Felix Lo Basso: "Torno a cucinare libero, sono stanco delle guide"
Felix Lo Basso, una stella Michelin a Milano e una per il suo Memorie a Trani, e il suo nuovo concept.
Il 28 Febbraio di questo anno, mentre l’emergenza si concretizzava ma ancora non era chiaro del tutto (o meglio a tutti) cosa stesse accadendo, qualcuno già annunciava chiusura. Parlo di Felix Lo Basso.
Felix, nato a Molfetta nel 1973, si trasferisce prima in Alto Adige al Alpen Royal -dove nel 2011 arriva la stella Michelin- e nel 2014 si insedia a Milano per gestire Unico fino al 2016 quando nel giugno apre il Felix Lo Basso Restaurant.
Il Felix Lo Basso Restaurant di Milano, una stella Michelin dal 2016 (a soli 5 mesi dall’apertura), direttamente dal centro del capoluogo lombardo (sito in Piazza Duomo), tramite il suo profilo dava notizia della fine del suo percorso lì all’ultimo piano della Galleria Vittorio Emanuele II, con terrazza che dava direttamente sul più noto simbolo di Milano: il Duomo.
Indubbiamente Lo Basso ha fatto parlare di se in tutto, dalle stelle in tempi record 5 mesi per il Felix Lo Basso Restaurant a Milano e 8 mesi per il suo secondo nato ovvero Memorie, a Trani, che ha segnato il sul ritorno in Puglia;
alla chiusura per la quale si è parlato di anticipazione dei tempi e di mancate condizioni per il rinnovo del contratto (visto il termine a 5 anni). Oggi Felix fa tornare a parlare di lui mettendo insieme le due cose: “sono stanco di inseguire e accontentare guide e riconoscimenti e colgo al volo la possibilità di ricominciare con un nuovo progetto di cucina libera”.
Felix Lo Basso nella illustrazione di The Animismus per la Top 100 di The Best Chef.
Ciao Felix, come va?
Tutto benissimo, ciao Francesca.
È un periodo di attesa questo, aspettiamo tempi migliori per riaprire.
E intanto cosa stai facendo?
Sto facendo consulenze per un locale in Sardegna e per un nuovo locale che aprirà a Settembre, in più sto facendo un programma televisivo. Mi tengo impegnato.
Quando riapri e soprattutto cosa riapre?
Apro il nuovo locale ad Ottobre a Milano. Avevo chiuso il 28 Febbraio lì, e ti dico fortunatamente. In Puglia penso di non aprire o almeno non a queste condizioni, non per l’estate. È che non mi conviene, troppe spese e quindi preferisco restare chiuso piuttosto che aprire e farmi male. Anche perché senza turismo manca una condizione basilare. E comunque non sono il solo.
Ristoranti come i nostri hanno budget un po’ diversi sia per il mantenimento dello standard sia come prezzi finali al pubblico per cui, con la prospettiva di lavorare solo con le persone del posto che comunque sono abituati a girare solo nel weekend, non credo ce la si faccia.
Quando c’è turismo non avviene quella che è la cosa più brutta: aspettare il sabato per lavorare. Cosa che onestamente non avviene in città come Milano che hanno una impronta totalmente differente rispetto alle nostre zone, al sud.
Preferisco aprire quando tutto sarà più sereno, anche lo stato d’animo delle persone. Penso abbiano più voglia di andare in giro che al ristorante.
Dici che Milano è un punto chiave per tutta l’Italia?
Vivo a Milano e posso dire che se non parte questa città non parte l’Italia, poco ma sicuro. È l’unica città che potrebbe ripartire davvero ma anche qui hanno tutti paura, perché stare fermi tre mesi vuol dire perdere molti soldi e recuperare non è proprio semplice eh!
Il problema è che non c’è una regola generale, ogni Stato fa come vuole e con le proprie regole.
Qui, praticamente a 10 minuti c’è la Svizzera: tutto già aperto, tutti senza mascherine, come se non avessero subito nulla, alcun danno, alcun trauma e ti dico che la cosa fa rabbia perché ti fa pensare a quanto sia malandato il nostro di sistema.
Dimmi un po' come è andata questa scelta del chiudere definitivamente? E come sta il tuo staff?
I ragazzi in Puglia sono in cassa integrazione: sono in 7 e sanno che bisogna attendere. Mentre lo staff a Milano era composto da 8 persone e, avendo chiuso il 28 Febbraio, diciamo che non dipendono da me. Sicuramente, ammetto, che questa cosa mi ha sgravato di tante spese.
Ti racconto tutto! Io dico che sono stato un po’ fortunato perché finiva il contratto di locazione dopo i 5 anni ed ho deciso di non rinnovarlo perché non c’erano proprio le condizioni per pensare di farlo né per tipo di contratto né per la spesa che comportava. Non riuscivo a state in piedi con il tipo di affitto e di location, anche perché avevo già in progetto un nuovo concept.
Dopo praticamente una settimana hanno chiuso tutti. Ovviamente io non ho chiuso perché avevo anticipato l’emergenza bensì per cose mie, scelte mie, ma non posso non dire che una sorta di idea c’era nell’aria: viaggiando molto e avendo molti contatti in Asia, sapevo molto della situazione che lì si era scatenata per cui sapevamo un po’ tutti che sarebbe arrivato qualcosa anche da queste parti. Devo essere sincero anche su un altro dettaglio: già da Gennaio la situazione a Milano non era felice, c’era già stato un calo di cui abbiam risentito subito nei mesi di Gennaio e Febbraio. Si sentiva l’assenza dello straniero, soprattutto dell’asiatico dato che a Milano al 90% si lavora con loro. Chi era in centro lo vedeva.
Ti va di spoilerarmi qualcosa del nuovo concept?
Sto facendo una house, una casa! Ci sarà un soggiorno per far accomodare gli ospiti, una cantina, la cucina totalmente in condivisione tra me e gli ospiti. Ricreare l’ambiente di casa in forma di ristorazione è l’obiettivo. Non ci sarà servizio, quindi niente camerieri. È tutto fatto di me e cucina! In pratica è come se fossi a casa mia, in cucina con me, come se si ricevesse un invito a cena a casa mia. Sono il primo a farlo in Italia e vedrai che dopo di me ne arriveranno altri.
Calza ancora di più in questo momento perché ricreare l’ambiente di coccola e sicurezza di una casa potrebbe essere la cosa che metterebbe maggiormente a proprio agio il cliente.
Esatto! Eppure è una cosa che ho in mente da un bel po'!
Sarà solo su prenotazione e senza menù. Sarà come un’esperienza di teatro di improvvisazione: tutto sarà al momento e sarà un prolungamento della mia visione perché le persone mi vedranno lavorare, cucinare e sarò io stesso a servirli ed a spiegare i piatti. So che a qualcuno non piace ma non mi interessa più, voglio fare cose che mi divertono. È una idea che ho già da tempo e forse ho un po’ preso al balzo l’occasione di uscire fuori da quello che avevo per concretizzare questo progetto.
Non ti interessa più? Cosa?
Ho 47 anni e sono un po’ stanco di inseguire sempre. Sono stanco di vivere per piacere alle guide, non voglio più vivere di stelle e stelline. Voglio essere libero di fare ciò che mi piace, voglio tornare a cucinare per il piacere di farlo. Poi se arriveranno i risultati anche dai riconoscimenti ben venga.
Il nuovo concept credo sia anche ciò che la gente vuole a prescindere: sentirsi coccolata. Uscirò da questo programma tv di cui ti dicevo che avrò bisogno di questo tipo di location. In Giappone c’è già questo concetto di location molto piccola, molto casa, tutto molto intorno allo chef. Per di più questo mi darà la possibilità di non assumere molto personale che poi è quello che spesso salva perché gli stipendi sono una grossa fetta delle spese. E oggi si salva chi riesce a contenere le spese. La ristorazione è in un momento molto particolare e se non hai dietro un albergo di lusso è veramente difficile andare avanti. Così contengo le spese, mi sento libero, mi diverto e non mi sento costretto: spero così di regalare una esperienza nuova. Ultimamente era diventato solo cucinare per guide, non voglio più stare ad impazzire e scervellarmi. Voglio che la gente venga a mangiare felice, in casa mia, stando con me e seguendo da vicino la mia creatività e la mia voglia di esprimermi. Sento il bisogno di dialogare con il cliente e non badare più a maitre, sommelier, tovagliato etc. Voglio un rapporto più umano!
Pensi servirà una cucina più sostenibile? Più spazio al Km zero?
Non ci credo e non ho mai creduto a questa filosofia, non esiste per me sta storia del km zero. Perché non è applicabile, dipende da dove ti trovi. Diciamo che sono più per il km italiano, preferisco i prodotti Italiani. Ho lavorato in posti in cui davvero non c’era nulla: sono stato in Alto Adige per 12 anni e cresceva solo erba cipollina. Alla fine oggi i prodotti di qualità si trovano dove c’è giro di mercato, moneta: sai che trovo più prodotti pugliesi di qualità a Milano che giù in Puglia? Il miglior pesce non lo trovi a Napoli o Bari, lo trovi al mercato del pesce di Milano. È un discorso di mercato non di prodotti: sai quanti imprenditori portano qui a Milano i pomodorini perché vengono pagati 5€ piuttosto che lasciarli giù alla richiesta del popolo ad 1€?
I prodotti migliori li trovi dove ci sono più soldi, dove c’è una società più proiettata al mondo, più internazionale. Perciò dico che se non si riprende Milano non si riprende l’Italia.
E cosa pensi di chi si reinventa con la delivery?
Ci sono locali che riescono a far delivery perché lo fanno a misura e studiato. Bisogna studiarsi bene i piatti da fare e c’è anche chi riesce ma bisogna star bene attenti. Secondo me gran parte lo fa il packaging ma rifletti: alla fine un delivery fatto bene e con un packaging di livello ti viene a costare molto e così torniamo sempre al discorso soldi perché se devo spendere la stessa cifra che permetterebbe di andare al ristorante per la delivery e poi trovarmi anche un piatto sottosopra... non ne vale proprio la pena. È una perdita economica, di gusto e di estetica. Sull’ultima puoi anche sorvolare, ma quante volte? Anche io ho ordinato ad uno dei miei locali preferiti e mi è arrivato un disastro a casa.
A proposito, cosa hai sperimentato di nuovo in quarantena?
Ho lavorato tanto con nuove tipologie di farine, ho provato la polvere di gambero da Giacalone, ho testato nuovi formati di pasta, insomma ho “giocato” con tantissimi prodotti perché in questo periodo abbiamo finalmente avuto il tempo di testare e assaggiare personalmente. Arrivano spesso prodotti di aziende e amici che sperano tu li provi, ma il lavoro ti prosciuga. Invece stando in casa ho avuto modo di provare tanto e sperimentare moltissimo. Anche oli e condimenti nuovi. Ho già messo a punto alcuni piatti che vorrei proporre nel locale. Quindi questi due mesi sono serviti molto al pensare a concept, idee e progetti futuri che siano piatti o prodotti.
Secondo te come ci si dovrà comportare in futuro nel mondo della ristorazione?
A mio parere tutti devono fare ciò che hanno sempre fatto. Ognuno deve tornare a fare quello che faceva senza cambiare il proprio format. Ripartire vuol dire solo tornare a ciò che si faceva prima perché non serve adattarsi a questo che è solo un momento secondo me. Lo so che è difficile e che ti viene ancor più voglia di scappare perché, così come l’Italia, anche gli altri Stati si sono fermati ma hanno aiutato i propri cittadini, mentre a noi invece è stato dimostrato ancora una volta quanto sia tutto inefficiente. Purtroppo questa è l’Italia è così mi sa che dobbiamo tenercela.
C’è in progetto anche di “svuotare il conto e scappare” quindi?
Io non sono per l’Italia, sono molto più per l’estero. Fosse stato per me sarei già andato via, ma ho i bambini piccoli e non è il momento. Sai cos’è? Qui devi sempre lavorare il doppio per essere ripagato mai né economicamente né socialmente. Questa è una terra di volponi dove si sopravvive ma non vivi bene. Ecco perché non voglio più avere vincoli e pressioni. Io voglio vivere per stare bene: ho capito fin troppo bene che l’importante è la famiglia e stare bene con loro.
Per cui sì, scapperei in Australia subito! Dove la parola chiave è rispetto.
Per quanto riguarda i conti, credimi Francesca, nessun ristorante stellato fa fatturato perché tra spese, food cost, materia prima di un certo livello perché diciamo che siamo anche un po’ viziati ma diciamo anche che nulla gira e funziona bene, quindi è impossibile fare i grandi fatturati. La scelta di tornare alla mia libertà è dovuta anche a quello. Non vedo l’ora di fare quello che mi piace a modo mio.
Illustrazione di The Animismus.
Al netto della chiacchierata con Felix credo sia lampante che questo è probabilmente il miglior esempio di quanto conti la percezione e la condizione individuale in qualunque situazione. Forse è vero che nulla viene per nuocere e basta, di sicuro ogni cosa viene per farci evolvere che a volte vuol dire restare fermi e altre ancora vuol dire avvicinarci solo a ciò che davvero siamo.