The Alchoholic Journey: #DAY1- Laboratorio Folkloristico
Prima tappa di thealchoholicjourney presso il Laboratorio Folkloristico di Pomigliano D'Arco (NA)
The Alcoholic Journey è il racconto di un viaggio alla scoperta delle storie custodide dai protagonisti dell'Hospitality italiana. Non raccontemo solo i loro drink, ma le loro esperienze.
Ogni settimana una tappa, ogni tappa una storia.
Un'idea di Emanuele Primavera e Alfredo Del Bene
Probabilmente era il giorno giusto perché tutto questo avesse inizio.
La serata era fresca, la tangenziale era vuota, fuori il Laboratorio Folkloristico, a Pomigliano d’Arco, proprio di fronte, un posto auto vuoto.
Quando mesi fa The Alchohlic Journey era ancora embrione non avremmo pensato ad un allinearsi tale delle stelle: parcheggiamo, foto di rito per celebrare l’arrivo, entriamo e appena chiudiamo la porta la pioggia inizia a scrosciare. Un chiaro segno: ora che siete dentro, restateci.
La radio passa Gnut e alla porta ci accolgono Vincenzo, Frank e Martina mettendoci subito a nostro agio con la loro cordialità. Dopo saluti e convenevoli prendiamo posto al banco, lasciamo le nostre cose così che Frank e Vincenzo possano guidarci in un tour del locale. La sala è molto bella: il soffitto in travi di legno fa pendant con il verde delle pareti e del marmo del bancone creando un contrasto equilibratissimo col design futuristico delle grafiche alle pareti. Enzo e Frank, fierissimi del loro lavoro, ci mostrano la sala fumatori, ad ora chiusa, il punto vendita dei loro prodotti, il palchetto dove sognano di vedere piccoli musicisti di provincia suonare e ci raccontano la storia della struttura e del loro progetto: radicato più che mai nella storia culturale, quindi Folkloristica, Pomiglianese il loro Laboratorio si pone come punto di continuità tra questa tradizione e la sua rielaborazione con strumenti cosmopoliti.
Proprio nel solco di questa tradizione è il primo menù del Laboratorio Folkloristico: dodici cocktail dedicati ai Dodici Conti Pomiglianesi di Vittorio Imbriani, figura fondamentale per la storia della città. Il loro desiderio è quello di continuare a trarre ispirazione dalla storia della provincia e dai personaggi che la hanno resa grande. Ma spostiamo le ciance al banco e accomodiamoci al nostro posto: di fronte alla postazione di Vincenzo.
Subito acqua e qualcosa per accompagnare quello che berremo, il QR Code per leggere il menù e la nostra prima richiesta: un Milano-Torino o un Americano, vedi tu, mentre continuiamo a chiacchierare. Per ogni altra cosa, poi, ci sarà un momento. Enzo accoglie con un gran sorriso la nostra richiesta e lo capiamo nonostante la mascherina gli copra il volto. Prima di iniziare a preparare quello che scopriremo essere un Americano ci offre della Welcome Water: acqua ridistillata di pomodorino datterino ed origano. Il profumo è incredibile e la consistenza dell’acqua ci lascia senza parole. Al palato è tutto molto più intenso di quanto immaginassimo, la distillazione ha tirato fuori tutte le note più profonde di pomodorino ed origano. Vincenzo è contento perché ci vede sorridere e ci dice che spesso la serve come side ad alcuni drink ma che, in questo caso, prepara il palato a quello che andremo a bere. Arriva il nostro Americano: Campari e Fred Jerbis bitter, Vermut Folkloristico (un blend di Vermut ai quali i ragazzi aggiungono un goccio di liquore al Nocillo locale di Dianara) e una soda al pomodoro. Nella sua semplicità questo Americano è un aperitivo perfetto: delicato, con amaro e vinoso in perfetto equilibrio, con un perlage mai invadente. Mentre lo sorseggiamo chiediamo ad Enzo di essere autoreferenziale, di raccontarci ancora la sua storia e i passaggi che lo hanno condotto di fronte a noi stasera. Quasi imbarazzato, perché molto umile, inizia a raccontarci dei suoi inizi alle scuole per barman napoletane e gli approcci al mondo del Flair (che poi scoprirà non fare proprio al caso suo!!), le esperienze da barback nelle discoteche di città e la conoscenza con Nino Siciliano che lo porterà ad essere parte della crew in apertura allo Speakeasy di Pomigliano. Poi qualche stagione estiva nel periodo degli studi di Economia e Commercio e la rivelazione: vorrebbe fare del banco il suo mestiere.
Americano
Mentre il nostro Americano è quasi alla fine Enzo continua il suo racconto: a gennaio decide di partire per Londra con sul suo taccuino i nomi dei posti dove sognava di lavorare. Il primo sabato pomeriggio va al RoadHouse, tempio del flair, per vedere una gara, dopo la quale, citiamo alla lettera, mette definitivamente una pietra sul flair. Lo stupore per i primi Hotel Bar visitati e la decisione di voler far parte del gruppo del Montgomery Place dove grandi nomi hanno miscelato in tempi non sospetti: da Marian Beke, Ales Olasz, Agostino. L’inizio invece come barback al Market Place, esperienza che lo tempra. Alla prima occasione riesce ad approdare al Montgomery Place, si fa notare e dopo una settimana diventa un Yellow Braces riuscendo in un paio di anni e mezzo a passare dall’essere barback all’essere Head Bartender. Di lì al Purl e poco dopo al Claridge’s, dove lavora un anno e mezzo prima di passare al The Connought Bar, tra i migliori bar d’Europa. Poi una esperienza da Food and Beverage Manager a Shangai, per una nuova apertura.
Ci prendiamo una pausa. Iniziano ad entrare molti clienti e lo lasciamo libero, concentrandoci sul menù. La nostra scelta cade su due drink tra di loro molto diversi: “E’ Corna” e “Giuseppe a Veretà”.
Il primo è una variazione su Gimlet: Tanqueray alla resina di pino, Sedano e Acqua di Cedro Nardini con intorno alla coppetta una polvere di friarielli; il secondo un Whisky Highball: Johnnie Walker, Dry Sherry, soda chiara all’anguria (o meglio “Mellon e Acqua”) e liquirizia. Entrambi sono veramente buoni. Il primo riesce in un bilanciamento assolutamente balsamico e nonostante il tenore alcolico degli ingredienti è diluito alla perfezione. Il friariello, poi, completa l’esperienza facendoti la bocca amara e pronta ad accogliere la mistura. Al secondo, però, menzione d’onore: l’highball ha una ottima acidità, un torba non invadente e la nota di sherry che associate ad una perfetta soda all’anguria crea un drink che non vorresti finisse mai. Mentre Enzo ci svela i segreti per preparare una soda del genere, la stecca di liquirizia rilascia il gusto amaricante e vegetale della sua corteccia che donano una complessità superiore al cocktail: assurdo e per chiunque.
“E’ Corna”
“Giuseppe a Veretà”
Durante la bevuta ci racconta anche che quasi tutto il loro fabbisogno di verdura, frutta ed erbe viene da un orto che hanno vicino casa del loro terzo socio. Ed è una cosa bella. Non solo perché provano ad essere sostenibili, ma perché riescono ad essere assolutamente coerenti con la loro idea di presenza sul territorio lavorando con prodotti tipici, piccoli e indipendenti produttori locali e con realtà che offrono un servizio sociale. La lucidità con la quale intraprendono la loro mission si riflette anche nel loro modo di miscelare. Tutto è necessario, nulla superfluo e sopratutto ogni ingrediente è rispettato.
Cogliamo l’occasione e chiediamo a Vincenzo perché dopo Londra e Shanghai abbia deciso di tornare ed investire a Pomigliano, in provincia. Ci risponde che è nell’indole di chiunque parta il desiderare di tornare e che lui sentiva di dovere molto alla provincia in cui è cresciuto. Noi da provinciali lo capiamo molto bene, e capiamo bene anche quando dice che sarebbe disonesto da parte sua non ammettere che il desiderio è comunque quello di aprire un giorno in città, fosse anche solo per l’appeal che questa esercita.
La provincia non è un limite per Laboratorio, perché sa esattamente quello che è: “una persona super acculturata, intelligente, di successo ma che cammina con le scarpe rotte e i jeans stracciati. Il classico americano che viene al bar d’albergo vestito male e ti ordina un cocktail Martini perché beve a quella maniera”: per Vincenzo questa è l’Identità.
Intanto abbiamo ordinato anche un ultimo giro. Siccome ci siamo conosciuti abbastanza bene perché faccia lui, diamo ad Enzo carta bianca. E allora indeciso ci propone un piccolo tasting di due drink diversi, a porzione ridotta per non gravare sulle nostre facoltà. Ci viene servito subito “Natale”: gin folkloristico, ridistillato ogni settimana con botaniche diverse, zafferano, gazzosa e china; accompagnato da una foglia di nasturzio. È una piacevolissima alternativa ad un Gin Tonic, una sorta di Gin e Gazzosa lavorato con la china per donargli le note amaricanti tanto amate dagli amanti del primo. Più rotondo e morbido con intenso profumo di ginepro, ci ha conquistati quando lo abbiamo sorseggiato avendo mangiato la foglia, che ne esalta il tenore zuccherino. Poi pensare che sia diverso ogni settimana è una spinta a berlo ogni volta che passiamo qui. “Natale” va via veloce e subito ci viene servito “L’Auciello Crifone”: un Negroni con Quintessenza Tortora al nocillo, vermut Folkloristico, Select e Bitter Gagliardo, che fa un passaggio in botte con terra vesuviana e posa di caffè Passalacqua. Servito con Pane di Segale è veramente una bella scoperta. Più amaro e vegetale di un classico Negroni ci ha colpito per come tutte le sue punte riescono ad essere smussate da terra, legno e caffè che gli conferiscono un sapore assolutamente unico.
“Natale”
“L’Auciello Crifone”
Ormai con Enzo stiamo divertendoci e iniziamo a raccontarci le nostre cose. Ci dice che in questo momento il suo drink preferito è in assoluto un Whisky Highball, con un distillato non troppo torbato, magari un Irlandese, che come categoria sta riscoprendo. Siamo abbastanza in linea e gli chiediamo qual è l’errore che non perdonerebbe mai ad un barman, l’errore quasi orrore, e ci dice che per lui è inaccettabile assaggiare un drink dal palmo della mano o anche usare il tappo di una bottiglia come misurino. Ne ridiamo, ci raccontiamo aneddoti e quando stiamo per salutarci i ragazzi ci fanno assaggiare uno dei loro babà al vermut dry: assolutamente pazzesco. Gli chiediamo allora qualche consiglio: dove si beve in Campania?, non ci pensano due volte: Radici Clandestine e Block. Terremo a mente. Stiamo per alzarci, ma non ci lasciano andare via se prima non brindiamo insieme con dell’Idromele della Sibilla dell'azienda Miel d'or, fantastico.
Babà al vermut dry
Idromele della Sibilla dell'azienda Miel d'or
I ragazzi sono dei predestinati, senza ombra di dubbio, e quando passate da loro chiedetegli perché: tutto quello che vivrete assumerà un valore di certo diverso. Noi intanto non possiamo che augurare a loro lunga vita, e a a noi che il loro modo di fare e lavorare detti tendenza: valorizzare il territorio, ricercare l’essenziale, tornare con coscienza alla propria identità ma con la mente più aperta che mai. Dei maestri dell’ospitalità che non possiamo non ringraziare.
Laboratorio Folkloristico,
Via Roma 182, Pomigliano d’Arco (Na).
Aperto tutti i giorni dalle 19 e 30, chiuso il martedì.
Proposta drink e food.