Un salto nel "1930" con Benjamin Cavagna, per capire "l'ignoto" futuro dei cocktail bar.
L'appuntamento del venerdì e con i cocktail bar fa tappa da Benjamin Cavagna
Metti che è Maggio e a Milano è in corso Taste of Milano.
Metti che te sei a Bologna per una “batteria” (alias una degustazione lunga ed interessante organizzata tra appassionati) di vini e che nel tardo pomeriggio un SMS arriva sul tuo cellulare e nelle preview dello schermo leggi: “Prendi un treno e sali. Ci vediamo in stazione.”
E mettiamo che paghi il conto in enoteca di quella serie di bottiglie stappate, scoperte e bevute e che con ancora quel tripudio di frutti rossi, fragola e lamponi e quel festival di fiori del Rosé de Saignée di Oliver Fleury che risale e rinfresca la tua bocca, scappi in stazione e salti sul primo treno per Milano.
Fin qui tutto (pressochè) normale.
Arrivi a Milano che ormai è sera, perché il tuo treno ha fatto ritardo, e appena scendi l’ultimo scalino dell’uscita ed accendi una sigaretta, un’auto scura ti suona all’impazzata. Ok, sono loro! Mi catapulto in auto e subito si schizza via. Un boccone al volo dopodichè ci si ferma davanti a quel che sembra un negozio etnico.
E quindi?
“A volte ciò che sembra non è..”
è questa frase degli Afterhours che mi viene in mente pensando al 1930 di Milano.
Ebbene sì dietro quel che può sembrare un negozio etnico si cela uno degli speakeasy più esclusivi di Milano e d’italia. 44esimo nella The World’s 50 Best Bars, accedervi è un’impresa al quanto “ardua” nel vero senso della parola: bisogna andare in giro in un altro paio di bar , conoscere i barman e stringere un rapporto di “amicizia”, recuperare o meglio: comquistare la password e l’indirizzo. Sì esatto l’indirizzo, perché di questo posto si conosce solo la zona (Quattro Giornate) ma non troverete su nessun google Maps o Waze o tomtom la geolocalizzazione esatta.
Per ovviare a tutto questo basta conoscere le persone giuste, i famosi “amici di amici” che ti facciano da passepartout a questo mondo fantastico.
A me è andata così praticamente!
Aperte le porte e porticine che vi si capiteranno davanti, ci si immerge finalmente in un mondo parallelo, sospeso, lontano dal caos e frenesia della città. Lontano da luci “sparate” di vetrine e ristoranti, lontano dal mondo.
L’aria dello speakeasy è vera piena e a tratti surreale se ci si guarda per un attimo come si è vestiti. Tutto intorno sembra rimasto esattamente agli anni ’30: la musica, il mobilio, le luci, tutto! Ogni cosa è al posto giusto e col suo perché. La discrezione fa da padrona nelle sale. Intimità, quella che oggi forse manca a causa di uno sharing continuo e costante tra social e cazzate varie. I telefoni è meglio lasciarli in macchina o a casa perché lì nemmeno radio Maria riesce ad arrivare.
Se gli speakeasy dell’era del proibizionismo erano attraenti ma peccavano di qualità dei drink, qui non si corre alcun rischio.
La carta è unica ed orginale, i classici non son nemmeno menzionati perché per chiedere un negroni o un gin tonic od un old fashioned non è necessario stamparlo su carta.
A dirigere l’orchestra e scriver battitura c’è lui: Benjamin (Fabio) Cavagna.
Barba lunga e curata, panciotto quasi onnipresente, affidarsi a lui equivale ad immergersi davvero nell’atmosfera del 1930.
Ho implorato Benjamin, per cercare conforto al mio incessante dilemma che, seppur sembra essersi aperto un piccolo spiraglio, continua a darmi il tormento:
“Che ne sarà del futuro dei cocktail bar?!?”
-Allora Benjamin come stai vivendo questa pausa?
Grandissimi attimi di relax e privacy. Sono un tipo che si adatta e si lamenta poco. Trasformare il problema in opportunità.
-Speakeasy/ Secret bar: parlami del vostro concetto di esercizio.
L’idea principale del 1930 è ospitare i migliori amici e i migliori clienti del nostro gruppo di Bar: la famiglia FARMILY. Rilasciamo a loro una tessera che permette di prenotare: in questo modo riusciamo a controllare le entrate, le persone, l’andamento del servizio; un’altra motivazione della nostra apertura e far vivere un’esperienza unica tramite L’ospitalità e, perché no, la sperimentazione di nuovi sapori attraverso nuovi ingredienti.
-Come cambierà il feeling tra barman e cliente?
Credo che la tipologia di cliente che ama parlare con il barman e che ama farsi consigliare continuerà ad avere voglia di avere contatto con il personale di servizio. La tipologia di clientela che invece vengono al bar e non Hanno alcun rapporto con il personale continueranno per la loro strada senza avere altro contatto.
-La Lombardia è stata tra le regioni più colpite dal virus. Pensi che questo putiferio abbia intaccato o intaccherà il momento di intimità ”sacra” che il cliente ha sempre cercato nel suo barman?
Credo che chi voglia far vivere un’esperienza al proprio cliente e chi va nei bar per vivere un’esperienza troverà sempre il modo per mantenere questa intimità di rapporto. È qualcosa che va oltre tutto e tutte le limitazioni del caso.
-Il tuo concetto di bar trae origine dall’era del proibizionismo. Non credi che con tutte le misure di sicurezza imposte per le fatidiche “fasi” le persone rivendicheranno quanto perduto (libertà e serenità nel godersi un piacere) e si innescherà un qualcosa che richiami DAVVERO il proibizionismo americano?
Sinceramente non credo che tutto questo possa accadere. Sicuramente gruppi di amici si saranno riuniti per dei festini tra loro. Fa parte delle regole dell’amicizia; non credo che i Bar possano permettersi di rischiare denunce o multe per così poco.
-E se così come si prevede la gente non avrà più tutta la disponibilità economica per concedersi il “lusso” del bere, si passerà dagli “speakeasy” “secret bar” ai “blind pig”?
Credo che, soprattutto nelle grandi città, ci si posso ancora permettere un drink ogni tanto e che le persone, anche per percepire il ritorno alla normalità, vorranno concederci il proprio quotidiano aperitivo.
-Delivery ed E-commerce, come cocktail in a bottle.. hai pensato a qualcosa del genere per la tua attività?
Sì, abbiamo pensato ad alcune alternative per portare i nostri concetti a casa di nostri ospiti. Non credo sia economicamente e eticamente sostituibile alla vera esperienza del bar. Bisogna anche sottolineare che Ci sono troppe leggi che impediscono di favorire e sviluppare questo settore del nostro commercio
-Andiamo avanti nel ragionare sullo scenario possibile.
La scenario possibile vede una limitazione importante del numero degli ospiti, nella gestione del personale.Spero davvero che le persone non abbiano paura di venire al bar e di godersi il proprio attimo di relax.
-Quale sarà la “Rinascita di Harlem”?
Credo che per vedere una vera rinascita e per poter tornare ad alti livelli bisognerà aspettare almeno l’inizio del 2022.
-Conclusioni?
L’unica conclusione che mi aspetto E di riaprire con delle condizioni favorevoli. La cosa di cui sono certo è il coltello che avremo tra i denti per affrontare al meglio questa nuova sfida che ci aspetta.