Origine dei Maccheroni. Sardi o Campani?

Giovanni Fancellomer 29 apr 2020
La pasta fresca è conosciuta fin dal mondo classico, mentre la pasta secca inizia ad essere citata fin dall’Alto-Medioevo. Nel Pieno-Medioevo iniziano ad apparire i primi ricettari e documenti di vari studiosi che citano la pasta secca.

La pasta fresca è conosciuta fin dal mondo classico, mentre la pasta secca inizia ad essere citata fin dall’Alto-Medioevo. Nel Pieno-Medioevo iniziano ad apparire i primi ricettari e documenti di vari studiosi che citano la pasta secca.

In Sardegna in tutto il Medioevo, era in atto un fruttuoso commercio di “obra de pasta” in buona parte dei porti del Mediterraneo. In sardo “obrare” è inteso come quel lavoro per realizzare una qualsiasi cosa, cioè: traballare una cosa pro la fagher pius bella – lavorare una cosa per renderla più bella.

I ricettari del XV e XVI secolo riportano ricette di paste con forme diverse, con nomi che sono frutto di fantasia dei pastai di quelle epoche. Scrive uno studioso nel 1636: “Ne sono di varie forme, perché alcune sono tonde, come quelle che chiamano vermicelli o maccheroni, e di queste alcune ne son vuote di dentro, alcune no, altre ne sono larghe e distese, come le lasagne, altre ne son piccole e tonde, come quelle che chiamano mille fanti, altre ne son piane, ma strette a sfoggia di fettucce, che sono chiamate comunemente tagliolini, altre ne son corte e grossette e le chiamano agnolini, altre più lunghe e più grosse, chiamate gnocchi, e ve ne son di molte altre guise.”

La pasta confezionata in Sardegna arrivava anche a Napoli.

Nel 1646, a Napoli, esisteva una importante importazione di maccheroni dalla Sardegna. Il poeta napoletano Filippo Sgruttendio, esponendo le Grolie de Carnevale, ricorda in un sonetto come Napoli importasse gnocchi e buje, cioè maccaroni di colore oscuro, dalla Sardegna:

“... addove, o gnuocole

e buje de Cagliare

maccarune io lasso mo!”
“Me deze no piatto Ceccarella
de cierte sapurite maccarune,
semmenate de zuccaro e cannella,
cosa da far sparire le pperzune”.

Il filosofo Benedetto Croce, nel 1925 scrive note a Il Pentamerone di G. B. Basile: «Non pare che allora i maccheroni avessero, come ebbero di poi, il primo luogo nella cucina napoletana: tanto che i napoletani erano detti non già «mangiamaccheroni», ma «mangiafoglie» (ortaglie). I maccheroni si trovano assai spesso indicati come «di Sicilia» o «di Sardegna», più specificamente di «Cagliari».

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