Ristoratori: ma nelle guide ci volete stare oppure no?
Guide gastronomiche che non piacciono ai ristoratori che non vi rientrano
How boring! – Ristoratori: ma voi nelle guide, ci volete stare oppure no?
Giunta alla… XXX puntata dell’Inclemente, a questo punto, una premessa giunge doverosa, perché sembra che non sia di facile comprensione L’inclemente.
Qualunque cosa scriverò, a qualcuno non piacerà. E su questo, siamo tutti serenamente d’accordo, innanzitutto la sottoscritta. Non pretendo l’approvazione plenaria, altrimenti non mi sarei chiamata Inclemente.
Detto ciò, andiamo tutti serenamente in pace verso le discussioni che – mi auguro – civilmente ci saranno.
L’hot topic settimanale è questo: uè, ristoratori! Fate pace col cervello? Perché come si dice al Sud, non si sa se a vulit cott’ o a vulit crura, con ‘ste guide gastronomiche: se vi comparite, siete felicissimi ed in pompa magna ci rendete partecipi di questo (bellissimo) risultato; qualora, per un disgraziato evento, non doveste essere presenti, vi lasciate andare a post che definire maleducati è essere gentili.
Beh, di certo, non vi sto parlando di una questione nuova: Antonio Lucifero, ormai ben più di anno fa, affrontò la questione degli chef che restituivano le stelle Michelin ottenuti dai ristoranti di loro proprietà. In Italia, ne abbiamo uno famoso: Gualtiero Marchesi. Ma non è certo l’unico del globo: scorrendo l’articolo di Lucifero, troviamo nomi più o meno importanti della gastronomia.
Come mai vi sto parlando di ciò? Beh, in Italia è periodo di uscita di diverse Guide Gastronomiche, laddove intendiamo quelle che – solitamente – vengono presentate in pompa magna, con red carpet, eventi fisici e quant’altro; sebbene siano digitali, la pandemia da COVID-19 non le ha frenate, forse leggermente rallentate. Reputo sia un bene che siano uscite: significa che un certo circuito economico continua, giocoforza, a girare. E questo non può farci che piacere.
Puntualmente, si assiste allo sciacallaggio: mi duole dirlo, ma spesso parte dai ristoratori. Chi non si ritrova in X guida inizia a muovere accuse contro la stessa che ha redatto il malaffare, contro il giornalista, critico, recensore, (che brutta parola, l’abbiamo capito ormai, non vi piace), muovendo accuse che vanno dal nepotismo alla marketta varia.
Orde di like si riversano sotto questi posti, che avvengono a cadenza posso dire semestrale: si va dagli encomi classici all’esaltazione del Sansone di turno, che si immola per i suoi connazionali. Risultati? Meno che zero.
Cosa accade poi, tipo 12-18 mesi dopo? Queste accuse “cadono” nel vuoto: una volta accanitasi contro la persona in particolare, la Guida ed aver “favoleggiato” di un certo sistema (esiste un sistema? Potete raccontarlo, se volete), il ristoratore la smette e ritorna a fare il suo lavoro.
E magari l’anno dopo, nella Guida Tal dei Tali, il ristoratore che ha provato ad essere luciferino ci finisce davvero e allora la musica cambia. La Guida aggredita l’anno prima diventa “magicamente” la Bibbia della gastronomia mondiale cui fare riferimento, le nuove 95 tesi di Martin Lutero cui aderire per rivoluzionare la gastronomia italiana.
Cosa significa ciò? Banalmente, raccogliendo un po’ di riflessioni, pare che il ristoratore non voglia essere “oggetto” di giudizio (che sia esso positivo, negativo o neutro) quanto più “cliente” del giudizio. Purtroppo, non è così: e voglio immaginare che nel mondo del food – che alla fine è grande come il centro abitato di Conza della Campania, così piccolo che a confronto Pontecagnano sembra una metropoli – ci siano gli stessi speculari meccanismi che accadono in qualunque mondo dove ci sia una proposta di qualche tipo ed una critica di contrattacco. Un paio di esempi: l’editoria ed il cinema. Il Premio Strega, il Premio Bancarella; i dizionari di cinema, dove si stroncano annualmente film su film che talvolta noi adoriamo: un tomo tra i tanti, il Dizionario di cinema Mereghetti. Non conosco a fondo l’ambiente, ma mi sa che anche loro facciano casino… non so se ne fanno quanto ne facciamo noi, però.
Probabilmente il ristoratore ferito è a conoscenza di meccanismi che sono oscuri a chi non è nella Guida; in tal caso, farebbe bene a presentare protesta formale, anziché piantare inutili casini social.
O ancora, l’ipotesi più pulita ma che a me fa ridere moltissimo, come abbiamo detto poc’anzi il ristoratore non ci sta ad essere giudicato: vorrebbe essere il cliente di suddette Guide. E qui cambia tutto.
Sarebbe carino discutere sotto questo articolo sul perché i ristoratori, in alcuni casi, siano così schizofrenici: ci volete stare o non ci volete stare in Guida? Se avete qualcosa da “denunciare”, perché non lo fate?
Io una mia risposta ce l’ho, ovviamente non è valida per tutto e tutti e nemmeno universalmente vera: non si parla di eventuali magagne oppure non si protesta in maniera costruttiva e formale perché avete paura di essere tagliati fuori, al prossimo giro.
Cuochi, pizzaioli, pasticcieri: vi si ama, e sarò al vostro tavolo a mangiare le vostre prelibatezze – qualora meritino – appena ce lo consentiranno. Che siate in tutte le guide del mondo, oppure no.
Nel frattempo, questa è una occasione per far sentire la vostra. Forza!
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