World Pasta Day 2020: Un successo internazionale dal gusto italiano
World Pasta Day 2020 al grido di "Vivo Mediterraneo", tra dieta mediterranea e lockdown.
Domenica 25 ottobre si celebrerà la 22esima edizione del World Pasta Day e il tema sarà il valore della dieta mediterranea.
Cos’è il World Pasta Day?
Il World Pasta Day è una manifestazione organizzata dalla Unione Italiana Food e dalla IPO- International Pasta Organisation che dal 1998 (la prima edizione si tenne a Napoli) raduna tutti gli amanti di questo prodotto che è al centro dell’alimentazione tra le più studiate e più tradizionali, quella mediterranea.
Nel 1995 i più grandi produttori di pasta di tutto il mondo (40 per l’esattezza) si riunirono per tenere il primo World Pasta Congress dal quale poi nacque, qualche anno dopo, l’evento che da più di un ventennio mette insieme produttori, appassionati e consumatori e negli ultimi anni, con lo scenario social che prende sempre più piede è possibile essere tutti parte dell’evento usando l’hashtag #WorldPastaDay. Senza dimenticare il motto di quest’anno che è “#VivoMediterraneo”.
Durante il World Pasta Congress un gruppo di esperti provenienti da tutto il mondo discutono dei fasti della pasta, con particolare enfasi sull'importanza di diffondere la conoscenza della pasta in tutto il mondo. Così da promuovere il consumo di pasta, ricordare insieme la sua importanza culturale e culinaria, incoraggiare i consumatori fornendo loro informazioni sul valore nutrizionale e storico della protagonista in questione.
Storia e geografia della pasta.
In una tomba etrusca a Cerveteri sono stati rinvenuti spianatoia, matterello, coltello, un sacchetto per spolverare la farina e persino una rotella che presumibilmente serviva a fare i bordi ondulati. Eh sì, a quanto pare già Etruschi e Romani preparavano e mangiavano pasta, parliamo di “lagana” che altro non era che una serie di sfoglie di pasta intervallate e farcite da carne e cotta al forno -il precursore della attuale lasagna, insomma.
Dunque la storia della pasta ha origini ben più lontane nei secoli degli spaghetti che Marco Polo importò dalla Cina nel 1295 o della “triyah” preparata a Trabia (l’attuale Palermo) nel 1154, che il geografo arabo Edrisi raccontava come “un cibo di farina in forma di fili” e che dalla Sicilia si esportava “in tutte le parti, in Calabria e in altri Paesi musulmani e cristiani e se ne spediscono moltissimi carichi di navi”.
La pasta secca come la conosciamo oggi è legata alla dominazione araba infatti presente nei ricettari arabi del IX secolo, con manifatture proprie della cultura mora per la sua produzione: la pasta secca era adatta a conservarsi a lungo anche attraversando i lunghi viaggi nel deserto, ragion per cui se ne facevano scorte soprattutto di pasta corta. Sono notizie che dobbiamo agli storici Alberto Capatti e Massimo Montanari, nel loro La cucina italiana. Storia di una cultura.
Andando avanti con gli anni la pasta secca diventerà “prerogativa” produttiva delle regioni dell’Italia del Sud e della Liguria, grazie al clima secco e ventilato di queste zone che risultava essere perfetto per l’essiccazione all’aperto.
In Sicilia, ancora oggi, si parla di “vermiceddi di tria” (vermicelli) o “tria bastarda”.
In Puglia, altra regione con dominazione araba per un breve periodo, si parla di “massa e tria”, “tria e ciceri” (particolare variante di pasta e ceci, tipica del Salento) e “tridde” o “triddi” (sorta di maltagliati preparati in brodo, a Bari).
In Liguria è nel XII secolo che i mercanti genovesi diffusero la pasta dalla Sicilia occidentale (noti e antichi sono i legami di scambio commerciale fra Trapani e Genova) in tutto il Nord Italia. Nel XV secolo il lombardo Bartolomeo Sacchi parlava di “trie genovesi” o “paste di Genova”. In genere sulle tavole aristocratiche la pasta era considerata un contorno, invece per il popolo era un piatto unico.
Mentre il resto d’Italia per ragioni climatiche rimase legato alla produzione della pasta all’uovo, non essiccata e probabilmente nata dalla contaminazione con la “lagana” romana, intanto la pasta secca risaliva lo stivale con grande attenzione della Campania dove il clima secco e ventilato ne favoriva l’essiccazione all’aria aperta: Gragnano e Torre Annunziata, due esempi su cui non si discute. Benché diffusa, la pasta non era ancora una pietanza di massa ma lo diventerà solo nel ‘600, quando una terribile carestia colpì il Regno di Napoli dominato dagli Spagnoli. Nella città partenopea, la più grande d’Europa, il sovraffollamento demografico e il fiscalismo spagnolo portarono la popolazione alla fame (nonché alla rivolta di Masaniello): i consumi di carne e di pane crollarono, facendo sì che la popolazione si rivolgesse alla pasta, che i produttori resero più a buon mercato grazie alla rivoluzione tecnologica avuta con l’invenzione della gramola, del torchio e della trafila. Già nel XVIII secolo i Napoletani si guadagnarono l’appellativo di “mangiamaccheroni” (epiteto già riservato ai Siciliani) e anche nel resto d’Italia la pasta divenne un simbolo nazionale, piatto povero e popolare per eccellenza. E nel ‘700 la stessa Napoli regalerà alla pasta la sua inseparabile compagna: la salsa di pomodoro.
L’ amore (PER LA PASTA) ai tempi del lockdown.
In occasione del World Pasta Day è stata condotta una ricerca, da Unione Italiana Food e Agenzia Ice a Doxa, su un campione di oltre 5mila persone in Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Usa riguardo il consumo della pasta e ne è venuto fuori che una persona su quattro (il 28%) ne ha aumentato il consumo durante i mesi di lockdown.
L’Italia non si smentisce: la pasta è mangiata da tutti (98%) con 23,1 chilogrammi procapite annui -seguono Tunisia (17kg), Venezuela (12kg) e Grecia (11,4kg)- ed inoltre è italiano un piatto di pasta su quattro al mondo, tre su quattro in Europa. In particolare circa 6 italiani su 10, in tutte le fasce di età e con un picco al centro-sud, la portano in tavola tutti i giorni. Anche a livello internazionale è consumata da tutti (o quasi) i francesi, tedeschi e inglesi e americani (9 statunitensi su 10). La media consumo procapite è più bassa rispetto all’Italia: 9kg all’anno negli Usa, 8kg in Francia e Germania, 3,5kg nel Regno Unito.
Sulla scelta dei formati in Italia vince la pasta corta e rigata, mentre inglesi e americani preferiscono quella lunga. I tedeschi scelgono quella fresca (ripiena e non). I francesi la pasta corta e liscia.
Anche The Fork (partner ufficiale di questa edizione del World Pasta Day) ha condotto un sondaggio per testare la rilevanza e il ruolo della pasta per i consumatori “fuori casa”. Il 58% lo considera un pasto bilanciato e lo preferisce; il 46% dei rispondenti associa la pasta a qualsiasi tipo di locale, che si tratti di un’osteria o di un fine dining; più della metà dei partecipanti afferma che molto spesso la sua scelta al ristorante ricade proprio su un primo. Inoltre, a testimonianza della storicità e delle antiche radici, con il 16% delle preferenze, il piatto più amato pare essere la pasta al pesto. Ma la pasta made in Italy è la prima scelta anche per il 72% delle famiglie inglesi, il 68% di quelle francesi, il 54% di quelle tedesche e il 48% negli Stati Uniti.
IT exports Pasta.
Con 3,5 milioni di tonnellate (+4% rispetto al 2018) l’Italia, davanti agli Stati Uniti e Turchia, è il primo produttore al mondo di pasta. Il dato è rilasciato da Ipo-International Pasta Organisation. Dal punto di vista dell’ export nel 2019 è stato toccato il record delle esportazioni: oltre 2,1 milioni di tonnellate, +7,5% sul 2018. Elaborazioni di Unione Italiana Food, su dati Istat, indicano, nei primi sei mesi del 2020, un aumento del 25% delle esportazioni. In valori assoluti: Germania, Regno Unito, Francia, Usa e Giappone sono i mercati più strategici, ma si registrano crescite superiori al 40% verso Usa, Canada, Australia e Romania, al 30% verso Regno Unito, Paesi Bassi, Arabia Saudita, e superiori al 60% verso Hong-Kong, Ucraina e Irlanda. Altri mercati strategici, come Francia, Cina e Corea del Sud, registrano crescite di oltre il 20% .
La seconda edizione della kermesse “Al Dente – The Italian Way of Pasta”.
Grazie al World Pasta Day nasce un’ulteriore manifestazione di enorme importanza: Al Dente – The Italian Way of Pasta, in cui creatività, ricerca ed emozione sono le chiavi per raccontare il simbolo del buon cibo italiano e grazie al quale 130 ristoranti in Italia e nel mondo proporranno un piatto di pasta mediterraneo nel loro menù.
Proprio la passione per il buon cibo e la attenta cura al benessere psicofisico porteranno un gruppo di esperti in alimentazione e nutrizione, 10 anni dalla nomina UNESCO a “patrimonio immateriale dell’umanità”, a discutere del valore della dieta mediterranea. Da sempre simbolo di longevità e variabilità alimentare, un vero e proprio stile di vita che include, oltre alla scelta di una alimentazione completa, stagionale e senza privazioni, anche lo sport e una vita attiva.
A quanto pare è impossibile rinunciare alla pasta, che si parli di italiani o no! Ma la vera domanda è “di che pasta sei fatto tu?”