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"L'Antica Pizzeria da Michele è il futuro, può e deve diventare il nuovo Domino’s", Alessandro Condurro si racconta in sogni, progetti e passioni

Alessandro Condurro racconta L'Antica Pizzeria da Michele, Michele in the world e se stesso

"L'Antica Pizzeria da Michele è il futuro, può e deve diventare il nuovo Domino’s", Alessandro Condurro si racconta in sogni, progetti e passioni
Introduzione di Francesca Brunzo

Nelle infinite variazioni di pizza che nel mondo - ma anche in Italia e nella stessa Napoli - ormai possiamo trovare, L' Antica Pizzeria da Michele resta il tempio della pizza e non teme di essere spodestato.

Alessandro Condurro, oltre ad essere un caro amico con cui siparla di tutto e c'è sempre un allegro ma mai superficiale confronto, è il più noto rappresentante della famiglia che fin da 1870 ha dato i natali alla storica pizzeria napoletana famosissima in tutto il mondo e per la longevità e per il suo prodotto tradizionale eppure al passo con i tempi, ma anche per il neonato progetto a cura proprio di Alessandro che è MITW (Michele In The World).

MITW è l'azienda che si ripropone di gestire e portare il brand di Michele in tutto il mondo ed i numeri delle aperture parlano chiaro: 26 i locali attualmente aperti ed in progetto, entro dicembre, altre 7 aperture previste.

Alessandro ha molto di suo padre in questo. Il dottor Franco, un uomo di vedute ampie, seppur simbolo di un pezzo di storia di Napoli e della pizza; legato alla tradizione eppur dalla quale mai si è fatto ostacolare nel guardare al progresso, ai passi in avanti, al credere che L'Antica Pizzeria di famiglia potesse essere il biglietto da visita di un progetto più ampio, che portasse Napoli nel mondo (ancora) e il mondo a Napoli. Di fatti è proprio a Franco Condurro che si deve l’apertura della prima pizzeria a Tokyo, il 31 gennaio 2012, ben 10 anni fa.

Inutile specificare che Alessandro ha una influenza in tutto il mondo pizza e che il meraviglioso progetto di Michele in the world, per come si sta realizzando e per quanto esponenzialmente sta crescendo, non ha problemi ad essere messo accanto a colossi come Domino's e Pizza Hut.

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Ecco... è martedì sera e sono proprio a Forcella,

nella magica sede storica di Via Cesare Sersale, davanti ho una pizza e accanto ho Alessandro. Così, a tavola dove tutto è nato approfitto per saperne di più non solo di dell'Alessandro uomo... ehm, "ragazzo", ma anche dei progetti, dei sogni, del suo punto di vista e perché no del futuro della pizza. Questa pizza.

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Chi è Alessandro Condurro?

Alessandro Condurro è un ragazzo (uomo mi fa impressione) di 48 anni. Dottore commercialista da 25 anni per eredità paterna, imprenditore per diletto. Ottimista ed umile per natura, non amo prendermi sul serio, cerco sempre il lato divertente in qualsiasi cosa. Ho sempre amato la pizzeria e l’aria che si respira dentro, per me è la Fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, ed i pizzaioli gli Umpa Lumpa. Ho sempre avuto una visione diversa, mio nonno ed i miei zii vedevano Forcella, io vedevo la Luna. Ho sempre pensato che Michele non era solo un fenomeno local, ma sarebbe potuto diventare qualcosa di globale. Per questo ho dovuto lottare contro un pregiudizio che nasceva dalla mia stessa famiglia, di mentalità ristretta. Dopo 10 anni e qualche buon risultato, stanno finalmente cominciando a cambiare idea.

Ci confrontiamo spesso e ancor più spesso parliamo di film, musica e hobby. Cosa piace fare ad Alessandro nel tempo libero?

Hai toccato le mie due passioni più grandi, più della pizza. Come dico sempre, ho la più grande cultura di cose inutili che si sia mai vista, conosco film, attori, battute a memoria (tu lo sai, spesso e volentieri recitiamo insieme “Il principe cerca moglie” di John Landis senza sbagliare una frase). Il fine settimana, quando non lavoro, trascorro ore avanti alla tv a vedere film, concerti, serie TV (anche 10/15 puntate alla volta). Le prime due stagioni de “La casa di carta” le ho viste di seguito, dal sabato mattina alla domenica pomeriggio, senza dormire! A parte questo, non ho un hobby perché ahimè non ho tempo libero, tra azienda (Michele In The World che gestisce il brand da Michele in tutto il mondo) e Mex Salerno (sono amministratore della società che gestisce la pizzeria da Michele di Salerno), incarichi professionali (sono liquidatore dell’EVI spa di Ischia, ente gestore risorse idriche dell’isola), e studio professionale (che continuo a mantenere grazie ai miei collaboratori e clienti), la mia vita ultimamente è un po’ troppo “piena”.

Mi piacerebbe nel tempo libero viaggiare e leggere di più, ma già lo faccio per lavoro.

Dai, dimmi di un regista, un film, un attore, un cantante e una band.

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Tutto porta nella stessa direzione. Francis Ford Coppola, Il Padrino, Al Pacino, il più grande film che sia mai stato girato, la storia più affascinante mai raccontata, l’attore più iconico della storia del cinema, come “Il principe cerca moglie”, ne conosco ogni battuta a memoria. Quando mi trovo davanti ad un problema, spesso mi capita di chiedermi “cosa farebbe Michael Corleone in questo caso?”.

Un piccolissimo gradino più sotto metterei Sergio Leone, C’era una volta in America, Robert De Niro, poesia pura, con una colonna sonora di Ennio Morricone che non ti stancheresti mai di ascoltare.

La trilogia di “Ritorno al futuro” e lo sfortunato Michael J Fox al terzo posto.

Se parliamo di musica, non ho dubbi. Sono vintage, per me la musica si è fermata al 2005, con Beyoncé e Shakira. Dopo il nulla. Madonna, Michael Jackson e Prince idoli della mia infanzia ed adolescenza. Sono pop, commerciale, esterofilo e me ne vanto. La musica italiana la ascolto e mi piace, ma rispetto alla musica americana e britannica NON ESISTE. Non è un caso se, diceva un comico di Colorado, negli anni 60/70 in UK c’erano i Beatles, i Birds, i Bee Gees, i Queen, in USA i Doors, I Beach Boys, Jimi Hendrix, Bob Dylan, I Guns n’roses, in Italia I Cugini di Campagna, il Giardino dei Semplici, Fred Bongusto e Pupo, con tutto il rispetto. La cantante italiana più brava di tutte resta Mina, lo sarà per sempre, molto più delle varie Laura Pausini, Elisa, Giorgia. La cantante Americana è Aretha Franklin, ovviamente, ma anche la povera e bravissima Whitney Houston.

Il mio idolo musicale assoluto, una vera ossessione per me che ho sempre voluto essere come lui, è il povero George Michael. Era tutto, voce, presenza, eleganza, bello, bravissimo, trendy, peccato averlo perso.

Ti chiedo un consiglio da neopapà a papà un po’ più esperto: come ti senti, e mi consigli come comportarmi, quando a mio figlio faccio ascoltare gli Oasis, i Queen e Guns n’roses e lui dice che vuole sentire i Pinguini Tattici Nucleari o musica trap? Perché sai, spesso rischio la lacrima quando trovo assurdi i suoi gusti al pari di quando mio padre mi diceva “ma che cavolo ascolti?”

Mia figlia ascolta i cantanti di adesso, il trap, gli amici di Maria che ogni anno escono dalla trasmissione e durano 6 mesi per poi sparire. Io cerco di farle ascoltare la mia musica, ma è tempo perso. Come quando mio padre si incazzava se ascoltavo Duran Duran o Boy George (diciamo che li apostrofava…all’epoca l’omosessualità era ancora una discriminante, oggi fortunatamente non lo è più).

Potrei stare ore a parlare di queste cose, ma non vorrei tediarvi oltremodo…

Una domanda che forse non ti è mai stata fatta perché tutti pare abbiano sempre dato per scontato la cosa: a te piace la pizza?

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La pizza mi piace, ma nella misura in cui mi piacciono tante altre cose. Ovviamente ne mangio molta di più. Mi piace che si sia sdoganata la pizza e la figura del pizzaiolo abbia acquisito una maggiore dignità.

Ai tempi di mio nonno, il pizzaiolo era considerato un mestiere di serie b, qualcosa per gente umile, povera ed ignorante. Mio nonno non voleva che i figli lavorassero in pizzeria, li ha fatti studiare, proprio per evitare loro le mortificazioni subite da lui. Mio padre ha sempre sofferto di questa cosa, per lui è stata una forma di rivalsa aver studiato, essersi laureato ed essere diventato uno dei commercialisti più importanti di Napoli. Diceva sempre che la sua più grande soddisfazione è stata passare dall’essere etichettato come “il figlio del pizzaiolo e della panettiera” (mia nonna faceva Rescigno di cognome, grande e storica famiglia di panificatori, ed anche lei aveva un forno per il pane) a far sì che il padre e la madre venissero definiti “il padre e la madre del dottor Condurro”. Io appartengo ad un’epoca diversa, in cui queste discriminazioni sociali non esistono più. Oggi il pizzaiolo, il panettiere, sono imprenditori a tutti gli effetti.

Tornando alla pizza, mi piace, ma deve restare un piatto semplice, facile. Le pizze gourmet, creme, cremine, formaggi strani, fegati d’oca, stupidaggini varie, non mi piacciono, tantomeno mi piace la comunicazione che si è scatenata attorno a queste cose, bullshit.

Cosa ami mangiare quando sei mentalmente in fase relax? e cosa invece riesce a rilassarti quando stai in fase caos?

In fase relax mangio pizza margherita (la doppia di Michele of course) ma anche hamburgers. Da persona pop e commerciale, adoro Mc Donald’s , Burger King e Five Guys, che nei miei viaggi da ragazzo spesso mi hanno salvato la vita. Anche sui panini stanno cercando di fare le stesse menate che fanno sulla pizza, un panino è un panino, se è buono è buono, se no…no. Ma senza tutti i ghirigori “provola di Agerola, pecorino dop, aceto balsamico punk, pomodorini trash”… avete scocciato!!!

In fase caos mangio le stesse cose, in fondo io vivo in fase caos!!!

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I tuoi posti del cuore. Dammi un consiglio su dove mangeresti: sushi o etnico, un panino, una pizza, cucina tradizionale, cucina di mare, carne.

Sushi - vado da J - Japanese Restaurant a via Depretis, bellissimo, ottimo sushi ma anche fusion, bella atmosfera. Non disdegno anche il sushi del Carrefour, specialmente in pausa pranzo in ufficio.

Panino - bella lotta, tutti se la menano con posti di provincia, io sono cittadino e mi piace la città, e il panino lo mangio a Napoli città. Allora Puok (anche se fa le provole di Agerola ed i salumi funky di cui sopra), l’Oca Nera, Foria 46 a via Foria, che ha anche una selezione di birre fantastica. Ai miei tempi c’era "Hot Bread" a via Petrarca, spettacolare!!!

Pizza - da Michele of course, a dire il vero la mangio un po’ dovunque, ma come sai i pizzaioli sono peggio delle stars, se dico che uno è buono, tutti gli altri si offendono, allora non faccio nomi. Faccio eccezione solo per il mio grande amico Francesco Salvo, a cui voglio bene veramente.

Cucina tradizionale - mia nonna. Le nonne sono le cuoche migliori, si sa, e le loro cucine sono degne di tutte le stelle Michelin del mondo. A parte questo, Napoli è piena di trattorie fantastiche, come Vittorio a via Ugo Niutta, che fa una genovese che è una crema, ma anche Januarius del mio amico Francesco Andoli a via Duomo.

Cucina di mare - ti dico la verità, non è che ci vada pazzo, però quando ne ho voglia, vado al mio ristorante preferito, che è Hostaria Angeli e Demoni a Viale Capomazza a Pozzuoli. Lo chef Silvio Zanotti è un mostro di creatività e cucina il pesce in modo sublime. Da segnalare una recente apertura, si chiama Peskando, a Santa Maria a Vico (CE), si mangia pesce in tutti i modi e tutte le salse, accompagnato da un’ottima carta dei vini. Ci sono stato da poco, ed è veramente un posto fantastico.

Carne - la Chianca, macelleria Gourmet a via Cirillo. Mai mangiata carne così buona e variegata. Che poi la carne della Chianca, la sera la trovi da Foria 46 di cui ho parlato sopra, quindi è il massimo.

Al di là di questi posti, ci sono tre posti nel mio cuore, che non appartengono a nessuna delle categorie indicate.

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Alessandro Condurro con suo zio Antonio Rescigno

1. Rescigno a via Foria, i miei cugini. Panificio, Bar, Gastronomia, Pasticceria, e chi più ne ha. Quando ho la fortuna di andare da loro quando esce il pane appena sfornato c’è da star male. Zio Antonio Rescigno per me è un padre, un idolo, un esempio. Ha creato un impero con le sue mani, ed alla sua età lo trovi ancora la mattina presto ad impastare ed infornare, stanco e bianco di farina, ma appena mi vede mi fa un sorriso che mi riempie la giornata. Alla fine è questo il segreto della mia famiglia, siamo persone umili che hanno sempre lavorato.

2. La rosticceria la Padella a piazza Arenella. Dal 1967 il pollo allo spiedo, I crocchè e le frittate e di pasta migliori di Napoli. Io abito lì da sempre e sono cresciuto con la loro cucina.

3. L’antico forno Attanasio. Attanasio sta alle sfogliatelle come Michele alla pizza. Vuol dire che a Napoli quasi tutti fanno un’ottima sfogliatella, qualcuno la fa eccellente…poi c’è Attanasio. Fuori concorso, fuori classifica, sopra ogni cosa. La sua frolla crea dipendenza fisica.

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MITW negli ultimi anni ha visto un’espansione importante: molte città italiane possono godere della vostra pizza e molti paesi nel mondo conosceranno la vera pizza napoletana. Il segreto del successo? Raccontacelo

MITW. La mia creatura. Come detto all’inizio, io vedevo Michele dovunque, la pizza era ed è un piatto trasversale, democratico, mondiale. La mangiano tutti in tutto il mondo, a tutte le latitudini, e Michele, nella mia testa, DOVEVA essere il simbolo della pizza nel mondo. Da tutto il mondo venivano, e vengono, a Forcella, nel tempio della pizza, per vivere l’esperienza di Michele. Noi con MITW portiamo Michele nel mondo, lo offriamo a tutte le città, portiamo Napoli dove Napoli manca.

Il segreto del successo sta nel brand stesso. Michele ha una storia, esiste da 150 anni, è facilmente identificabile. Le aziende inventano storytelling, noi lo abbiamo, è reale. La gente lo conosce e si identifica. La reputazione aziendale nel nostro caso è tutto, come dice il mio amico giornalista e studioso di brand reputation Davide Ippolito. Michele HA la reputazione, e questo lo distingue da tutti gli altri, che devono fare le papocchie sulle pizze per essere popolari.

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MITW può diventare il nuovo Domino’s o il nuovo Pizza Hut? Può essere un’idea o è già un desiderio?

Michele può e deve diventare il nuovo Domino’s. Ha tutte le carte in regola per poterlo fare. A differenza di Domino’s o Pizza Hut, ha una storia. Non ho mai fatto mistero di non considerare le altre pizzerie napoletane, ed italiane in generale, come miei competitors, ma di essermi sempre rapportato a queste grandi catene americane. Se devo ragionare come una rete, e MITW lo è, non posso rapportarmi a chi usa le olive di Caiazzo (per fare un esempio), ma devo spingere su altre cose: la logistica, la standardizzazione, la replicabilità dei prodotti e dei processi. Senza falsa modestia, consapevole che probabilmente ci arriveremo tra 3 generazioni, ma si: Michele guarda Domino’s.

Il successo, come il denaro logora chi non ce l’ha: partiranno critiche, partiranno polemiche. A maggior ragione di tante aperture in posti così diversi. Come farete a garantire la pizza di Michele sia la stessa, verace e sincera, in tutti i posti del mondo?

Le critiche ci sono sempre, a maggior ragione sui social, dove la gente si sente in diritto di scrivere qualunque cosa senza rispetto ed educazione. Non si può ovviamente piacere a tutti, anche se dobbiamo sempre provarci. Il nostro è un franchising di prodotto, la pizza, che è la stessa in tutti i punti vendita del mondo. Ci sono voluti anni, ma alla fine riusciamo a mantenere la stessa qualità in tutti inostri locali attraverso una rete di formatori, ispettori, fornitori. I pizzaioli di tutte le sedi sono formati da noi, abbiamo una scuola di formazione ad Aversa, in cui i ragazzi fanno corsi di 4/5 mesi per poi andare a lavorare subito nelle nostre pizzerie. Abbiamo i nostri pizzaioli che formano il personale delle pizzerie affiliate. Abbiamo un sistema di fornitori e logistica che ci permette di spedire in ogni angolo della terra i prodotti che usiamo per le pizze. Infine abbiamo gli ispettori, che girano il mondo per esaminare i locali, vedere se i vari partners si attengono al nostro manuale di qualità e se acquistano i nostri prodotti. Solo così possiamo garantire tutte queste belle cose. Da come avrai capito, MITW non è solo Alessandro Condurro, ma è molto molto di più.

È Daniela Condurro , mia cugina e coamministratore; è Antonio Falco, il nostro insostituibile capo pizzaiolo, geniale, instancabile giramondo. È Emma Di Lorenzo, il nostro ufficio stampa sempre sul pezzo, insieme al nostro grafico Vito Lombardi. Sono Gianluca Antonio, Marilia e Laura, il nostro ufficio amministrativo e commerciale, operativi h24, in contatto perenne con tutte le sedi nel mondo.

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La ricetta della tua pizza è storica ed è riconosciuta e riconoscibile da chiunque e si riconferma nei secoli aumentando il suo appeal. Il mondo pizza allo stesso tempo evolve offrendo un prodotto ricercato in qualità e che garantisca caratteristiche come digeribilità e leggerezza e la gente allo stesso modo pare apprezzare riempiendo i locali quotidianamente. Tra le due, qual è la vera pizza e quale mangeremo con assoluta certezza tra altri vent’anni?

La pizza di Michele è una pizza, la pizza contemporanea è una pizza. La domanda a parer mio non esiste. Perché contrapporre qualcosa che non può essere contrapposto? Hai detto “la tua pizza è tradizionale, ma adesso le pizze moderne sono digeribili”. Che significa? Che la pizza tradizionale non è digeribile? Questo è il grosso errore creato ad arte dai media che parlano di pizza, dovuto anche un po’ all’ignoranza e la superficialità.

Siccome Michele ha 150 anni, allora è tradizione, basta. Tutti quelli che mangiano la nostra pizza dicono che è così leggera e digeribile che potrebbero mangiarne due. Quindi Michele fa pizza contemporanea, atteso che secondo i media ignoranti pizza contemporanea vuol dire digeribile?

Secondo me non esiste nulla di tutto ciò. Personalmente credo di aver imparato ad usare i social, non rispondo a nessuno, non litigo, non raccolgo provocazioni, cerco di comunicare solo cose belle ed ottimismo. Poi se a qualcuno dà fastidio, se qualcuno aveva dato Michele per finito solo perché qualcun altro ha detto che la pizza oggi è cambiata e Michele è superato, mi dispiace per lui. Quando questi detrattori, quasi sempre pizzaioli di provincia che si fanno chiamare “maestro” e parlano di chimica senza saper coniugare un verbo in italiano, arriveranno a fare il sabato la metà delle pizze che Michele fa il martedì, ne riparleremo.

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Il futuro è Michele. Il futuro sono le pizzerie Centenarie. Non sono il passato, non sono la storia, sono il futuro. Lo dico da sempre. Io non ci sarò, ma tra 50 anni Michele ci sarà ancora, non posso dire lo stesso di tutte le altre pizzerie attuali, legate troppo alla figura del pizzaiolo star. La pizzeria si identifica con il pizzaiolo, con quella persona, quindi quando quella persona non ci sarà più? Michele non è una persona, è un brand, chi è il pizzaiolo di Michele? Chi dei tanti? Michele, come le altre pizzerie centenarie, sono aziende familiari, sono generazioni che si susseguono.

Oggi invece si portano ragazzi che danno i loro nomi a pizzerie non loro, con alle spalle investitori che sfruttano il fenomeno, ma quando lo stesso finirà non si faranno scrupoli a spostare i loro investimenti altrove. Ecco perché il futuro della pizza si chiama Michele.

Mondo pizza, personaggi social che si palesano quotidianamente presentando i più vari contenuti: da Errico Porzio che secondo me fa un lavoro molto bello “socialmente parlando” e tanti altri che invece raggiungono il trash più assurdo. Cosa ne pensi? Segui qualcuno?

I social hanno ahimè dato la parola a gente che normalmente non ne avrebbe mai avuto diritto. Ma va bene così, tutto fa pubblicità. Personalmente, come detto uso i social per scherzare tra amici e per comunicare messaggi positivi. Non amo il teatrino napoletano, questo identificare il pizzaiolo come il pulcinella di turno. Tutto ciò contribuisce a dare di Napoli la solita immagine sbagliata. Napoli è fatta di aziende, di imprenditori, di professionisti, di gente che parla lingue straniere, fa business. Questo andrebbe comunicato, non altro.

Detto ciò, rispetto Errico Porzio per la bella persona che è. Secondo me però il leader della comunicazione resta Gino Sorbillo. Il successo è la popolarità si misura dal numero di odiatori che hai, e Gino è il più odiato in assoluto, significa che è invidiato e popolarissimo. Lo ammiro molto sia umanamente che professionalmente.

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