Chef che decidono di mollare... le vecchie (cattive) abitudini! T.D.S.O.R. feat Marco Ambrosino
Il lato oscuro della ristorazione, con Marco Ambrosino: psicologia e visione degli chef del lavoro
THE DARK SIDE OF RESTAURANTS
Le criticità legate al lavoro e nello specifico al modo della ristorazione.
In una serie di interventi, che abbiamo deciso di chiamare “tracce” come in un disco, cercheremo di analizzare temi che spesso vengono messi in secondo piano. Queste dinamiche meriterebbero la giusta attenzione per provare a migliorare un lavoro che di per sé ha, intrinseche, delle criticità che difficilmente potranno essere eliminate se non attraverso dei tavoli di discussione e una maggiore attenzione al fattore umano che manda avanti questo settore.
Dalla cucina alla sala, dalla proprietà ai clienti ecc, cercheremo di analizzare le criticità, in che modo influenzino il lavoro e quali strategie utilizzare perché si possa migliorare la vita di chi opera nel settore ristorativo.
Nello specifico, con questa rubrica andremo ad analizzare come il mondo della ristorazione sia un mondo molto stressante e cercheremo di analizzare e descrivere le strategie da mettere in atto per migliorare lo stile di vita degli addetti al settore, nonostante le criticità intrinseche in questo lavoro (orari, rinunce, rapporti interpersonali, spazi di lavoro ecc).
Chef che hanno deciso di mollare…le vecchie abitudini
Track 5 - FEAR OF THE DARK
Paura del buio, paura del buio
Ho una paura costante che qualcosa sia sempre vicino
Paura del buio, paura del buio
Ho la fobia che qualcuno sia sempre lì
(Iron Maiden)
Nel secondo “featuring” della serie di articoli che vedrà protagonisti diversi chef abbiamo intervistato un nostro amico Marco Ambrosino, classe 1984 e chef del ristorante 28 posti di Milano.
Nativo di Procida, città che è stata eletta Capitale Italiana della Cultura 2022, ha iniziato da giovanissimo a vivere la cucina nei ristoranti della sua isola. Poi ha capito che la cucina oltre che un divertimento poteva essere un lavoro, una fonte di studio, sperimentazione e formazione. Lavora al Melograno di Ischia e comprende cosa c’è dietro un ristorante.
Nel 2011 parte per il Noma di Copenaghen e qui inizia a formarsi il vero spirito di Marco che unisce l’anima profondamente mediterranea all’approccio nordico, dove la valorizzazione di ogni singolo ingrediente è fondamentale data la poca disponibilità di materia prima presente sul territorio. Sul progetto Noma vi consigliamo un bellissimo articolo di Antonio Lucifero in cui racconta "come ha fatto il Noma a cambiare per sempre la gastronomia mondiale".
Nel 2019 ha fondato l'Associazione Collettivo Mediterraneo che si propone di raccontare e promuovere la multiculturalità, la biodiversità e le esperienze delle tradizioni gastronomiche del bacino mediterraneo. Un impegno che tocca corde importanti del settore, come la sostenibilità di cui Marco ha raccontato in una intervista a Mirco Scognamiglio.
Insomma Marco Ambrosino ha un curriculum di tutto rispetto, è pluripremiato, collabora con molte scuole di cucina e la sua cucina è fonte di ispirazione per tutti quelli che si approcciano a questo mestiere.
Ma non vogliamo togliervi altro tempo e vi lasciamo all’intervista.
Domanda iniziale che facciamo a tutti, è ancora in uso dare del Lei ad uno chef o è stata sdoganata questa pratica? Noi vorremmo darle del Tu, se possiamo, perché vorremmo immaginare una chiacchierata informale.
Non ho mai preteso il “lei”, figuriamoci in questa occasione. Spesso questo modo di porsi è utile soprattutto a chi lo usa per sentirsi a proprio agio e, allora, ben venga, ma non ritengo sia fondamentale per un ipotetico riconoscimento di leadership.
Nelle esperienze lavorative che hai vissuto come venivi trattato dagli chef che ti hanno formato?
Io sono stato fortunato, ho sempre avuto responsabili che mi hanno trattato bene. I momenti di tensione in un lavoro incentrato su tempi intensi di stress e tempi lunghi di lavoro è normale che ci siano, ma bisogna stare attenti a non confondere la concentrazione e l’attenzione al risultato con il sopruso che, sia chiaro, so bene essere presente nel nostro settore. Ho avuto un’unica esperienza in cui ho subito trattamenti poco piacevoli e mi è servito per capire come non sarei voluto essere.
Quanto hanno influito gli atteggiamenti (sia positivi sia negativi) degli chef che ti hanno formato sui tuoi atteggiamenti attuali?
Hanno influito in maniera determinante. Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi professionisti, grandi persone e anche con persone che ho stimato meno ma anche in quei casi ho cercato di trarre insegnamenti. Capire come voler essere e come non voler essere hanno rappresentato quasi in egual modo un valore aggiunto per la mia formazione.
Quando commettevi un errore come venivi ripreso?
L’errore era una cosa che veniva compresa, spiegata e soprattutto condivisa. Ovviamente questo nel caso di “errore” e quindi possibile e accidentale. Diverso era il caso di mancanza di attenzione o trascuratezza, cosa da evitare in qualsiasi professione.
E tu come ti poni verso i membri del tuo staff quando commettono degli errori?
Nel nostro mestiere l’errore è difficile da perdonare. Un ospite che casomai prende un giorno libero a lavoro, una babysitter per i figli e spende soldi nei nostri ristoranti deve essere certo che tutto funzioni. Io cerco di focalizzare l’attenzione su questo. Riprendere qualcuno per un errore è utile soprattutto a chi commette quell’errore ma bisogna sempre circoscrivere le situazioni. Si fa notare cosa non va e si va avanti. Tirarla per le lunghe non fa bene a nessuno.
Qual è il tuo atteggiamento con i tuoi sottoposti?
Innanzitutto non considerarli sottoposti. Rendere partecipi i propri collaboratori sia del processo creativo sia degli obbiettivi più commerciali e di funzionamento del ristorante credo sia fondamentale per l’ottenimento di risultati positivi. Avere delle persone al tuo fianco che fanno il loro lavoro bene perché sono orgogliosi di farlo e non perché ti temono rende il risultato migliore per i clienti e crea un clima di complicità per me imprescindibile in un lavoro che ci vede fianco a fianco per così tanto tempo ogni giorno. Resta inteso che i ruoli sono fondamentali: io devo fidarmi di loro e loro devono sentirsi garantiti da me.
Il tuo approccio come leader, sia con il personale di cucina sia con quello di sala, come si è modificato nel tempo?
Essendo cresciuto facendo questo mestiere, il mio approccio si è formato negli anni. Cerco sempre di analizzare i miei comportamenti. Il leader deve innanzitutto esserlo. Studiare per avere sempre risposte ma anche ammettere un proprio errore sono cose secondo me fondamentali. Lo chef non deve essere un supereroe ma quello che ha sbagliato per primo, ha imparato e poi trasferisce le sue conoscenze.
Secondo te, cosa dovrebbero sapere le persone “comuni” sul mondo della ristorazione che ignorano?
Dovremmo concentrarci nel rendere la vera immagine del nostro lavoro al mondo esterno. Siamo degli artigiani e sta a noi dare dignità a questa parola. Far percepire quanto di noi mettiamo nei nostri piatti. Poi ci sono le mille cose che riguardano i tecnicismi della ristorazione: costi, formazione, personale, spese folli per fare cose apparentemente ordinarie. Ma ripeto, dobbiamo essere noi come categoria a raccontarci in maniera nuova.
Per chiudere ed aprire magari nuovi spunti di riflessione, di quale argomento dovrebbero parlare gli addetti al settore che si tende a non approfondire?
Come dicevo sopra, dobbiamo puntare i riflettori su tutto quello che c’è dietro le nostre attività, cercare di raccontare quello che teniamo in ombra. Quanto e come è possibile rendere “sostenibile” un lavoro come il nostro. Sostenibilità economica, sostenibilità umana, lavorativa. Una volta approfonditi questi temi si potrà parlare del resto in maniera sincera. Il nostro lavoro, come tutti, è incentrato sul risultato. Dovremmo riuscire ad allargare il risultato a qualcosa di più ampio del solo piatto che portiamo in tavola. Vorrei riuscire un giorno a creare non solo il miglior ristorante ma, anche, il miglior luogo di lavoro.
Grazie mille Marco, sempre gentile ed illuminante.
Marco Ambrosino è stato il protagonista della seconda intervista su un argomento a noi molto caro che però spesso trova ancora molte resistenze nel parlarne da parte degli operatori del settore. Si ha ancora timore di affrontare argomenti che risultano scomodi perché mostrano lacune a livello legislativo, organizzativo e etico, ma bisogna tenere viva l’attenzione su queste tematiche per sviluppare maggiore consapevolezza su questo lavoro e creare maggior rispetto nei confronti di chi lo svolge per poter creare un domani, come ha detto Marco, il miglior luogo di lavoro.
Fateci sapere cosa ne pensate, a presto con una nuova Track che vedrà protagonista un altro chef…siete curiosi? Allora seguiteci e lo scoprirete.
Next Track – FEAR OF THE DARK feat ...?
Nel frattempo se volete passare un po' di tempo accompagnati da un po' di musica vi lasciamo il link della Compilation creata per questa rubrica. Siete curiosi di sapere quali saranno i prossimi temi…cercate di scoprirlo attraverso i brani.
La Playlist - The Dark Side of Restaurants
Articoli correlati:
- Track 1: Under Pressure
- Track 2: Harder, Better, Faster, Stronger
- Track 3: Can t Stop
- Track 4: Paranoid
- Track 5: Fear of the dark feat Matteo Metullio
Extra:
- Sostenibilità, Marco Ambrosino: "Come si può essere sostenibili se il tuo cliente tipo dovrà prendere almeno un paio di aerei per raggiungerti?"
- Recensione 28 Posti, di Fiorello Bianchi
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