Taurasi 2010 Perillo - Territorio e concretezza in un grande vino
Taurasi 2010 Perillo Aglianico Irpinia
Cantina Perillo
Contrada Valle, 19 Castelfranci (AV)
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Diciamo che ho sempre ammirato della famiglia Perillo una sua unicità,
quella Coda di Volpe irpina, rara ormai, come veramente pochi sanno fare così bene.
Michele e i suoi figli rimangono un punto di riferimento di eccellenza nell’Irpinia dei grandi vini, su a Castelfranci, l’ultimo territorio del Taurasi a vendemmiare, essendo più spinto in altitudine.
Vignaioli autentici, senza grilli per la testa, pochi mezzi in cantina, tantomeno in vigna dove le vecchie piante a raggiera (qui si dice starzeto) diventano luogo mistico, di ritiro e contemplazione per quanto sono belle, memoria preziosa di una comunità che ha sempre fatto il vino. Questo è il regno dell’aglianico, che a Castelfranci, con i suoi oltre 500 metri di altitudine, dai i suoli di argilla chiara, a tratti sabbiosi e ricchi di ceneri vulcaniche, mantiene tutta la sua austerità. Solo un profondo conoscitore di quest’uva, e di queste vigne poderose, ultra centenarie, riesce a tirarne fuori grandi vini. Seppure severi, apparentemente scontrosi, sanno coinvolgere profondamente, con forza, appagando il desiderio di vini rossi importanti, diciamo pure, esuberanti.
Potremmo definire Castelfranci un cru di eccellenza del Taurasi, ma qui non siamo in Francia, e le cantine Perillo la sua massima espressione.
Vincenzo ne ha un tale rispetto da scegliere di fare uscire il suo Taurasi dalla cantina dopo dieci anni dalla vendemmia. Attualmente l'ultimo millesimo in commercio è il 2012.
Mentre il 2010 è già esaurito, l'ho provato in questi giorni grazie ad un gruppo di eno amici durante una degustazione clandestina. Diciamo così.
Il Taurasi 2010, ha vigore giovane e graffiante, severo,
menestrello di antichi racconti rurali tra vigne e montagne, di gente un po’ taciturna e scontrosa, che non ha timore di uscire di casa con il vento gelido. Nelle trame le leggi queste cose e quasi ti aspetti che quel bicchiere proferisca parola. Non è un vino contadino, è preciso, di una vitalità pulsante, inarrestabile e piena di entusiasmo. La mia mente tende sempre a tradurre queste esperienze divine in musica, e mi ha fatto molto pensare alla Nona Sinfonia di Beethoven, a quel quarto movimento, al suo andante maestoso, allegro energico sempre ben marcato.
Godibilissimo nella sua fierezza, il tempo ne farà tanto altro, senza presunzione di piegarlo.
Ha bensì l’intento di lanciarsi in corsa con il fiato lungo e le gambe bene allenate. Non sempre si ha voglia di rossi sottile e raffinati, si amano anche i Taurasi di Perillo, dal passo deciso. Ma poi, anche l’austerità ha il suo incedere elegante e solenne, dal passo severo e sempre silenzioso.
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