Ho visto Chef’s Table. Ho visto gli chef al banco della pizza.

Francesca Brunzogio 8 set 2022

Attendevo da più di un anno che Netflix lanciasse la nuova stagione di Chef’s Table e non solo perché dedicata alla pizza, soprattutto perché Franco mi aveva parlato degli oltre 20 giorni di riprese, dell’enorme e affiatata troupe che lo aveva seguito in tutti i suoi posti, in tutti i suoi spazi, in tutti i suoi angoli. E non solo in cucina.

Non potevo dunque che iniziare dalla puntata che lo vede protagonista, lui, Franco Pepe e non potevo non farmi prendere la mano e guardare subito, a seguire e tutto d’un fiato anche l’episodio con Gabriele Bonci.

Volevo capire, volevo darmi una spiegazione alla domanda che credo tutti si siano fatti:

perché proprio loro due in Italia? Perché due figure così opposte tra loro?

E ho capito. Ho visto tutte le risposte, anche a quelle domande che non avevo idea di farmi, in quei 90 minuti. Sì, esatto, il tempo d’una partita di calcio: la stessa adrenalina, la stessa carica emotiva, la stessa delusione per i goal subiti e lo stesso riscatto per la rimonta, lo stesso disappunto per una sostituzione che non ci sembra opportuna e lo stesso mea culpa nell’acquisire consapevolezza che una sterzata, un cambiamento, una svolta era tutto ciò di cui c’era bisogno per riprendersi il proprio posto.

Perché ho pensato ad una partita di pallone?

Semplice, in una sferzante serata di Champions, i veri campioni erano su Netflix.

Due episodi che a mio parere, col senno di poi, DEVONO esser visti, MERITANO di esser visti insieme. E non per fare paragoni, piuttosto per vederne tutte le impensabili similarità, per scrutare ogni sorprendente dettaglio che mette in chiaro per l’ennesima volta una verità sempre più visibile: la pizza non è del popolo, la pizza è popolare. Che è ben diverso.

E aDue episodi che a mio parere, col senno di poi, DEVONO esser visti, MERITANO di esser visti insieme. E non per fare paragoni, piuttosto per vederne tutte le impensabili similarità, per scrutare ogni sorprendente dettaglio che mette in chiaro per l’ennesima volta una verità sempre più visibile: la pizza non è del popolo, la pizza è popolare. Che è ben diverso.

La pizza è il mezzo, non è la causa né l’effetto bensì è il tramite affinché la spinta di uno (causa) sia la rivoluzione di tutti (effetto). Ma questo è un concetto ancora poco “lievitato”, è qualcosa di ancora troppo lontano dalla mentalità napoletanocentrica.

E allora sarebbe il caso di chiedersi “perché non c’è un pizzaiolo napoletano in chef’s table pizza?” e la risposta sarebbe repentina “qui non si parla di storia della pizza ma di chi quella storia l’ha cambiata e tangibilmente, finanche - addirittura! - riportando l’attenzione sulla pizza mentre i “pizzonaggi” prendevano il sopravvento."

Quindi parla di uomini che hanno usato la pizza come arma, contro un mondo che non li ascoltava - prima e poi contro se stessi, credendoci così visceralmente da non credere più a nulla. E così perdere amici, famiglie, vite, perdere se stessi, perdersi in se stessi.

Le due puntate, fateci caso, si aprono e si chiudono allo stesso modo.

Sia Bonci che Pepe insieme alla loro unica fedele compagna: la terra.

La terra in cui sono nati, la terra a cui sono tornati, la terra che gli ha dato convinzioni e ideali da cui iniziare ma anche materia prima con cui finalizzare; la terra che li ha resi appassionati della vita, del buono, dello stesso concetto di cibo e di mangiare che non può essere solo piacere ma manco solo dovere, dev’essere sostegno e scoperta, deve essere sfida e consumo, deve essere pensato e pesato.

Sia Franco che Gabriele si ritrovano, alla fine, a tavola con i loro figli. Probabilmente le due scene più emozionanti di tutta l’ora e mezza di film e non perché banalmente rappresentino il lieto fine di una banale storia di sacrificio e sconfitte ripagati con rivalsa e successo.

Invece, direi, perché rappresentano il principio di una nuova era per le loro vite, il simbolo di una presa di coscienza e di responsabilità da parte di due uomini che hanno dato voce al loro genio zittendo la loro coscienza.

La loro più grande opera d’arte,

non c'è alcun dubbio, è stata la pizza: da quella romana non riconosciuta dai romani di Bonci a quella volutamente sbagliata di Pepe.

Eppure il capolavoro vero

è il dolore che si nasconde dietro ogni singola vittoria, perché essere riconosciuti non è essere riconoscibili e farla “sbagliata” non vuol dire non abbia un rovescio positivo.

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