E' la domanda che tutti nell'universo conosciuto si pongono almeno una volta al giorno: Che fine ha fatto Chef Tony?
Da Miracle Blade a Masterchef, tutti gli chef televisivi devono qualcosa Chef Anthony Joseph Notaro
"Il coltello fa il taglio, non il sottoscritto!"
I nati tra gli anni Ottanta e Novanta avranno sicuramente passato giocoforza ore davanti al televisore, spesso su canali regionali e di sicuro si saranno imbattuti in una figura mitologica che la eco di internet ha amplificato a dismisura. Parliamo di Chef Tony, il testimonial dei coltelli Miracle Blade (a proposito, qualcuno li ha mai provati?).
Baffuto, panciuto, stereotipo dell'italiano PASTA-LASAGNA-BOLOGNESE-PIZZA è stato innegabilmente il primo esempio di chef televisivo a noi proposto.
Se avete più di 20 anni e chiudete gli occhi mentre pronunciate questa frase non può che venirvi in mente una sola scena: un Miracle Blade piantato in un tagliere ed un pomodoro che, lasciato cadere sulla lama, si lascia attraversare e dividere con la stessa semplicità con cui il dito di un bambino attraversa la panna. Soprattutto non potete non pensare a Chef Tony, idolo di intere generazioni e vero primo chef televisivo.
Anthony Joseph Notaro, meglio conosciuto come Chef Tony, è lo chef che nelle pubblicità di vendita televisiva di prodotti per cucina faceva da dimostratore.
Nato a Brooklyn, New York, alla prima generazione di italo-americani, inizia da giovanissimo a lavorare nel ristorante italiano (nello specifico del Sud Italia) di sua nonna a Manhattan. Suo padre era un venditore ambulante di prodotti freschi, armato di cavallo e carro, mentre sua madre gestiva un'attività di ristorazione italiana a domicilio. All'età di 16 anni, Notaro ha iniziato a sviluppare i propri prodotti culinari dopo aver fatto scuola in una pizzeria di quartiere a Brooklyn. Fin da piccolo Tony mostra una forte e convinta passione per la cucina. Ma si sa, nella vita bisogna adattarsi e il buon giovane Anthony, ormai soprannominato Tony, trova lavoro come venditore porta a porta. Si scopre subito molto abile nel mestiere e, capace di cogliere al volo l’occasione, combina questa sua capacità con l’amore della sua vita: la cucina.
A 18 anni inizia a proporre i prodotti per il collega Ron Popeil, di cui diventa l’assistente di dimostrazione per la vendita. Notaro inizia così le dimostrazioni della Popeil Dial-O-Matic in tutta New York City. Raggiunge l’apice della carriera nel 2002, quando vince il premio “TV Host of the Year Award”, grazie al suo spot della serie di coltelli “Miracle Blade III”.
“Non chiudete gli occhi, non girate la testa!”
Era questa una delle frasi divenute cult in quegli anni, di inizio nuovo millennio, quando migliaia di telespettatori restavano catturati dalla vendita in TV di Chef Tony. Capace di renderci completamente ammaliati dalla disinvoltura, dalla rapidità e dalla manualità di quello che sembrava la personificazione di tutto ciò che veniva rappresentato quando si parlava di “ristorante Alfredo” (l’ideale cuoco di cucina italiana nel mondo), chef Tony si presentava robusto, baffetti neri sottili e all’insù, giacca e cappello da chef e l’immancabile scollino (foulard da cuoco) rosso.
La frase faceva crescere l’attenzione, aumentava la partecipazione, creava suspense. Era il via alle prove a cui Tony avrebbe sottoposto la lama: taglia cibi congelati ancora nelle loro scatolette, divide a metà uno scarpone, sega un blocco di marmo e poi un tubo in pvc, gratta con la lama un pezzo di roccia, metallo su metallo… chi non ricorda: “non voglio dirvi di andare a casa e tagliare la marmitta della vostra macchina ma ciò che sto facendo rovinerebbe coltelli da 5, da 10 o da 100 euro” e infine colpisce l’ananas al volo tagliandola in tre. Test di prova che farebbero rabbrividire ogni chef per i suoi coltelli, ma non chef Tony!!!
Il fascino di quella lama era enfatizzato dalle movenze di Tony, dalla sua nonchalance nel colpire, maltrattare, stressare il più possibile i suoi attrezzi senza mai stressare chi li utilizza anche perché la presenza della sfera di controllo Acugrip centrava la lama nella mano senza affaticarla!
Insomma tutti siamo stati tentati dall’essere al posto di Tony. Ognuno di noi ha almeno anche solo pensato di avere quelle lame e compiere l’impresa: sentirsi uno chef nelle proprie quattro mura.
Certo, prima di Chef Tony altri si sono misurati con il piccolo schermo ma nessuno più di lui è entrato nell'immaginario collettivo come il cuoco che tutti avrebbero voluto vedere all'opera nella propria cucina.
Come è arrivata la cucina in TV? Facciamo un breve excursus sulla la storia degli chef nella tv italiana prima di tornare al nostro amato Tony:
- 1950: Il primo segno di cucina in tv risale al 1952 quando nasce “Vetrine”, una rubrica presentata dalla giornalista Luisa De Ruggieri, che tra libri, consigli su moda e trucco offre anche lezioni di cucina: il primo programma completamente destinato alle donne. De Ruggieri è una grande appassionata culinaria e spiega con minuzia le sue ricette dando consigli su come migliorare le preparazioni. “Vetrine” continua fino al 1957, eppure ormai l’effetto del cibo televisivo aveva sortito l’effetto voluto: nasce così “Viaggio nella Valle del Po”. Un reportage in 12 puntate in cui Mario Soldati, ideatore e conduttore, visitava le cucine di tutta Italia e raccontava il dietro le quinte di una cucina che finalmente evadeva da quella di casa ma che sottolineava la stessa semplicità e genuinità degli ingredienti.
- 1970: Arrivano gli anni 70 e arriva la prima sfida culinaria televisiva. Luigi Veronelli prima e Ave Ninchi poi, presentavano “A tavola alle 7” in cui cuochi amatoriali si sfidano riproducendo il piatto di una regione ognuno nella sua versione, mentre a livello internazionale arriva “Il mondo a tavola” che spinge gli italiani (troppo identitari e poco aperti fin da sempre) a incuriosirsi riguardo la cucina straniera.
- 1980: Gli anni 80 sono all’insegna di quella sperimentazione ispirata dall’innovazione che hanno rivoluzionato il mondo della tv, che diventa commerciale, e della cucina, che diventa commerciale anch’essa. Sono gli anni de “Il pranzo è servito” con una Wilma de Angelis ed il suo ghost-chef Giovanni Fenini che con i vari sequel (Sale, pepe e fantasia, A pranzo con Wilma, La spesa di Wilma, Complimenti allo chef) coprono lo spazio televisivo fono a metà anni 90. Eppure gli anni 80 sono gli anni di una tv di stato che rilancia aprendo il mondo della cucina televisiva alla salute, all’alimentazione e agli chef. Con “Dimmi come mangi” e “Che fai, mangi?”, in cui si vedono le prime apparizioni di Gualtiero Marchesi e Gianfranco Vissani. A fare la scuola a tutto ciò ci eravamo preparati con programmi più focalizzati sui beni agricoli della nostra terra: “La Tv degli Agricoltori”, “A come Agricoltura” e “Linea Verde”, nato nel 1981 e che da 40 anni non smette di informare sull’evoluzione del mondo della agricoltura.
- 1990: Gli anni 90 forse sono l’effettivo decennio della svolta: cucinare inizia a divenire una cosa lontana per tanti italiani con l’avvento della frenesia, il bisogno di praticità, la corsa alla cucina fuorisede e senza troppe minuzie. Sia arriva a fine decennio che gli italiani “hanno bisogno” di vedere alla TV quello che non riescono a fare: la cucina non ha più solo degli spazi, ma veri e propri canali ad essa dedicati. Nasce Gambero Rosso Channel (1999) e solo un anno dopo Alice TV.
E sarà forse questo a tenere appiccicati allo schermo tutti coloro che come me e come tanti di voi pensano ancora a frasi tipo: “per tutta la lunghezza della lama, il centro, la punta” oppure “abbiamo altri 7 coltelli per voi!”. Perché Chef Tony non solo era un ottimo televenditore ma aveva imparato ad utilizzare i suoi spazi anche per presentare le sue ricette. Possiamo dire che sia stato il primo chef leggenda, amato da tre generazioni e indiscusso ricordo felice di molti!
- 2000: Ripercorrendo i primi anni 2000 è istantaneo notare il cambio di rotta degli emittenti: nasce proprio nel 2000 "La prova del cuoco" che conferma l’esigenza di una cucina pratica ma che arrivi a tutti fino al ritorno dei tutorial con ad esempio "Cotto e mangiato" di Benedetta Parodi ma sono anche gli anni del successo enorme di un nuovo format televisivo: i reality.
- 2010: Poteva la cucina, che a quanto pare diventava sempre più live, non calzare perfettamente una linea del genere? Arriva nel 2010 "La Scuola": una vera e propria scuola di cucina che “dal vivo” appassionava il pubblico e faceva conoscere grandissimi chef che da giudici e da ospiti si “esibivano”. Nel 2011 e sulla cresta di un’onda che non accennava a calare ecco spuntare in Italia il vero grande reality di cucina dal successo mondiale: Masterchef was coming!
Con Masterchef ci sembra di aver dato inizio ad una storia che potrebbe non finire mai per due motivi:
1- da allora non smettono di spuntare reality, programmi, sfide e contenitori che rilanciano nel dettaglio aspetti della cucina dal dentro, dal fuori, nazionale e internazionale. Regionale e antispreco, vista dagli chef, vista dai clienti o magari da clienti che sono chef;
2- la scoperta dello storytelling: l’audience tocca picchi immensi durante i racconti di storie di vita commoventi, le sfuriate Ramsay-ane di cracco per Hell’s kitchen, il sarcasmo pungente e italo americano di Joe Bastianich, la durezza a fin di bene di Cannavacciuolo in cucine da incubo.
- 2020: A 10 anni dal primo Masterchef ci sembra totalmente improbabile che possa calare il sipario su questo tipo di televisione ancor di più perché proprio ad oggi iniziamo a vedere “risultati”: vincitori di cooking reality comiciano a far parte dell’olimpo che noi stessi abbiamo contribuito a creare e si guadagnano stelle, soli e menzioni. L’interesse è comprovato ed evidente tanto da scaturire l’interesse di piattaforme on demand come Netflix e le sue varie serie documentario, prima su tutte Chef’s Table.
Tutta la serie di reality che sono venuti e che verranno non ha fatto altro che donare una nuova identità culinaria al nostro paese, stereotipandolo. La cucina televisiva è andata così standardizzando ingredienti, piatti, tipicità e territorialità, il che ha certamente lati positivi e lati negativi dato che non appena si passa a parlare via media il messaggio vira direttamente verso l'estero. Ed eccoci alla videoricetta della "carbonara sauce" di Gordon Ramsay oppure a Jamie Oliver e le decine di sue ricette, una su tutte quella de "meatballs and pasta".
Paradossalmente ingigantendone la portata abbiamo ridotto il contenuto: questa selezione ha portato indubbiamente a rimpicciolire il valore dei dettagli, della variabilità, della cucina di identità che ha sempre contraddistinto l'Italia di km in km.
Non posso di certo dire quando tutto questo finirà anche perché probabilmente lo spazio televisivo dedicato alla cucina è nato esattamente con la tv, confermando che cucinare resta il più profondo legame con la nostra essenza.
Cambia il modo di approcciare ai fornelli, cambia la nostra curiosità, cambia il tempo che decidiamo di dedicare alla cucina ma non cambia ciò che ci conquista: coloro che ci fanno sentire chef!
Ripensiamo al "nostro rapporto" con gli chef televisivi: chi di noi si è mai sentito davvero chef tra le proprie quattro mura, imitando i propri "idoli" televisivi? quanti di noi si sono mai sentiti così coinvolti da uno chef da imitarne movenze, tonalità, slang?
Basta pensare a Cannavacciuolo con i suoi paccheri non solo Voiello od al suo "adddios" (ispirato al caro Bud Spencer?); a Bastianich con la sua ineguagliabile italo-americanità; il mappazzone di Barbieri; sono tutti piccoli dettagli che poco per volta sono entrati nei nostri usi comuni.
Tony è entrato nelle nostre case con il suo modo di stare in cucina che è esattamente ciò che ci siamo abituati a rivedere di noi stessi attraverso gli occhi di chi ci guarda. Ecco perché non sono la sola che fine ha fatto lo chef che tanto ci ha coinvolti, che fine ha fatto chef Tony? Una cosa è certa, siamo tutti figli suoi.
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