The Dark Side of Restaurants - Track 6 - Master Of Puppets: Chi muove i fili della ristorazione
Il lato oscuro della ristorazione: Chi muove i fili della ristorazione
THE DARK SIDE OF RESTAURANTS
Le criticità legate al lavoro e nello specifico al modo della ristorazione.
In una serie di interventi, che abbiamo deciso di chiamare “tracce” come in un disco, cercheremo di analizzare temi che spesso vengono messi in secondo piano. Queste dinamiche meriterebbero la giusta attenzione per provare a migliorare un lavoro che di per sé ha, intrinseche, delle criticità che difficilmente potranno essere eliminate se non attraverso dei tavoli di discussione e una maggiore attenzione al fattore umano che manda avanti questo settore.
Dalla cucina alla sala, dalla proprietà ai clienti ecc, cercheremo di analizzare le criticità, in che modo influenzino il lavoro e quali strategie utilizzare perché si possa migliorare la vita di chi opera nel settore ristorativo.
Nello specifico, con questa rubrica andremo ad analizzare come il mondo della ristorazione sia un mondo molto stressante e cercheremo di analizzare e descrivere le strategie da mettere in atto per migliorare lo stile di vita degli addetti al settore, nonostante le criticità intrinseche in questo lavoro (orari, rinunce, rapporti interpersonali, spazi di lavoro ecc).
In questo articolo vogliamo analizzare alcuni punti che solitamente cerchiamo di far notare perchè se ne parla davvero molto poco. La ristorazione italiana, come quella internazionale, negli untimi dieci anni è cresciuta molto e si è evoluta sia dal punto di vista gastronomico che economico...ma è davvero tutto oro quello che luccica? o ci sono delle zone d'ombra che spesso si cerca di nascondere ancora di più? Noi nel nostro piccolo abbiamo fatto una breve analisi che spetta a voi approfondire se riterrete giusto farlo, altrimenti resteremo sempre in una situazione di stallo che sicuramente non fa bene agli addetti al settore.
Chi muove i fili della ristorazione
Track 6 - MASTER OF PUPPETS
Burattinaio, sto tirando le corde
Plasmando la tua mente e distruggendo i tuoi sogni
Intrappolato da me non puoi vedere nulla
Grida il mio nome affinché ti sentirò urlare
Padrone!
Padrone!
Grida il mio nome affinché ti sentirò urlare
Padrone!
Padrone!
(Metallica)
La ristorazione è veramente libera? Chi muove i fili della ristorazione?
Da queste domande vogliamo partire per analizzare alcune perplessità che abbiamo sempre palesato riguardo la ristorazione e che in questo ultimo periodo si sono rese ancora più evidenti.
Innanzi tutto perché in un paese come l’Italia, dove il settore dell’accoglienza impatta sul Pil nazionale in maniera importante in un momento di difficoltà non si riesce a gestire l’emergenza?
Nel 2019 il giro di affari legati alla ristorazione era pari a circa 86 miliardi di euro ed eravamo il terzo stato europeo, dopo Gran Bretagna e Spagna, ad avere la spesa più alta per mangiare fuori.
Tale risultato è stato frutto di un decennio, dal 2008 al 2018, che ha visto fiorire la ristorazione italiana. Infatti i consumi a casa sono diminuiti per portare 6 italiani su 10 a scegliere di mangiare molto più spesso fuori, dalla colazione alla cena. Sicuramente l’attenzione mediatica sviluppata verso la ristorazione attraverso programmi televisivi ha agevolato lo sviluppo di questo settore ma altresì ha anche creato una convinzione sbagliata di fondo e cioè che tutti possono diventare professionisti della ristorazione.
Ciò che non viene spesso raccontato è il sommerso di questo lavoro ovvero quello che l’Istat in un suo rapporto definisce “economia non osservata” che non riguarda solo di “nero”, ma anche una sorta di zona grigia, tra il legale e l’illegale, tra quello che è nella totalità irregolare e a metà attraverso sotto dichiarazioni, sul fare il cosiddetto “cassetto”, sull’avere molti lavoratori pagati con il “fuori busta”, avere stagisti non retribuiti se non con dei miseri rimborsi spesa, sul pagare i fornitori a 60 giorni ecc…
Se nella media italiana l’economia non osservata pesa per il 12% del valore aggiunto, per il settore “commercio, trasporti e ristorazione” schizza al 22,8%, un dato che dovrebbe far pensare. Questa realtà, che sicuramente ha dato estrema flessibilità al settore spiega il suo boom degli ultimi anni, visibile nella enorme quantità di esercizi che aprono (e chiudono soprattutto, ci sono 300mila imprese, ma circa il 50% chiude nel giro di tre anni, stando a dei dati forniti dalla FIPE), pone, in questo momento storico, un enorme problema sociale. Ammesso, e non concesso, che i “ristori” promessi dal governo, e non vuole essere assolutamente una critica ma un’osservazione, siano prontamente arrivati, sono stati calcolati in virtù dell’economia e del lavoro emerso.
I numeri del lavoro che soffre, già drammatici in sé, sono quelli “in chiaro”, quindi la domanda che bisognerebbe porsi è “come, e soprattutto è giusto, raggiungere la massa delle persone che sul food viveva, ma attraverso l’economia non osservata?”
La pandemia, oltre che mettere a nudo le debolezze e le forti criticità di un settore spesso sviluppatosi su una crescita occupazionale senza qualità e con forti criticità economiche, adesso obbliga a inventare un welfare che possa raggiunga davvero tutti.
Abbiamo bisogno di capire è comprendere che la ristorazione ha bisogno di riforme sia dal punto di vista lavorativo sia dal punto di vista aziendale. C’è bisogno di responsabilità e coraggio di chi opera in questo settore a denunciare ciò che non va e non raccontarci la solita favoletta del “andrà tutto bene” e poi una volta passata l’emergenza torneremo nuovamente alle vecchie, brutte, malsane e non redditizie abitudini…perché diciamo le cose come stanno con la ristorazione si sopravvive non si fanno i soldi a meno che non si abbiano dietro investitori forti e sani che danno costantemente ossigeno all’attività.
Abbiamo bisogno di educare il consumatore a capire che il lavoro si paga, che non può pretendere di avere un servizio ad altissimi livelli e non pagarlo. In media in un ristorante gourmet o di alto livello il prezzo del piatto è nettamente inferiore a quanto in realtà andrebbe pagato e questo impatta sicuramente su qualcuno, ve lo siete mai chiesti?
Per essere più competitivi si devono abbassare i prezzi, essere più fast, offrire sempre di più ma allo stesso prezzo perché la gente è abituata così…questo ragionamento è sbagliato e alla lunga, come si è visto, non protegge il lavoro, i lavoratori e gli investimenti.
Allora perché non si riesce a parlare di contratto nazionale? di professionalizzazione e requisiti specifici per l’apertura di un locale? Perché non si riesce a tutelare i lavoratori?
Non siamo un po' stufi della storia “si è sempre fatto così, se lo fai lo fai per passione ecc” dobbiamo far capire che il settore va preso con serietà, fanno fatte delle scelte, fanno combattute delle battaglie per migliorare la situazione a livello legislativo per i lavoratori e per gli imprenditori altrimenti continueremo ad essere i burattini e il burattinaio tirerà sempre i nostri fili e non saremo mai veramente liberi.
Fateci sapere cosa ne pensate, a presto con una nuova Track che vedrà protagonista un altro chef…siete curiosi? Allora seguiteci e lo scoprirete.
Next Track – LIKE A GIRL
Nel frattempo se volete passare un po' di tempo accompagnati da un po' di musica vi lasciamo il link della Compilation creata per questa rubrica. Siete curiosi di sapere quali saranno i prossimi temi…cercate di scoprirlo attraverso i brani.
La Playlist - The Dark Side of Restaurants
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