziamento per saldare i fornitori. E questo è l’aspetto economico del problema. Poi ti angoscia di più non sapere quando e come finirà, quando si ripartirà. Siamo tutti consapevoli che la cosa terminerà con il vaccino, ma fino ad allora?
Appunto, allora?
In verità, immagino, e temo, che il nostro settore sarà uno degli ultimi a ripartire perché è luogo di assembramento, il luogo del ritrovo. E quando si riparte dovremo lavorare il doppio per recuperare. Bisognerà rimboccarsi le maniche e correre di più per capire come e quali possibilità avremo. Sembra un’eternità, ma siamo fermi appena da un mese con i minuti che sono diventati ore e le ore che sono diventate giorni.
Quali cambiamenti prevedi?
Sicuramente cambierà la mentalità delle persone. La pandemia di Coronavirus ci ha cambiati già e cambierà il modo di lavorare. Oggi abbiamo sperimentato smart working, lavorare da casa propria, e temo che difficilmente per alcuni si tornerà indietro. La gente avrà meno possibilità economiche e noi dobbiamo essere pronti a dare una proposta che possa essere adeguata, senza stravolgere l’identità di ognuno di noi. Sarà una proposta più, tra virgolette, economica e senza fronzoli. Se da noi in Italia si farà come in Cina oggi, alla ripresa nei locali i tavoli avranno due metri di distanza, bisognerà misurare la temperatura dei clienti, dovremo usare le mascherine, i guanti. In cucina dovremo assicurare un metro di distanza. Non sarà così? Ma sicuramente qualcosa cambierà nel modo di lavorare vicino al forno, tra i fornelli e in sala per garantire sicurezza e DPI adeguati ai dipendenti. E poi ancora, l’impatto emotivo: avremo un po’ di fobia della vicinanza. Certo, ritorneremo con la nostra identità, ma dove si può tagliare taglieremo tutto quello che è in più. Insomma, sarà abbassata l’asticella per essere più accessibili a tutti.
Saremo pronti a questi cambiamenti?
Non so se saremo preparati alle tante limitazioni. Intanto non eravamo preparati nemmeno a una cosa come questa, ma stiamo imparando a rispettare le regole, a non raggirarle. Ci sarà un tempo propedeutico alla vera liberazione e durante questo tempo dobbiamo capire come dovremo muoverci. Però, mi chiedo chi sarà disposto a fare una cena in questo modo, con queste limitazioni, con queste paure? Seduti a distanza e a tempo? A essere controllati? Tra il personale dovrò scegliere quale dipendente dedicare soltanto per l’accoglienza e i controlli in entrata, ma se queste sono le regole ci dovremo adattare. E come farà a stare in piedi l’azienda? Lo scopriremo solo vivendo.
Certamente non ci sarà un abbassamento della qualità né dell’identità, suppongo.
Sì, bisognerà sfrondare altre voci in bilancio, non quelle riservate alla qualità. Si opterà per materie prime più povere ma sempre eccellenti. Ecco, questo è il momento di una boccata sana per l’ambiente in tutto il mondo, paradossale no? Altro che domeniche senza macchina. E allora dovremo imparare anche da questo a riscoprire la sostenibilità del cibo. Per esempio, vedo da me che il gambero è sempre richiesto. Dovremo imparare a mangiare i prodotti che sono meno costosi, ma altrettanto buoni. Dovremo togliere tutto quello che non serve. Il servizio magari sarà un po’ più sbrigativo, sarà più lontano se è vero che dovremo mantenere le distanze al tavolo. Fino a quando non sarà tutto finito dovremo adattarci. E dovrà essere un coro unico di tutti quanti noi. Dovremo spiegare a tutti e far capire che il nuovo modo di sedersi a tavola e consumare sarà questo.
Bene, anticipa ai nostri lettori quale sarà la tua pizza del day after. Senza gambero, ovviamente.
Saremo nel periodo estivo, immagino. E allora andremo a giocare con i pomodori. Con una carne che non è carne, ma una brunoise di pomodoro a crudo al posto della battuta di manzo. Ci saranno i pesci di quel periodo. Molto più economici. Uno sgombro del Mediterraneo, che è molto buono d’estate, marinato o appena appena scottato oppure la seppiolina a crudo. Vedremo, andrà avanti chi, insomma, avrà la capacità di sapersi adeguare, di cambiare e seguire le regole senza snaturare l’identità che uno ha cercato di costruirsi nel tempo. Trovare l’identità del day after.
Una bella lezione di vita, dunque.
Siamo fatti così. Dobbiamo avere l’estremo per capire le cose. Ci fanno bene gli schiaffi non le carezze. Il Coronavirus è stato un bello schiaffo per tutti quanti, eppure ha degli aspetti positivi, bisogna imparare a coglierli. In futuro dobbiamo molto di più godere della libertà. Prima davamo tutto per scontato e in un attimo abbiamo visto che non è così. È bastato un niente per fermare tutto. Covid19 non sarà il male che si dimentica facilmente.