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Piedirosso e Falanghina Campi Flegrei: Eleganti e identitari, non saranno mai più secondi.

Piedirosso e Falanghina dei Campi Flegrei

Piedirosso e Falanghina Campi Flegrei: Eleganti e identitari, non saranno mai più secondi.

Se esiste un settore dei Campi Flegrei che ha saputo contraddistinguersi negli ultimi anni è di certo quello del vino. In un territorio da sempre messo in ombra dalle scelte politiche in tema di sviluppo economico e sociale, i vini rappresentano una delle poche realtà che hanno saputo rompere i confini di un certo provincialismo caratteristico di questa zona.

Il clima, la storia e la natura hanno regalato a questi luoghi caratteristiche uniche al mondo. La differenza in questo caso l’hanno fatta gli interpreti, le persone, nella fattispecie contadini, vignaioli, enologi, che in poco più di venti anni hanno trasformato, migliorandolo, l’intero mondo del vino flegreo.

Possiamo con sicurezza affermare che il Piedirosso e la Falanghina dei Campi Flegrei, rispettivamente vino rosso e vino bianco provenienti dagli omonimi vigneti, hanno finalmente raggiunto la maturità da sempre cercata, ed oggi si impongono con tutto rispetto sullo scenario nazionale. E non è da sottovalutare l’impatto all’estero visto che molte cantine esportano anche il 70 % della loro produzione fuori dai confini nazionali.

Piedirosso e Falanghina Campi Flegrei: Eleganti e identitari, non saranno mai più secondi.

I risultati, che qualche anno fa erano visibili solo agli occhi degli osservatori più attenti, oggi sono a disposizione di tutti in bottiglia. Bisognava solo aspettare.

Il merito di questo successo va sicuramente diviso tra le generazioni che si sono susseguite, spesso famiglie intere, che per anni hanno tramandato esperienza, conoscenza e soprattutto un legame indissolubile con la terra. Se infatti alcune parti della Terra Ardente (così i greci definivano il territorio costituito dai Comuni napoletani di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto) sono state sottratte alla cementificazione e all’abusivismo edilizio, questo lo si deve principalmente a chi ha deciso di continuare a coltivare la vite e produrre vino.

La zona flegrea presenta oggi un’agricoltura residuale, che stenta a produrre e commercializzare i propri prodotti nonostante il grande numero di attività ristorative presenti da sempre sul territorio. Storia diversa per i vigneti che, nel 1994, hanno visto l’arrivo del primo Disciplinare della Doc Campi Flegrei che ha posto le basi per cominciare a coltivare in maniera ragionata le viti e a produrre vino.

In 27 anni, periodo relativamente giovane per la storia di un vino, si è passati velocemente dal mettere a sistema i vigneti all’aumentare delle aziende che imbottigliano e etichettano il vino, fino ad arrivare ad oggi dove le nuove generazioni, esprimono moderni contadini e moderni enologi delle proprie cantine.

Piedirosso e Falanghina Campi Flegrei: Eleganti e identitari, non saranno mai più secondi.

E non sono state poche le difficoltà da superare per potere oggi affermare che Piedirosso e Falanghina dei Campi Flegrei meritano un posto di tutto rispetto all’interno dell’enologia italiana.

Di sicuro una delle prime barriere da abbattere è stata quella dell’omologazione agli omonimi prodotti campani (falanghina del beneventano, piedirosso del sannio) inizialmente più conosciuti ma con caratteristiche diverse. Dare una propria identità non era davvero impresa semplice, considerando il fatto che molte delle aziende vinicole si sono consolidate negli anni in cui, nei Campi Flegrei, la faceva da padrone la ristorazione per cerimonie che richiedeva più quantità che qualità.

Oggi possiamo invece affermare che le scelte fatte in quegli anni stanno dando buoni frutti e che in futuro si prospetta forse una virata di carattere del tutto rivoluzionaria. Una variazione da poco inserita nel disciplinare della Doc Campi Flegrei permette oggi di etichettare Piedirosso e Falanghina dei Campi Flegrei con la denominazione “Campi Flegrei Doc”. Se questa scelta fosse fatta in modo consapevole da buona parte del comparto del vino flegreo, che oggi soffre la gestione spesso inefficiente del Consorzio di tutela dei vini, potremmo cominciare a vendere oltre al vino anche un intero territorio e i vini flegrei, che per anni sono stati forse gli unici ambasciatori esistenti dei Campi Flegrei, comincerebbero ad assumere ancora di più un carattere identitario e unico, così come i più noti Barolo o Taurasi.

Carattere che oggi va associato non più a vini di pronta beva, da consumare nell’anno di produzione o al massimo in quello successivo. Se infatti, quindici o venti anni fa, questa era una verità assoluta, oggi, grazie a un più attento lavoro sia in vigna che in cantina, siamo pronti a mettere in commercio con sicurezza, e a portare a tavola, anche vini imbottigliati più di 5 o 6 anni fa (e in alcuni casi possiamo anche andare oltre). Possibilità che a volte stupisce il cliente finale, e che colpisce soprattutto per l’ottimo risultato finale.

Piedirosso e Falanghina Campi Flegrei: Eleganti e identitari, non saranno mai più secondi.

In definitiva il comparto del vino flegreo può essere considerato in ottima salute e pronto a nuove sfide. Di certo i passi da fare sono ancora molti. Raggiungere un carattere identitario, capire quale sia la strada da percorrere per rivelare le possibilità ancora inesplorate dei due vigneti e dei due vini è qualcosa che richiede ancora tempo e lavoro. Manca ancora una vera strategia comune di produzione, comunicazione e di vendita, che potrebbe essere messa in atto con una rivoluzione del Consorzio di Tutela. Ma manca anche una vera condivisione di conoscenze tra le cantine, che dovrebbero mettere insieme le esperienze di vinificazione, dei risultati ottenuti nelle diverse annate o semplicemente condividere le esperienze nei vigneti che, nei Campi Flegrei, vivono di differenze enormi per tipologia di terreno, altitudine, esposizione al sole.

Questo creerebbe un bagaglio culturale esperienziale utile a tutta la comunità del vino. Bagaglio dal quale sembra finalmente essere stata tolta la credenza, da sempre sbagliata, dei vini flegrei che puzzano di zolfo. Credenza sbandierata per anni dai sommelier e dagli addetti ai lavori come tipicità, ma che nascondeva difetti nei vini e un approccio ancora non maturo nella coltivazione in vigna e nel lavoro in cantina.

Oggi che possiamo dichiarare caduta FINALMENTE, questa ultima barriera, alla presenza di vini eleganti e con un forte carattere identitario, possiamo quindi augurare a tutti una buona bevuta con i vini dei Campi Flegrei.

Piedirosso e Falanghina Campi Flegrei: Eleganti e identitari, non saranno mai più secondi.

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